Penso che se fossi nata in epoca di inquisizione sarei finita male. Passi per i miei capelli rossi, che sono rossi più per ferma volontà che per natura, passino le unghie lunghe… ma non so se, anche senza queste cose, sarei riuscita a passare inosservata e a non finire per sembrare, o essere, una strega.
In fondo, cosa mai è una strega? Cosa sono state le streghe nella storia? Donne diverse, libere, con abitudini fuori dalla norma, sensibili, attratte dalla natura e non spaventate dal loro corpo.
A volte penso che le invidie che si sviluppano tra le donne, l’incapacità di solidarietà femminile che si vede in giro, sia il frutto solo del millenario convincimento che la femminilità debba essere dosata, incanalata, frenata e non condivisa. È come se da generazioni si cerchi di convincere le donne che la loro femminilità sia un dono da fare al proprio uomo o al massimo agli uomini, ma non debba essere usata nei rapporti tra donne, o nel proprio essere in solitudine, come se mettere insieme eccessi di sensibilità, sensitività, lunaticità, fantasia, colore, possa nuocere gravemente non si sa bene chi, e quindi a tutti. E così succede che gli uomini possono mettere la loro virilità in ogni tipo di rapporto, facendo nascere delle meraviglie di amicizie maschili, fatte di cameratismo, schiettezza e ruvidezza, mentre le donne rischiano di catalizzare molte invidie se non stanno bene attente a non spiattellare la loro femminilità, semplice e naturale, di fronte ad altre donne. Non voglio metterla sull’antropologia o sulla cultura maschilista, semplicemente rifletto sul fatto che gli uomini solidali tra loro e uniti fanno una squadra, le donne invece, nelle stesse condizioni, fanno un sabba, e questo crea degli scompensi alle frotte di ben pensanti che popolano la nostra allegra società.
E grazie al cielo, le mie amicizie vere, quelle durature, solide e invincibili, sono tutte il frutto di splendidi "sabba". Questo blog nasce da un "sabba", durante un "sabba" si sono trasformate amicizie in rapporti di sorellanza e rapporti di sorellanza di sangue in sorellanza dell’anima, l’unica davvero inscindibile. Chiamo gli incontri tra donne sabba perché davvero sono momenti di intensa magia, vivono di rituali, evocano gli spiriti. Chi vede un sabba dal di fuori si spaventa nel sentire il fluire di carognaggini, invenzioni, battutacce, risate improvvise, sparate iperboliche che un gruppo di donne riesce a tirarsi fuori senza il minimo sforzo, intorno a una pozione magica con la quale si consumi il rito, sia questo un giro di shopping, una colazione, un aperitivo, un bicchiere di vino o un gelato notturno nel salotto. E il diavolo in tutto questo non c’entra nulla, non perché siamo buone o cattive, ma perché questa invenzione di metterci un maschio di mezzo, è davvero una scemenza. Alle streghe gli uomini stanno simpatici, spesso li amano, spesso li desiderano, ma nel loro sabba, nel momento della loro felice sorellanza non c’è diavolaccio superdotato che tenga! Le donne che non capiscono questo non avranno mai sorelle vere e vivranno nel timore che ogni sabba sia in piedi solo per minacciare loro e i loro compagni, gli uomini che non lo capiscono… vabbè, son cause perse, non preoccupiamocene troppo!
Temo proprio che anche con i capelli neri, le unghie corte, i vestiti scuri e accollati sarei finita per sembrare una strega. Con i miei abiti sgargianti o sotto un saio la mia femminilità sarebbe rimasta inalterata, avrebbe preoccupato qualcuno e sarebbe apparsa agli altri quello che è, semplice naturalezza. Sarei stata una strega perché non avrei saputo rinunciare a camminare scalza nei boschi con altre donne per il solo gusto di sentire l’erba sotto i piedi, parlare, raccontare per una notte intera tutta una vita a una persona che ti capisce perché ti è intimamente simile. E nelle notti tristi e difficili avrei scacciato la malinconia ballando e cantando con altre sorelle, vi assicuro, senza il diavolo. E avrei creduto, come credo, alla magia, non quella bianca o nera, ma quella rossa, delle risate improvvise e dei sorrisi conquistati.
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