E' quando finiscono il paese con
i suoi lampioni, e poi anche le luci delle case dell'ultimo medau. E' allora
che anche le macchine smettono di passare perchè tutti sono a casa o dentro i
bar. Allora l'unica traccia per stare sull'asfalto è quella della striscia bianca
di fine carreggiata, un po’ cancellata, ma meglio di niente. Allora l'unico
collegamento visivo con la natura che ti avvolge sono le stelle, ma ci sono gli
altri sensi a darti l'esatta cognizione del mondo. A valle il rio Mannu scorre
con un suono vivace d'acqua fresca che scivola sulle pietre, il gracidare delle
rane si fonde al canto ritmico delle cicale, anche i miei piedi battono a terra
con lo stesso tempo, leggeri e veloci; a monte l'abbaiare dei cani e un belato
ancora più in lontananza, su un albero il respiro quasi umano di una civetta.
Il profumo di erba umida ha preso il posto di quello dei camini accesi e delle
cene, fatte all'antica, come tutto del resto, in questo angolo di mondo fuori
dal tempo. Lascio andare gli altri, non voglio sentire altri passi, altre voci.
Corro, né forte né piano, corro.
E la mia corsa è come un ballo a tre passi, la musica è suonata dalla natura,
la ritmica dal mio cuore. Tre passi per inspirare, per fare il pieno di odori e
di vento, tre passi per espirare, per buttare fuori quello che non mi serve
più. Corro, più forte in salita, via da tutto, da ogni passione, da ogni
felicità, da ogni dolore; incontro a tutto, ad ogni passione, ad ogni felicità,
ad ogni dolore. Via da me stessa e dagli altri, per poter di nuovo incontrare
me stessa e gli altri, alla ricerca del vuoto, del nulla, per comprendere il
tutto. Corro, non importa la fatica, non è il tempo di sentirla, è il tempo di
andare. Corro, non importa se il vento mi viene contro, ora è un amico che mi
rinfresca il viso. Corro, il sudore mi bagna, rossa di fatica, rossa di calore,
rossa di forza, rossa di femminilità, rossa di libertà. Corro, il corpo
finalmente domina la mente, azzera i pensieri, vive di soli sensi, vive del
desiderio di cose piccole come il pane, grandi come l'acqua. Corro, torno verso
il paese, verso casa, si spezza l'incanto del vedere le cose senza l'aiuto
degli occhi, ma ora c'è abbastanza vuoto da tollerare il pieno. Tutti gli altri
muscoli sono così duri che il cuore sembra tenero come quando non aveva graffi,
la sete è così intensa che bere è una felicità vera. Ora la solitudine è così
percepibile che si può ridere in compagnia, la fame è così bella che si può
mangiare sedute per terra accanto al fuoco, la stanchezza è così sana che si
potrà dormire.
Ma chi te lo ha scritto? Ricorda qualcuno di innominabile con il suo scrittore di riferimento.
RispondiEliminaOvviamente l'ho scritto io, come tutto quello che pubblichiamo è scritto da chi lo firma. E come testimonia la fedele descrizione del mio quotidiano itinerario di corsa nel cuore del basso Sulcis. Però non ho capito il riferimento a qualcuno di innominabile... starò perdendo colpi!
RispondiElimina