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Le Storie del bosco dalla tana del Ghiro

Rubrica dell'Almanacco a cura di Violet

“C’era una volta, tanto tempo fa o forse ieri…”
- Ma no, non sono queste le storie che piacciono a noi! – disse serio il Tasso. - Alle merende nella tana del Ghiro, raccontiamo le storie dei nostri amici del bosco -.
Il Tasso era stato ammesso da poco alle merende. Si diceva che rubasse le tane altrui per il letargo invernale e il Ghiro aveva paura per la sua, ma, da quando le riunioni erano diventate molto partecipate, gli sembrava brutto escludere qualcuno. E poi fuori c’era tanto freddo e lui aveva accumulato tante buonissime provviste… Così aveva deciso di essere un bravo cucciolo generoso e, per fare una buona azione, aveva invitato anche lui.
Ora sentendolo parlare, pensava: “Magari non occuperà abusivamente le altrui tane, però un pochino invadente lo è. Vedrai che vuole decidere sulle nostre storie”. Tuttavia, per dovere di ospitalità, tenne quelle considerazioni per sé e, presa la parola, iniziò a raccontare. 

Il riccio Pauleddu
Nel bosco ci sono tante bestiole simpatiche, ma uno è un vero amico: Pauleddu. È un piccolo riccio. Io non sapevo si trattasse di un animale: volevo aprirlo e prendere le castagne, che mi piacciono tanto, e stavo armeggiando con attenzione per non pungermi. Allora il Gufo, il più anziano del nostro albero, mi ha detto: “Non è un riccio delle castagne. È un piccolo porcospino!”. Chiamato in causa, lui si è aperto: moriva dalle risate e mi prendeva in giro. Era anche un po’ indispettito dal termine usato dal Gufo. Infatti non gli piace essere chiamato così. Sostiene che lui non ha nulla a che fare con i “porci”, di nessun genere; neanche quelli con le spine! Quindi al massimo possiamo chiamarlo “suinospino”, ecco!
Ci siamo presentati e abbiamo chiacchierato a lungo. Abbiamo trovato un torsolo di mela e l’abbiamo sgranocchiato insieme. Buonissimo. E, così, siamo diventati amici. È davvero simpatico, ha il musetto lungo e appuntito come il mio. È curioso. Gli piace l’avventura. È coraggiosissimo! Gli piace camminare, esplorare, persino viaggiare. Fa un sacco di chilometri, non si perde mai, ha visto tanti posti diversi e fatto tanti viaggi. Quando torna, poi, mi racconta tutto!
Nonostante siamo bestiole di campagna ci affascinano le città, grandi e piccole, purché vive e ricche di bellezze artistiche. A Pauleddu piace tanto Roma. Sa prendere il taxi per andare all’aeroporto. Anzi, prima ancora, sa prenotare il volo su internet. Dicevo: prende il taxi, poi l’aereo e arriva a Fiumicino. Lì corre veloce sul rullo dell’aerostazione fino alla stazione del treno, prende il regionale per Roma, dove viaggia gente più simpatica del Leonardo, e che costa meno. Quando arriva a Ostiense scende, prende la metropolitana e va in giro per la città. A volte va in centro: piazza di Spagna, le vie dello shopping, un giretto vicino al Parlamento. Altre volte gli piace andare a vedere le vestigia degli antichi romani, i fori imperiali e la zona del Colosseo. Gli piacciono tanto anche le statue e i dipinti delle chiese, il Mosè a san Pietro in Vincoli, la Pietà a san Pietro, la trilogia di san Matteo di Caravaggio a san Luigi dei francesi. Quando le guarda, i suoi occhietti vispi diventano ancora più vivaci e luminosi e sprizzano felicità e beatitudine. Gli piacciono le opere d’arte esposte alla Galleria Borghese, ma lì va tanto volentieri anche per il parco. Ora che sapete delle sue mitiche scorribande vi posso raccontare cosa gli capitò un giorno al parco di villa Borghese. Sentite.
Quella volta il nostro amico si trovò a Roma solo soletto. Era da tanto che non faceva un viaggio e ne aveva un gran desiderio. E aveva voglia di “cose belle”. Cosa c’è di più bello dell’arte? Si presentò quindi all’ingresso della Galleria Borghese. Visitò tutto il museo, pieno di meraviglie che lo lasciavano con il musetto all’aria, gli occhietti ancora più brillanti e la boccuccia spalancata dallo stupore. Si fermò a lungo davanti alla sua opera preferita: Paolina Borghese come “Venere Vincitrice”. Non sapeva se l’attirava di più la bellezza della donna, il fatto che una tale bellezza portasse il suo nome (tutti perfetti i Paolini, anche in versione sarda!) o la mela che aveva in mano: sembrava buonissima! Alla fine della visita vide che c’era un bellissimo sole di inizio autunno e optò per un giretto nel parco. C’era vento e spogliava gli alberi. Passeggiava felice pensando “Oh, è autunno. Cadono le foglie!” e decise che avevano dei colori così belli e particolari che valeva la pena raccoglierne un po’. Si appallottolò e… via! giù per una collinetta ad infilzare quelle meraviglie. Ma una folata più forte delle altre gli fece perdere il controllo della rotolata e finì sul sentiero proprio mentre passava una pattuglia di poliziotti a cavallo. Com’erano maestosi i loro destrieri! I poliziotti, vedendo un riccio così piccolo tutto solo, pensarono che si fosse perso e decisero di recuperarlo e rifocillarlo, per poi affidarlo alla protezione animali. Così lo caricarono sul loro bellissimo cavallo bianco. A Pauleddu non sembrava vero: sarebbe stato il primo animaletto del bosco ad essere andato a cavallo. Chissà che invidia i suoi amici quando avrebbero sentito il suo racconto! Si sistemò sul capo dell’insolito mezzo di locomozione e si godette la passeggiata al piccolo trotto, senza dimenticare, di tanto in tanto, di ricordare all’animale dove girare. Arrivato al distretto si riempì ben bene il pancino con le prelibatezze che gli misero a disposizione. Poi, appena i poliziotti si distrassero un attimo, filò fuori, prese al volo la prima metropolitana che trovò, ripercosse a ritroso tutto l’itinerario di treno, aereo e taxi che vi ho raccontato all’inizio della storia e tornò sano e salvo al suo bosco.
- Oh! – Esclamarono in coro tutti gli animaletti che avevano sentito la storia di questa meravigliosa avventura. Proprio in quel momento entrò nella tana del Ghiro il nostro Pauleddu. Era in ritardo perché si era attardato a recuperare un po’ di frutti autunnali da portare agli amici per la merenda, ma a chi lo conosceva bene poteva sembrare che l’avesse fatto apposta per fare un ingresso davvero trionfale. Infatti, nell’entusiasmo generale suscitato dalla storia appena udita, come lo videro arrivare, tutti gridarono: “Bravo!” e scoppiò un fragoroso applauso. “Sssgg, grazie!”, e dopo essersi cimentato in un bell’inchino, il piccolo riccio si unì a tutta la compagnia.   

Il riccio
Regno: Animale
Classe: Mammiferi
Ordine: Insettivori
Famiglia: Erinaceidi
Genere: Erinaceus
Specie: Europaeus

Il riccio adulto può essere lungo fino a 30 cm e alto, al garrese, fino a 15 cm. Arriva a pesare circa 1 kg. La sua vita media è di 5 anni, ma può arrivare a 10. Le superfici dorsali e laterali, a parte la zona facciale ed i piedini, sono coperte densamente di spine che misurano intorno ai 20 millimetri di lunghezza (circa 5.000). Non è consentito trattenere in cattività il riccio europeo, ma lo si può soccorrere se si trova un esemplare in pericolo. Benché appartenga all’ordine degli insettivori, il riccio è onnivoro. Mangia millepiedi, coleotteri, scarabei, lumache, piccoli rettili, piccoli uccelli, uova, ghiande, bacche e frutta. I piccoli, fino a nove, con gli aculei molli avvolti da una membrana, nascono da maggio ad ottobre. Il primo mantello di spine è molle e bianco seguito, 36 ore più tardi, da un altro di spine più scure e poi da un terzo. Dopo 11 giorni i giovani ricci sono in grado di arricciarsi in una sfera difensiva; a 14 giorni aprono gli occhi; all’età di un mese sono in tutto e per tutto la versione in miniatura dei loro genitori.

Arrivederci alla prossima storia.

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