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Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: 10 dicembre 1948-10 dicembre 2011.

by Violet

Non vorrei sembrarvi troppo ottimista o ingenua, ma sono grata di essere nata in un’epoca di diritti. Diritti non ancora o non del tutto attuati, da tante parti dimenticati, sottaciuti o, addirittura, misconosciuti, ma sanciti per Legge, ed universalmente. Vedete, mia madre e mio padre, sono nati prima del 1948; i miei nonni, credo, non avrebbero nemmeno immaginato di potersi dire uguali ai marchesi del paese o ai padroni che li salariavano; le mie nonne a vent’anni non immaginavano che nella vita avrebbero anche loro potuto esercitare il diritto di voto. Per me, tutto ciò è “normale”, naturale, ma non scontato. E lo è perché è stato sancito da una Dichiarazione Universale, perché il mio Paese, uscendo dalla guerra e affacciandosi finalmente alla Democrazia ha recepito immediatamente nella propria Costituzione questi principi (n.d.r.: allora solo in discussione: la Costituzione Italiana porta la data 27 dicembre 1947), perché sono andata a scuola e lì ho appreso la storia e l’elaborazione del pensiero che hanno portato l’umanità a questo storico passo.
Come donna, cittadina di un’Italia che troppo spesso fatica ad essere un Paese normale, so benissimo che c’è una differenza enorme tra “scrivere” una norma e applicarla; eppure (vi ripeto sarà ottimismo, sarà ingenuità; a me piace pensare di avere la testa alta e lo sguardo capace di scrutare l’orizzonte, senza dimenticare che esso esiste anche quando è immerso nella nebbia) penso che quel 10 dicembre 1948 sia stato compiuto dall’umanità un passo imprescindibile: da quel giorno, quando i miei diritti sono calpestati, so che sono nel giusto a chiedere che sia chiamata giustizia, e non più privilegio, il loro rispetto. E così non solo per me, ma per ogni donna e uomo sulla faccia della terra, oggi e in futuro!

Sono tutti importanti i trenta articoli di questa Dichiarazione; ne ho scelto uno perché in tempi di “tagli”, di difficoltà a trovare un posto di lavoro, ancor meno uno adeguato al proprio curriculum, di preoccupazioni economiche e materiali, rischia di passare in secondo piano, forse più di altri.
Articolo 26. Ogni individuo ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita (…). L’istruzione elementare deve essere obbligatoria. (…) l’istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.
L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana e al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni unite per il mantenimento della pace.
I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.
Il primo capoverso di questo articolo è molto noto. Non sono convinta che tutti pensino sia giusto. E, purtroppo, sono sicura che quando si pensa alla scuola, persino nei Paesi occidentali e sviluppati, non si pretenda che sia “egualmente accessibile a tutti” in ogni ordine e grado. Eppure senza questa attenzione, l’uguaglianza di tutti gli esseri umani di fronte al diritto all’istruzione rimane per ora una speranza e un obiettivo da raggiungere. E questa disuguaglianza non è solo questione di censo, ma ancora di ceto sociale, di sesso, di malattia, di disabilità o diversa abilità. E parlo con la stessa indignazione di ciò che accade in Italia con i tagli alla scuola, di come sia difficile l’accesso all’istruzione nei Paesi del terzo e quarto mondo, o di come sia ingiusto che, ad esempio negli Stati Uniti, ci si debba indebitare per potersi permettere il College o l’Università. E se pensate che me la prenda solo con i legislatori o i vari governi, vi sbagliate di grosso, perché mi indigna ancora di più l’insensibilità o la cattiva fede dei singoli cittadini che non difendono con ogni mezzo il diritto di un’istruzione egualmente accessibile a tutti. Così mi arrabbio a leggere di un dirigente scolastico che vieta l’ingresso in aula al cane guida di una ragazza non vedente, adducendo che lo spazio-aula non sia sufficiente. E sono ancora arrabbiata da un anno e mezzo per aver dovuto chiudere l’attività di uno “sportello didattico”, completamente gratuito per gli utenti e a costo zero per la struttura che l’ospitava, che ha salvato dalla bocciatura diversi ragazzi della mia cittadina, solo perché ho iniziato ad essere ingombrante e sgradita al mio parroco!
In realtà, volevo parlarvi di quanto, secondo me, sia importante e di ampio respiro il secondo capoverso di questo articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Lo riscrivo: L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana e al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Qui siamo veramente indietro, lontani anni luce dall’obiettivo! In un’altra galassia, se pensiamo alle parole di Berlusconi che parlava di “indottrinamento”, disquisendo di scuola pubblica e privata. Ma su un altro pianeta, anche solo a prendere in considerazione il sentire comune e l’opinione pubblica. Per la gente, l’istruzione deve aprire le porte dell’impresa, del mondo del lavoro; siamo fortunati quando si sente dire che l’istruzione prepara alla vita. Vi dispiace se vi dico che mi piacciono di più le parole e le idee della dichiarazione? Sarò stata una persona fortunata, ma è vero che la scuola ha sviluppato la mia personalità: senza i miei studi, senza le mie conoscenze, non sarei neanche lontanamente la persona che sono! E vi assicuro che se nessuno mi avesse parlato dei miei diritti e aperto gli orizzonti su quanto sia grande la libertà, non avrei imparato a difenderla ogni giorno e ad accettare di pagare prezzi tanto alti sia per la mia che per quella degli altri. Lo sogno un mondo in cui la cultura, l’istruzione, che fa crescere culturalmente i singoli e la società, portino a promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia e la pace; tuttavia sono consapevole che non saranno i governi a farlo, ma il cambiamento della mentalità dei singoli, a partire da me stessa, e l’impegno concreto e quotidiano a promuovere e difendere i diritti di tutti.

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