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Words by Violet


Qualche giorno fa, il primo di agosto, è stato un anno esatto dal mio ingresso nella Rassegna Stronza. Come avevo poi ammesso nell’intervista doppia che feci con Black, mi piaceva dare una mano a Red in una “cosa” che sembrava interessarle molto, sostenerla non solo a parole, ma nei fatti… e se avessi accalappiato anche un solo lettore in più, perché non provarci?
Ma le creature che si generano con amore, con piacere, con coraggio e pure con un pizzico di pazzia, una volta nate vivono di vita propria e ti fanno innamorare di loro, della loro forma, che tu non potevi conoscere e prevedere, della loro intelligenza, della loro capacità, delle mille sfaccettature della loro natura, della loro libertà.
Così è successo a me nei confronti della Rassegna: mi sono, se non proprio innamorata, almeno invaghita di lei, della sua natura irriverente, delirante, giocosa ma sempre onesta; dello spazio e dell’opportunità che mi dà di dire la mia, di dirla su ciò che voglio e come voglio. Mi sono invaghita di quelle parole/idee multicolori che sono la sua essenza, la sua natura, la sua unica pretesa e la sua sola forza. Perché?
Perché, prima di tutto, sono innamorata della parola e delle parole e di quel modo unico che hanno di far prendere forma e colore e vita alle nostre fantasie, ai nostri pensieri e alle nostre idee. In realtà, in qualche maniera danno vita a noi stessi. Chi saremmo senza la possibilità di esprimerci?  Saremmo qualcosa senza una storia, senza la nostalgia del passato, la forza e l’incertezza del presente e l’urgenza del futuro? E, soprattutto, saremmo qualcuno senza la possibilità di raccontarci e senza che questa narrazione arrivi a sfiorare un altro e nel racconto, lo spazio di chi narra e di chi ascolta, egli ci riconosca vivi e ci dia dignità di esistenti? Credo di no!
La vita è ben poca cosa, senza le parole che ci scambiamo per trasformarla in racconto”. È una frase a me cara. La lessi anni fa sulla quarta di copertina di un libro di racconti, preso per curiosità in biblioteca. Il libro, allora, mi piacque. Ma non ricordo neanche uno dei racconti. Né gli autori. Mi è rimasta solo questa frase, come un dono.
L’ho usata altre volte, per spiegare l’importanza di raccontarsi nell’amicizia, per esempio, o nei rapporti umani in generale.
L’ho vissuta e la vivo. Perché da credente conosco bene la forza creatrice della Parola e mi sento creata e ricreata ogni giorno da chi dice con amore anche solo il mio nome, tanto più da chi racconta con dolcezza e discrezione la mia storia.
Oggi mi aiuta a spiegare il perché io sia ancora qui, a distanza di un anno. E perché abbia desiderio di “parlarne” anche a voi. Vedete, lo spazio di un blog è spazio di tante parole, una dietro l’altra. Utilizzando il conteggio della parole, tra gli “strumenti di word” del mio pc, scopro che questo post ne contiene, fino a qui, ben quattrocentonovantanove! Eppure esse sono molto di più che l’insieme delle battute sulla mia tastiera o l’insieme di segni che vedete e decifrate sui vostri schermi: sono come dei ponti che mi portano fino a voi. Di più, sono la possibilità che io per voi “sia”, esista. Perché ho qualcosa (in verità, spero, molto) da dire, uno spazio dove dirlo, e qualcuno a cui dirlo. Le idee prendono forma nei segni, i segni divengono parole, le parole sono quei bozzoli dove la vita viene trasformata in racconto e noi ne godiamo il battito d’ali, oltre che gioire per i loro magnifici colori!
Ora sapete perché mi trovate qui, fino a che questo cerchio, in qualche modo magico, non si spezzerà e la Rassegna sarà spazio di parola/racconto per voi, Red, Pink, Black, Paul Blau, per me e, speriamo, tanti altri, di passaggio o meno. Condivideremo idee, pensieri, desideri, aspirazioni, sogni. E la libertà del nostro narrarci ci porterà da voi e ritorno, senza muri e confini… chissà fino a dove e fino a quando.
Con gratitudine. Violet. 

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