Nove rose rosse
Belle le rose rosse. Il tessuto di cui sono fatti i petali mi conquista ogni volta. Sono fatte di un velluto vegetale. Mi perdo tra i petali come quando rincorro le immagini poco prima di dormire. Un pentagono, ma anche una stella se vista dallʼalto.
Mi sembra di dovere ricostruire un puzzle con le tessere prese alla rinfusa da scatole diverse. A volte mi piace perdermi. A volte invece mi risveglio spaventata. Come quando scivoli da una scala o cadi da una sedia scollata e ti svegli in apnea, tanto il cuore ti batte nella gola.
Le rose sbocciano e diventano una piccola vita. Compiono il senso del mondo, mostrarsi.
Le rose sono un piccolo labirinto senza uscita, una spirale in cui ti infili sempre più derntro. Ed è sempre più denso .
Ho comprato nove rose rosse. Come i nove anni che sono trascorsi dalla morte di mia madre .
Felice cammino verso il cimitero. Il mazzo in mano, rosso vermiglio, e lo sfondo della strada, grigio piovoso.
Cancello nero e punte innalzate verso lʼalto come a proteggere lʼentrata dei vivi o lʼuscita dei morti. In questo paese piace molto chiudersi nei propri perimetri, mettersi in salvo, proteggersi da incursioni nemiche.
Ma i morti da chi si devono mai proteggere?
Certe famiglie hanno tombe più belle delle case in cui sono vissute, e ci tengono moltissimo che il loro cognome sia bello in vista, forse per dimostrare ancora e ancora e ancora il loro potere economico.
Io ho già la mia tessera. Quando la morte mi chiamerà, verrò cremata e poi lasciata andare nellʼacqua, in quella del mare.
Ci penso sempre, mi piace credere che i quattro elementi del mondo si mischino continuamente a ricreare nuova materia. Che nulla si distrugge, penso sia proprio vero .
Lʼavevo capito un giorno quando mi distesi tutta di lungo tra i filari di una vigna in fioritura. Un moto circolare continuo che entrava ed usciva dal mio corpo e la terra, calda e materna, mi proteggeva.
Cammino nel viale incorniciato di rosmarino. Immagino il pollo nel forno aromatizzato con queste foglie e mi viene la nausea. Il potere dellʼimmaginazione, come si fa a metterlo in dubbio?
Mi fermano le foto seppia dei miei nonni. Fantastico il tempo che non esiste, ma passa. Io i miei nonni non li ho mai conosciuti vivi. Cerco tra le fotografie quella di mia madre, con la paura di incrociarla.
“Sono troppo rosse,sono troppo corte . I rami sono belli se tagliati lunghi… e poi, sono poche!” mia madre, in un secondo, avrebbe detto tutte queste cose,e le sentivo nitide e chiare, come se le frequenze radio del mondo dei vivi e del mondo dei morti fossero le stesse.
Una tristezza più bassa della morte mi pervade il cuore. Perchè non esercitarsi a smetterla di lamentarsi? Perchè non accettare i gusti degli altri, o se proprio non ci piacciono, buttarla sul ridere senza sentenziare? Non parlare sempre.
Ho solo voglia di tornare a casa. Ripercorro la strada senza coscienza,come in una vecchia vhs in cui si riavvolge la pellicola, con le scene che vanno al contrario, fotogramma per fotogramma.
Sono a casa mia, un bel vaso trasparente e un poʼ dʼacqua.
Le rose rosse sono un regalo per me,tanto dargliele o no sarebbe stato uguale.
Passano i giorni e le rose rosse rinsecchiscono, lascio che lʼacqua formi la viscida patina di verde sul pelo e poi penso che le lascierò laʼ, fingendo di essermi dimenticata di loro.
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