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Il crepuscolo degli dei by Red

Quasi tutti gli adolescenti vivono di musica. Tutti gli adolescenti fanno dei musicisti che riempiono la loro vita dei miti. Io più che avere dei miti mi innamoravo di loro, in senso lato ovviamente, ma li amavo con amore sincero. Mi innamoravo come mi innamoro delle persone, con un colpo di fulmine ritardato: come dice Cristiano Godano “un giorno o l’altro sai cosa ti faccio? Dal nulla sferico che da me t’aspetti io balzerò e in un oplà ti stregherò l’anima”. E così succedeva e mi succede ancora: dal nulla sferico viene all’improvviso fuori una parola, un’inflessione della voce, un atteggiamento, un vezzo… e basta, con quella inconfondibile stretta al cuore il mondo è per sempre cambiato, il fattaccio è avvenuto e nulla sarà più come prima. Il mondo avrà colori più splendidi, sorrisi più nitidi, cieli più tersi, perché da oggi abbiamo un amico in più, uno spasimante, un amante, fidanzato, ma anche un quadro, un luogo, un libro, una storia, una canzone, un artista. Cose fino a un minuto prima insignificanti diverranno all’improvviso sacre perché si saranno unite a noi mediante il vincolo dell’amore. Dite che è troppo? Che sono esagerata? Forse, ma a me nulla me ne importa, e quando l’amore bussa io apro entusiasta la porta e gli dico: “che bellino!”. 
Poi, per pensare al tradimento e all’abbandono ci sarà tempo.
Fu così che i miei dodici anni mi videro innamorata della “S” strana di Jovanotti e della faccia da sfigato che aveva nel video di serenata Rap, che bellino! Amai de Andrè, all’improvviso, sentendo “Monti di Mola”, dalla vecchia radiolina mono che mio padre mi regalò per il miei undici anni. Mi piaceva de Andrè, ma diventò “bellino” in quel momento, per quella voce profonda ed incredibile che aprendosi in “amuri mannu, di prima orta, l’apa si suggi tottu lu meli di custa murta” spalancava ai miei occhi l’immagine di mille primavere e di mille primi amori. Ligabue diventò bellino con “Libera nos a malo”, che mi rapì penso a dieci anni, trasmessa alla televisione in un pomeriggio di maggio, mentre entravo e uscivo di casa in cerca di complici per giocare a palla. Il già citato Cristiano Godano fu bellino grazie a “Musa”, eh… l’avesse cantata a me quella canzone, con quella voce che non è sensuale, è la sensualità! 
E poi loro, i Timoria. Omar, Omar mio bello, che  diventasti bellino per aver composto “Viaggio senza vento”, quell’album meraviglioso scritto apposta per farlo sentire proprio ad ogni adolescente sensibile sulla faccia della terra. Renga era meno bellino ai miei occhi, ma ero innamorata un po’ anche di lui, perché non si poteva non amare la voce di “Senza far rumore”, e poi c’era una certa complicità tra noi, quando strillavamo all’unisono “grida la carne furia del demone che 2020 volte, feroce sangue mi spingerà dentro di te, 2020 stai con me…”, io in piedi sul letto e lui dalle casse del mio stereo, che spinte al massimo della loro potenza saltavano insieme a me, nei pomeriggi infiniti dei miei sedici anni. I diciassette invece furono colorati da “m’importa ‘na sega, ‘na sega sai, ma fatta bene, che non si sa mai” e così anche Giovanni Lindo Ferretti diventò bellino, nonostante la bellezza non sia mai stata il suo forte. Poi c’erano molti e molti altri, dal passato e dal presente, dal periodo in fissa Beatles a quello Hella Fitzgerald, da Rossini agli Smiths, e un giorno era la R moscia di Guccini, e un’altra il caratteraccio di de Gregori e i suoi cappelli. Erano bellini, bellini, bellini, e molti lo sono ancora. 
Io li amavo sinceramente e devotamente, non li idolatravo, non volevo poster, ritagli  di giornale, non volevo notizie sulla loro vita privata. Li amavo per la loro musica e nella loro musica, e ancora non conoscevo cosa vuol dire la parola tradimento.
I primi lutti musicali infatti furono lutti veri, con Kurt Cobain che funestò i miei tredici anni lasciandomi orfana di una voce che sarebbe potuta diventare da un momento all’altro di uno bellino (Eri troppo biondo, Kurt, per farmi innamorare in fretta). De Andrè se ne andò invece in un giorno di compito in classe di greco, e piansi per lui sui gradini del “Riva”. 
Che qualcosa potesse mandare a male da un giorno all’altro il cervello degli artisti lo intuii quando gli Aerosmith firmarono la colonna sonora di Armageddon con quella solenne cagata di “I don’t wanna miss a thing”. 
Poi i Timoria si sciolsero, ma io non venni meno al mio amore promesso a Omar, e andai al concerto dei nuovi Timoria, con una ciofeca clamorosa al posto di Renga, alla vigilia dell’orale del mio esame di maturità. Pogando con i Persiana Jons, che li precedevano, lasciai un po’ del mio gomito destro sull’asfalto della Fiera, ma Omar mi ripagò con un assolo di chitarra che per un istante spense ogni altro suono del mondo, cancellò il pubblico e tutti gli idioti che mi spingevano sulle transenne e mi regalò un minuto di estasi musicale che sento ancora risuonare nelle mie orecchie. Pensai che non mi avrebbe mai tradito,  ma presto iniziò Renga. Ricordo che mi andò il boccone per traverso quando sentii “Raccoooontaaaamiiiiii”! Misericordia di me, cosa ti è successo! Non ti ricordi? “Speeeeed, Speeeeedball!!!!!!!!” Torna in te, ti prego! Non lo fece, anzi. Mi riservò un altro boccone per traverso quando il tg annunciò che la sua nuova compagna era Ambra Angiolini. Scese il silenzio, non sapevo cosa dire. Mi sentivo una mamma di quelle stronze perché gli avrei detto “cosa ti devo dire? La vita è tua e puoi farne quello che vuoi, ma mamma non è d’accordo. Non invitarmi al matrimonio.” Adesso scopro che forse avrei dovuto dire così ad Ambra, perché miss “t’appartengo se ci tengo io prometto e poi mantengo” ora fa i film con Otzpetek e “2020 stai con meeeeeee” continua a cantare cagate colossali a san Remo. 
Poi Omar, che sorride, fa il bravo babbo di famiglia e ora si fa mollare dalla Casalegno… che delusione, ma che ci faceva uno come te con una ex di Sgarbi? È bella, ok, ma nemmeno simpatica. Ma soprattutto Omar Pedrini e il gossip perché sono entrati in contatto, cosa ha iniziato a girare male nell’universo? 
Poi Ligabue, a cui non ho più detto bellino nemmeno per scherzo quando ha attaccato con “l’odore del scescio”. Cosa ci rimane? I Litfiba tornati insieme come richiesto da Elio che sembrano più vecchi dei Rolling Stones, nonostante qualcuno si ostini a preferirli ai compleanni delle creature degli amici, Poul Maccartney che doveva essere il primo defunto degli scarafaggi (grazie uomo Voyager!) e invece continua imperterrito ad angustiarci, Elton John che ormai fa solo concerti in Costa Smeralda cantando ad libitum “Candle in the wind” in versione Diana e lady Oscar censurato e con sigla di Cristina d’Avena. Che mestizia! Non ho detto invece nulla di quel mi ha fatto Giovanni Lindo perché non ce la faccio nemmeno a pronunciare cotanto orrore.  
E fu così che i miei divini amori si crogiolano in un crepuscolo spento e mesto, più ricchi e famosi di prima, più apprezzati dal pubblico ma rinnegati da me, che amo ancora solo i loro figlioletti, quelle canzoni che ormai appartengono più a me che a loro. Non devo dire così, sono scelte artistiche? Sarà pure, ma chi se ne frega: mi hanno spezzato il cuore!
Ringrazio invece Lorenzo, che non è più tra i miei diletti perché crescendo si cambia, ma non ha mai tradito né me né il talento che gli è stato dato in dote, qualunque esso sia, Cristiano Godano che è sempre più sexy, gli Smiths che non son tornati insieme come i Litfiba, Guccini e la sua R moscia, de Gregori e la poesia dei suoi cappelli calati sugli occhi come nemmeno Clint Eastwood. 
Epilogo: poi c’era Antonio Banderas. Per trovare uno come lui a diciotto anni spendevo 1800 lire a settimana, con le quali avrei vinto una fuga in Spagna alla ricerca di un uomo col suo sorriso, la sua voce e il suo accento. Ora fa il mugnaio, con una gallina per amica… eh… ma, ora che ci penso… chi se ne frega! I love you Antonio!

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