Pesce fuor d'acqua
Ho sempre amato quello spazio
indistinto e mutevole tra sabbia e mare. Ipnotico e rilassante ad osservarlo,
in eterno movimento. Sa disegnare linee artistiche sulla rena,
elettrocardiogrammi di vita, rilievi appena accennati. L’onda, ritirandosi,
lascia dietro di sé miliardi di fori piccolissimi, narici microscopiche, che
sembrano voler cercare aria per respirare. Da un senso di eternità
rassicurante, lasciare andare a lungo lo sguardo su quel via vai, di continuità
di vita. La musica dolce di una ninna nanna, o a volte, un rock forsennato. L’ho
visto più raramente d’inverno, il mare, quando mi muovevo agile, allora, ed
infreddolita con il mio soprabito beige da tenente e lunghi stivali neri che mi
facevano sentire indiscutibilmente grande e interessante. Un’esploratrice in
erba tra sassi ed alghe. L’amore di papà per la pesca mi ha sempre lasciato
indifferente ed annoiata, insofferente all’odore. Tutto troppo lento, movimenti
ripetuti, uno scrutare lontano l’orizzonte, da naufrago. Trovavo crudele
strappare una vita al suo mondo marino, vedere l’atroce affanno dell’agonia, lo
spegnersi dei colori. Il raccapriccio al tocco delle squame fredde e ruvide,
che punivano lasciando lungamente sui polpastrelli la scia dell’olezzo, memoria
persistente del misfatto compiuto. Qualcuno guizzava fuori dall’acqua, per un
attimo della durata di un battito di ciglia, il bagliore di un flash la luce
che si rifrange sulla livrea, ed era tutto un altro vedere. Come assaporare lo
splendore dei colori sulla cupola di un campanile con la copertura in maiolica.
Ogni essere vivente ha il suo mondo, per il quale è stato creato.
E cosi tu, fino a quando non sei
stata strappata a forza dal tuo, con una sottile crudeltà, facendoti
intravedere, a più riprese, la possibilità di guarire. Hai lottato. Disperatamente.
Ogni tua risalita era salutata da chi ti amava con un orgoglio indicibile e
fiero per la tempra mostrata. Ma quando hai capito che non ti saresti più
sollevata hai chiuso gli occhi ed hai deciso di volar via, furibonda per
l’affronto subito. Come una creatura portata via a viva forza dal suo mare,
prima del tempo e senza alcun motivo plausibile. In un novembre che hai sempre
detestato e temuto, perché, a tuo dire, troppo spesso foriero di calamità.
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