Qualche tempo fa andavo in dipartimento e il sei, come al solito,
è passato davanti al cimitero di Bonaria. Io però non ho fatto come faccio di
solito e sono scesa. Al volo, d'istinto, senza prenotare la fermata. Ho pensato
"in vela, come al liceo!". Mi è tornata in mente una volta al liceo, che con
Olga non siamo entrate a scuola e ci siamo rifugiate lì, a parlare, parlare,
parlare... a riempirci gli occhi e le orecchie di pace e bellezza. A cercare
come un ago in un pagliaio la foto di sua nonna, a trovarla e notare che era
bellissima, e che aveva suoi occhi. Quella mattina sono scesa dal pullman perché avevo bisogno di respirare, e i
cimiteri non sono tristi come li dipingono.
I cimiteri hanno scritti sulle pietre secoli di storia, la
loro aria e la loro terra, pur colma di morti ha respirato più vita di
qualunque altro luogo. Perché lì tutti hanno pianto in maniera sincera, perché
anche la mente più razionale e l'anima più fredda lì si sono arrese alla
propria umanità, anche la zitellaccia più inacidita e ipocrita ha perso per un
attimo il controllo di sé. La morte non è solo perdita e disperazione. A volte
è sollievo, a volte è l'abbandono sereno all'ultima speranza. Nei cimiteri si
susseguono morti e rinascite, passano preghiere, pianti e, perché no, sorrisi. Un
cimitero è molto più vitale di una sede di banca e spiega tanto dell’umanità,
questo è certo. Perché tra foto, cappelle, bellissime statue di marmo, orribili
sculture in ottone, fiori, frasi, dediche e poesie mal riuscite si coglie tutta
la vanità, l'ipocrisia, il cattivo gusto e la sobrietà, la dignità, la
tenerezza di cui è capace il genere umano. Tra nomi e date si nascondono storie
incredibili. Alcune si possono ancora ascoltare, altre sono perse nell'aria,
perché un giorno qualcuno ha smesso di raccontarle. Io che amo le storie
stamattina ho risposto al loro richiamo e sono scesa dal sei.
Ci sono due tipi di storie nei cimiteri: quelle dei morti e
dei loro cari e quelle del mondo che sta fuori. Quando si entra a Bonaria si
capisce a quale livello di inciviltà ci si possa ridurre. Quando si vedono
opere d'arte spezzate e umiliate dentro un luogo che dovrebbe essere sacro per
tutti si percepisce come una fitta allo stomaco la soglia di insensibilità alla
quale ci siamo assuefatti. E purtroppo ci siamo assuefatti, io per prima. Con
il mestiere che faccio ormai sono abituata ad indignarmi e un secondo dopo a
fare i conti con le priorità e con i soldi che non possono bastare a tutto. Sui
beni culturali nessuno perde il sonno: firmiamo petizioni e poi dormiamo sonni
tranquilli. Pensavo a queste cose passeggiando tra le tombe dell'inizio del
Novecento, pensavo di andare a salutare il piccolo Efisino, tutto impolverato
dietro una grata, per dirgli di non preoccuparsi, di dormire tranquillo. Ma
mentre camminavo una cosa ha colpito la mia attenzione, ed è andata al di là
del disappunto per il degrado di un monumento importante e bellissimo come il
Cimitero di Bonaria.
Accanto al busto di una bimba, posato per terra
probabilmente per salvarlo dalla sua stele ormai a pezzi, stavano delle ossa e
un chiodo di bronzo. Non lo so se fossero ossa umane, non penso, a osservarne
la lunghezza e lo spessore, anche se la presenza del chiodo da bara ha dato un
brivido alla mia schiena di archeologa. Penso a quante persone sono passate
accanto a quella tomba senza curarsi del fatto che ciò che le stava intorno era
al di sotto della soglia di dignità. Ho letto l'epigrafe:
"AL NOSTRO
ANGIOLETTO RINA PORRU SANNA.
SORGONO 1 LUGLIO 1901 CAGLIARI 13 AGOSTO 1909
I
GENITORI DESOLATI".
Ho guardato il busto, l'espressione troppo seria e
compassata per una bimba di otto anni, alla maniera del realismo italiano di
inizio Novecento. "Il nostro angioletto". Accovacciata ai suoi piedi
ho accarezzato quel viso di pietra, da quanto tempo nessuno pensava a Rina? E'
sciocco, quante persone muoiono senza una tomba, senza un atto di pietà? Cosa
cambia se a tutta l'incuria per l'arte e la storia che c'è in Italia si
aggiunge una tomba sporca e violata? Cosa cambia se una bambina di cui nessuno
parla più riceve un pensiero e una lacrima? A cosa serve prendersi cura di un
morto? E a me che importa della ragione? Da quando in qua io non sono sciocca?
"Aspettami piccola" le sussurro come fosse in grado di spostarsi.
Corro all'ingresso, ma di lunedì mattina nessuno vende fiori davanti ai
cimiteri. Allora percorro i vialetti in cerca di un segno per la mia piccola
amica. Trovo dei cespugli di margheritine, ne colgo un rametto bianco, uno
giallo e uno viola. Torno alla tomba ma il vaso per i fiori non si può più utilizzare
tanto è consumato dal tempo. Avvolgo i fiorellini in un fazzoletto di carta:
bagnandolo si terranno freschi per qualche ora di più. In cerca dell'acqua
arrivo fino alla parte nuova del cimitero, agli scaffali per bare, come li
chiamo io. Bagno il fazzoletto e spolvero i fiori, sono piccoli piccoli, ma è
tutto quel che ho trovato: non ci si spreca a far belle le tombe poco prima del
due novembre. Però sono colorati, freschi come la bimba che li riceverà. Torno
alla tomba di Rina, poso i fiori al piedi del busto, accarezzo il suo viso,
accenno una preghiera. Scende una lacrima di tenerezza, penso a quanto dolore
sia passato da questo metro quadro di terra. Le prometto che tornerò. Con una
spugnetta e del sapone per toglierle tutta quella polvere di dosso, e con un
fiore più bello, raccolto nel mio giardino. "Non ti lascerò sola" le
dico.
Che cosa siamo se non storie da raccontare? Cosa resta di
noi se non lasciamo una storia? Rina mi ha regalato un'emozione e io le ho
regalato una storia, così, ovunque sia, non sarà più sola.
Epilogo. Ovviamente uscendo dal cimitero ho segnalato al
custode che c'erano delle ossa per terra e che la cosa era piuttosto brutta da
vedersi oltre che irrispettosa per il luogo e per la piccola Rina. Lui è subito
è andato a vedere e mi ha detto che non sono ossa umane, oltre che spiegarmi
che sarebbe impossibile profanare una tomba in quel modo. Di fatto ha preso
ossa e chiodo e le ha portate via, non so dove. Chissà.
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