Gentile rubicondo signore,
Le scrivo per sottoporLe una mia richiesta, augurandomi che
possa essere nelle Sue possibilità esaudirla. Credo si sia accorto anche Lei
che le cose sono cambiate, e tanto.
A partire dalla missiva che
tradizionalmente Le viene inviata. Un tempo c’era una ritualità nel prepararla:
si strappava un foglio dal quaderno, con più cura perché i bordi apparissero
sufficientemente rettificati, o tra i più furbi, si strappava un doppio foglio
dal centro, (peccato per gli antiestetici fori delle graffette) che aveva in sé
una sua implicita eleganza, un’aria più solenne. Poi la richiesta, in genere
una sola, seguita ad un elenco dettagliato delle buone azioni, addotte come
prova e giustificazione del dono. E la scrittura: in corsivo, curato come mai,
tondo, il più regolare possibile, e con le dovute spaziature. Raramente mancava
un disegno, decorazioni, captatio benevolentiae,
ecc…
Ora, da settimane la cassetta della posta rigurgita senza
sosta cataloghi di giochi costosissimi, ed alla fine, una letterina prestampata
da inviare al centro commerciale con l’indicazione del regalo prescelto: che
tristezza! Io, glielo dico dal cuore, spero che le cestini tutte queste
letterine senz’anima!
Sa, io non sono proprio una bimba, fuori intendo…………..
Arrivo al sodo: potrebbe aiutarmi a rifare il mio gioco
preferito? Non è più in commercio.
Ecco mi spiego. Serve il soggiorno dei nonni per
l’ambientazione, con il piccolo camino ad angolo, ed il pavimento a marmittoni
esagonali, rossi, neri e grigi. Alle pareti mattonelline con proverbi della
saggezza popolare tipo: “Se il marito parla bene e la moglie tace, la famiglia
vive in pace”, il mio preferito. Poi al centro, un tavolo rettangolare, in
legno color miele, coperto da una lunga tovaglia a foglie arancioni e marroni. E
sopra un braciere in ottone lucidissimo che ospita la posta, le chiavi,
fiammiferi, ecc…
Il gioco sta sotto il tavolo, che non ha le canoniche
quattro gambe. Sui lati brevi è sostenuto da due cornici raccordate tra loro da
un’asse ampia, parallela al piano. Vi presento la nostra corriera! Il primo,
scelto tra noi cuginetti non democraticamente ma a spinte e tirate di capelli,
è l’autista. Quelli dietro i passeggeri rumoreggianti. In quello spazio
incantato, e con la luce soffusa, creata dalla tovaglia pesante, la fantasia
non aveva confini, e si rigenerava, ad ogni cambio di autista, di meta e di
passeggeri, fino allo sfinimento. Oggi mi chiedo perché a tutti quei culetti
bambini non sia mai venuto in mente di cambiare mezzo di locomozione, che so,
un treno o una canoa, mah! Ripetitività infantili.
Ecco signore, io vorrei ancora una corriera della fantasia,
per me, su cui salire ogni volta che il bisogno mi prende, e che tutte le
creature del mondo conoscessero e preservassero il dono della immaginazione,
destinandole un luogo privatissimo.
Buon Natale!
White
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