Avete mai sentito il profumo
della libertà? Sì, ha un odore la libertà. Un profumo. Inconfondibile.
Incancellabile dall’archivio olfattivo di chiunque lo abbia percepito. Anche
solo di sfuggita. Da lontano. Per caso.
Avete mai visto il colore della
libertà? È il colore d’arcobaleno di piccole gocce che scappano dal getto di
una cascata. Rischiano ad uscire dalla corrente. Rischiano che il caldo sole le
evapori. Ma regalano uno scintillio iridato sfuggente ed infinito al tempo
stesso. Perché quando l’infinito entra dentro, non abbandona più!
Avete mai visto il volto della
libertà? Siete mai stati a casa sua? Avete mai conosciuto almeno uno dei suoi
paladini? Dei suoi testimoni?
Se sì, avrete annusato,
tutt’intorno. Alla ricerca di quel profumo. Perché a dire libertà non basta il
suo colore, che poi è uno e molti, e svela luce e pace. Non basta il suo nome. Non
basta il suo volto. Le sue rughe. I suoi occhi provati dalle notti insonni, di
combattimenti esteriori ed interni. Non bastano i luoghi. La casa. La strada.
Le persone.
Serve la sua fragranza.
Vi siete fatti inebriare, almeno
una volta, dal suo profumo? Se sì, non vi sarete più trovati nello stesso
luogo. Perché lei porta lontano. Non sarete più stati la stessa persona. Perché
lei ama. Penetra. Prende. E cambia. Non avrete più avuto la stessa casa. O
riconosciuto casa lo stesso luogo.
Vi siete mai seduti a farvi
investire dal vento fresco della libertà? L’avete lasciato agire? E poi l’avete
sfidato a braccia aperte ad accoglierlo e cedere, a trattenerlo e resistergli?
E, infine, l’avete annusato, perché potesse portarvi tutto il suo profumo a
liberar nari e trachea, bronchi e polmoni, dallo stantio, dall’inquinamento
esterno e interiore?
Sì! Se siete ancora qui, con me.
È perché conoscete tutto ciò. Conosciamo il profumo della libertà!
E allora possiamo dirlo senza
imbarazzi cosa sia. Quale sia. E tenere alla larga ogni sua edulcorazione o
appropriazione indebita. Perché c’è un gran darsi da fare in tutto questo
nostro strano pianeta ad appropriarsi della libertà, a fare di lei un concetto,
una bandiera, un’ideologia… Ma noi sappiamo il segreto: annusiamo. Alla ricerca
del suo profumo!
Vedete, amici, vi faccio un
esempio, uno solo: ho quarant’anni e vivo in una città bellissima e rilassata,
Casteddu; in una Terra, sa Sardigna, che è stata da sempre occupata, ma ha
saputo mantenersi libera nel suo profondo; in un Paese che ha una Costituzione
bellissima, che leggo e rileggo, ce l’ho nel comodino, che è il luogo dei libri
del cuore, insieme a Bibbia e Vangelo. Eppure in questa Italia, in questa
Sardegna, in questa Cagliari il 25 aprile 2012 capitò una cosa singolare.
Il prefetto della città autorizzò
al Parco delle Rimembranze una commemorazione dei caduti di Salò organizzata da
gruppi di estrema destra. Naturalmente i comitati antifascisti della città
provarono ad organizzare, dopo le manifestazioni della mattina, presenziate
dalle autorità, una contromanifestazione che prevedeva l’occupazione pacifica
del Parco delle Rimembranze al fine di impedire una palese provocazione al
senso comune della Giornata della Liberazione. Risultato: due ore di scontri
tra comitati antifascisti e forze dell’ordine schierate in assetto
antisommossa. Il centro commerciale di Cagliari bloccato e sotto assedio.
Manganellate, fumogeni. Quattro feriti.
È breve la mia vita, è vero. Lo è
rispetto alla storia. Ma non pensavo che avrei potuto veder cose simili. In
nome della “libertà” di manifestare, ognuno le proprie idee.
Per questo dico: annusiamo
l’aria. Lì non c’era profumo di libertà. Se parlassi in sardo con voi vi direi
che c’era puzza di “atza”. Di sopraffazione. Di ricerca di aver ragione a tutti
i costi. Di marcio. Di combattimento. Di sudore da braccio di ferro!
Giuro, solo un altro piccolo
esempio. È libertà cercare di cambiare la politica del proprio Paese? Certo! Di
cambiare la sua classe dirigente e di mandare a casa chi approfitta del suo
ruolo per lucrare, anziché servire lo Stato? Ovvio! Eppure a me le ultime
elezioni e tutto ciò che ne è seguito hanno lasciato un gusto amaro. Ho cercato
di non perdere la speranza. Di convincere chi disperava che poteva ancora
venirne qualcosa di buono. Ma vedo utilizzare la parola libertà e quella
democrazia, una delle sue figlie, in maniera troppo distorta per rimanere
convinta del tutto che le abbiamo davanti e non ce le siamo lasciate alle
spalle!
È vero, a parlare di libertà e
politica si riempiono vagoni di facile retorica. Ed io non voglio farlo.
Perché, come vi ho detto, la libertà non è un concetto. Non solo. Non sono
parole. Non solo. È un profumo…
Io l’ho annusata la libertà. Sola
in un vecchio forte di montagna abbandonato. Dove si era combattuto per lei. E
lei c’era. Giocava a nascondino con quelle pietre ormai secche e abbandonate.
Si nascondeva. E si svelava. Sapeva di umido e sole. Sapeva di dolce, come le
erbe di alta montagna, che attendono il temporale di metà agosto. Come il
sangue versato in quel luogo per fare l’Italia, per difendere l’Italia. Sapeva
di muschio. Sapeva di fresco. Come il vento che sale dalle pendici del monte.
Sapeva di sale. Come la fatica che ci brucia dentro, nel sceglierla ogni
giorno. Sapeva di fiori di campo. Come quelli che si trovano per salire fin
lassù.
Certo, la libertà è tanto.
Troppo, per relegarla solo a vicende politiche e partigiane di un piccolo Paese
e di un piccolo Popolo, come il nostro. Eppure se penso a libertà, penso a
liberazione. Se dico liberazione, dico 25 aprile 1945. E se, mentre faccio
questi pensieri, chiudo gli occhi e annuso, sento il suo profumo. E nel cuore
pace. E gratitudine. Per tutti coloro che hanno conservato per me, anche a
costo della vita, il diritto di chiudere gli occhi e annusar l’aria!
Saluti dal Forte
Violet
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