Esco di casa all’ultimo minuto
disponibile, dopo aver passato tutto il tempo che avevo a disposizione
nell’impresa di colorare le occhiaie e colmare le borse sotto gli occhi.
Incontro sulla metropolitana un conoscente, un quasi amico, fate voi. Saluti,
convenevoli, e “Vale, tutto a posto? Hai due occhi stamattina… stai bene?” io
sorridendo, gentile come sono sempre “non sono molto in forma stamattina, ma è
tutto a posto, tranquillo” e lui “ah, avrai le tue cose! Ahahahah!” e giù
risatina idiota. Che minchia ridi? E poi non si chiamano “cose”, mie o tue che
siano, e neppure “ciclo”. Le cose sono oggetti, il ciclo è il susseguirsi
ciclico delle diverse fasi che ogni mese l’apparato sessuale femminile
attraversa, tra le quali ci sono le “mestruazioni”. Ecco, MESTRUAZIONI. Questo
è il nome, e non è una parolaccia. A pronunciare questa parola non ci si
sporca, non si attorciglia la lingua, non scendono fulmini dal cielo, non
succede nulla! Ad avere le mestruazioni qualcosa succede, ma non di essere
contagiose, di non potersi fare il bagno al mare, di non potersi lavare i
capelli o di non avere diritto a star male quanto e come capita di star male.
Succede semplicemente che si ha una emorragia, perché il nostro organismo, dopo
che l’ovulazione è passata indenne a qualunque fecondazione, deve rinnovare
tutto un apparato di vasi sanguigni che aveva pazientemente intessuto per
accogliere una eventuale gravidanza. Ecco, il nostro corpo è così: una tela di
Penelope, un eterno e misterioso Mandala, che costruisce e distrugge per
ricostruire. Non c’è saggezza sviluppata in millenni di meditazioni di menti
maschili che non sia già contenuta, in forma elementare e naturale, in un utero
e noi che facciamo? Ce ne vergogniamo, bisbigliamo imbarazzate il nome di una
condizione del tutto naturale. Le mie cose, quei giorni, gli ospiti, il ciclo,
oppure nulla, solo un sorrisino imbarazzato. E ci facciamo prendere in giro, ci
vergogniamo del nostro momento senza controllo, e ci accodiamo alle risate
degli altri, anche se vorremmo dire solo “Che minchia ridi?”.
Ora spiego bene bene cosa succede
a me, che sono fortunata, che riesco a fare tutto e, giuro, non mi sono mai
minimamente sognata di lagnarmi delle mestruazioni, neppure quando, lavorando
in cantiere senza i bagni, ho provato la meravigliosa sensazione di cambiarmi i
tampax in piena campagna e di portare carriole piene di terra col mal di reni a
palla. Il fatto di avere una emorragia in corso rende deboli, visibilmente più
deboli del solito, stanchi e fiacchi. Ci si fa forza e ci si alza, si è scattanti
e sorridenti, ma con più fatica del solito. Poi c’è la zona del basso ventre
che fa male, a me di solito in maniera leggera, ma persistente, mentre mi fa
più male la schiena, come si suol dire, i reni. Poi ci sono dei piccoli
crampetti, che arrivano all’improvviso, sono brevissimi ma fanno male, che
cavolo! La stanchezza è quel che mi frega di più, insieme alle occhiaie e al
sonno agitato. Tutto ciò non è grave, è passeggero e non gli do’ peso. Ma,
chissà perché, non mi diverte che un quasi sconosciuto si senta in diritto di
riderci su.
Poi c’è il morale, che fa tanto
sganasciare dalle risate. “In quei giorni non ti si può toccare, sei
isterica!”. Vi informo che non è divertente essere isteriche e nemmeno tristi.
Tanto meno perdere il controllo di sé per qualcosa di relativamente stupido.
Anche in questo caso io sono
molto fortunata, non mi succede nulla che possa fermarmi. Fino a qualche anno fa
non mi accadeva nulla, o forse, essendo una malinconica di natura, non davo
nessun peso a quelle che classificavo come paturnie adolescenziali. Ora è
diverso: per quanto bene stia e per quanto sorrida, o finga, mi sento triste
nei giorni che precedono e durante le mestruazioni. È più forte di me, mi trovo
immersa in una malinconia immotivata ma profonda. So che passerà, maledico i
miei ormoni, eppure succede. Non lo dico a nessuno, me lo tengo e sorrido, ma
non mi diverte che sia oggetto di prese per il culo. Dovete capire che per
quanto noi giovani donne spiantate in pseudo carriera possiamo essere felici
per il fatto di non essere incinte, i nostri ormoni, che sono più saggi, antichi
e ancestrali della nostra ragione, leggono il fatto che un ventre a trent’anni
suonati si ostini a rimanere vuoto, come un fallimento, e trasferiscono
all’anima il senso di vuoto che rilevano nell’utero. Durerà pochi giorni, verrà
dimenticato, tornerà.
Quindi si, ho le MESTRUAZIONI.
Sono naturali, posso far tutto, sto bene, non c’è nulla di grave, non provo
alcun imbarazzo di ciò che accade nel mio corpo e il dolore che provo, grande o
piccolo che sia, non è stupido né divertente. Faccio da sola, mi consolo da
sola, se serve mi prendo un mimesulide, aspetto e mi passa. Se chiedete cosa si
possa fare, un abbraccio può andar bene. Dopo le coccole possiamo anche riderci
su, insieme.
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