Un ritratto, un ritratto di
Signora.
Di donna, anzi di Donna.
Sfida interessante, mi sono
detta.
Facciamolo!
Come si inizia un ritratto?
Scegliendo la tela, direte voi. No, non credo. Ci vuole qualcosa, prima.
I
colori? Anche quelli sono un passo successivo.
Ci sono, l’ambiente con la luce
giusta per lavorare. Nemmeno!
Ma allora, da dove inizia un
ritratto?
Credo che inizi dalla scelta del
soggetto.
Ed è sulla scelta del soggetto,
che ho qualche difficoltà.
Perché è un ritratto, sì, ma di
Signora. E qual è la Donna che darà universalità ed eternità al mio povero
ritratto?
Ho dato via libera alla
mia mente di vagare per l’Universo Mondo, alla ricerca della donna giusta.
Perché deve avere dei tratti belli, pieni, fascinosi e definitivi. Deve esserci
un anima, da cogliere, in fondo alle sue pupille e che spunti appena, a fior di
labbra, quando sorride. Deve avere una storia da narrare, una missione da
portar a termine.
Se Pirandello incontrò per via Sei Personaggi in cerca d’Autore, io più
semplicemente mi sento un piccolo autore in cerca di almeno un personaggio. Ed
il problema è questo, ed è tutto mio: il personaggio! Non che io non abbia mai
mitizzato niente e nessuno. Però non un personaggio! I miti della mia esistenza sono tutte persone, piccole, povere, belle di una bellezza ed un fascino inusueti
e desueti. Uomini e donne semplici, quotidiani, nascosti. La gente dell’ultimo
posto, ma che, per un motivo o per un altro, occupa un posto d’eccellenza nel
mio cuore e nella mia anima.
Potrà essere pretenzioso, ma il
mio Ritratto di Signora, sarà la donna che racchiude tutti costoro…
Iniziamo?
La mia Donna ha le rughe, una
fitta ragnatela di rughe a definirne il viso e l’espressione. Perché ha
vissuto. E tanto. Alcune sono più pronunciate, altre appena accennate, ma
ognuna ricorda la strada percorsa e ha il fascino di una storia. La mia Donna
ama i fiori e le piante. Di un amore semplice, di cura. Passa la vita tra i
suoi fiori e le sue piante, ne conosce i tempi, i segreti. Sa come chieder loro
di essere particolarmente belli per uscire con lei, di nascosto, la mattina
presto. Fa tutto di nascosto. Però puoi guardarla. E imitarla.
La mia Donna è esile. A volte
sembra che si spezzi. Ma la sua schiena è dritta, come la sua mente. Ama
camminare. E lo fa a testa alta, guardando e sfidando il mondo. Cammina veloce.
Con cuore. Il suo camminare non è mai senza meta. È un andare verso qualcuno, è
un andare per qualcosa. Cammina in modo solidale. E poi la mia Donna ama i
cimiteri. Trova che siano dei luoghi di passaggio, come i ponti, tra passato e
presente, tra presente e futuro, tra tempo ed eternità. Trova che siano luoghi
di calma e silenzio e bellezza. E insegna tutto ciò ad una bambina, e poi ad
una giovane.
La mia Donna ha la grafia arrotondata
e scrive benedizioni. Perché nella vita dà benedizioni ed è benedizioni, per
tutti. Vorrebbe restare nascosta, ma da lei emana così tanta luce che finisce
per illuminare il mondo, senza accecare nessuno. Di lei possiedo l’unico
autografo che mai terrò nella vita, perché è benedizione.
La mia Donna si sa nascondere
dentro un uomo, se serve. Un uomo immenso, dati gli occhi da bambina che
l’hanno incontrato. Gioca a carte. E sa passare le ore a farlo e ad insegnarlo.
Sa sorridere e far sorridere. Sa usare la parola. Non è lusinga, ma complimento
vero, che gli leggi negli occhi, che gli senti nel cuore, quando ti stringe,
dopo la filastrocca di benvenuto “Sa sposa, sa rosa, sa bella e sa graziosa…”.
È cordialità e calore. E contagia.
La mia Donna sa cucinare. Lo fa
con assoluta maestria, si muove sicura tra tavolo e fornelli, senza fretta. Non
svela mai la ricetta fino in fondo, l’ingrediente segreto sta nascosto nel
segreto della sua tasca finché tutti siano distratti, o impegnati altrove. Solo
la pazienza è la chiave per entrare nel suo cuore difficile. E a pazienza
risponde con pazienza, quella di vedere la “fioca”
farsi e disfarsi tante volte nel piatto, prima che l’allieva impari.
La mia Donna ha un portamento da
regina. Il collo lungo. E dei piedi incredibili. Ogni movimento danza, è danza.
Sa stare alla sbarra, suona il piano. Tiene la bacchetta in mano, ma non la
usa. Ha una riga profonda a dividere in due la capigliatura sempre raccolta in
una crocchia. È disciplina. E la trasmette.
La mia Donna ha gli occhi
profondi. E nella profondità dei suoi occhi e del suo animo scorgi la libertà. La
libertà di chi ha amato la tua libertà e il tuo bene, prima di tutto, anche di
se stessa, anche di te. La libertà di chi ti ha fatto nascere, ma non ha mai
creduto che tu fossi sua. E di chi ha saputo non farti mai credere fino in
fondo che lei stessa fosse tua. Anche se lo è. È tua. Come tu sei sua. In quel
gioco di maternità e figliolanza che è vita, che dà vita.
La mia Donna ha le mani d’oro,
quando incrocia punti sulla tela. Sa ascoltare, mentre lavora. Sa narrare, la
vita, l’esperienza. E il suo racconto diventa esperienza condivisa.
La mia Donna ha gli occhi
innamorati dell’attesa. Perché attendere è vivere. Non importa se attende per
un terzo di secolo l’uomo che ha scelto per la vita, come se stesse bussando al
vetro della finestra, perché lei corra ad aprire. Non importa se aspetta la
felicità, l’amore, il futuro. La sua è un’attesa gioiosa, attiva. Amorosa. Che
porta nella dimensione dell’infinito. Del sogno. Del Mondo dell’impossibile che
diviene realtà. E contagia.
La mia Donna è piena. Come una donna incinta. Che con
generosità fa entrare nel suo mistero. Quello della vita che viene a trovarti. La
mia Donna è piena come una scatola dei ricordi. Piena di volti. Abitata dalle
donne e dagli uomini che hanno attraversato, attraversano e attraverseranno la
sua via. La mia Donna è piena di idee, di passioni. La mia Donna è piena di
tempo. Non perché non abbia niente da fare, ma perché sa ritagliare attimi preziosi
da dedicare a realtà preziose, che fanno la vita. Ha tempo per gli altri. Per
se stessa. Per attraversare la natura e imparare i suoi ritmi e i suoi segreti.
Ha tempo di curare gli animali, di stringerli, di proteggerli. Ha tempo per la
propria anima, il cuore, lo spirito. Ha tempo di leggere. Tempo di pregare. Tempo
da regalare, da sperperare. Lo confeziona, con arte. E lo infiocchetta di
sorrisi. Perché la mia Donna è piena di sorrisi.
La mia Donna è tutto questo. E
tanto altro. Ed altro ed altro ancora. La mia Donna sa avere paura, sa essere
triste. Accetta la malinconia, la sa vivere e condividere. Sa gioire e dare
gioia. Sa amare. Non ha certezze. È in ricerca. Sa sognare. Conosce la via del
sogno, del desiderio. Sa che è fonte di vita che sa trasformarsi e trasformare.
E la percorre questa via. La sua casa è il viaggio, quello interiore, quello
vero, quello santo. Non ha patria. O meglio, non ne ha una sola. La mia Donna
ama il cielo, il sole, le stelle, il mare, la luna, il vento. Ama l’alba e il
tramonto. Ama la notte, l’autunno e l’inverno. Ama cantare, giocare, correre, ridere
e piangere.
La mia Donna oggi ha una dedica,
una sola tra mille, milioni, miliardi. E la sua dedica è un nome, semplice,
sconosciuto, dimenticato, innocente. Kepari.
La mia donna. Semplicemente una Donna.
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