E
nacque dunque il Caos primissimo; e dopo Gea, laTerra dall’ampio
seno
solida
ed eterna sede di tutte le divinità che abitavano l’olimpo.
Gea,
prima di ogni altra cosa partorì un essere uguale a sé, il cielo
stellato, Urano
affinché
questi l’abbracciasse interamente e fosse sede eterna dei beati
(Esiodo)
Ricordo una delle prime
volte che sorvolai Torino con l’aereo, arrivando a Caselle.
Osservavo stupita la perfezione della scacchiera disegnata dalle
strade e dai lunghissimi corsi, non staccavo gli occhi dalla
precisione degli angoli, delle distanze, dei disegni di piazze e
parchi. E mi veniva l’ansia. Poi vidi il Po e, senza alcun intento
leghista, mi stette subito simpatico: era storto, e la Dora ancor più
storta gli si univa sbilencamente, alla facciaccia di “cardo e
decumano” e di generazioni di architetti ed ingegneri, evviva!
Sarò strana ma da sempre
l’ordine mi mette l’ansia. Mi sa di morte, forse è un’immagine
un po’ forte, ma è così. Mi sembra che nell’ordine nulla si
possa fare, nulla immaginare, o almeno null’altro se non la sua
distruzione. Pensate a un armadio: quando regna l’ordine la vita
dovrebbe abbandonarlo: ogni vestito nuovo, ogni mattina in cui si
provano dieci cose, ogni giornata con temperature fuori stagione è
una terrificante arma di distruzione della perfezione faticosamente
raggiunta. Quando le case sono in ordine le mamme strillano ai figli
di non toccare, non spostare, non passare… ma le case sono fatte
per vivere, disordinarsi, sopravvivere ai cicloni dei giochi e delle
urla, riordinarsi e tornare a vivere!
Nel caos invece mi sento
bene, mi sento addosso l’ebbrezza delle tante strade possibili, la
felicità delle mille idee al minuto. Non c’è nulla da fare,
preferisco essere sommersa di cose o di fatti e iniziare a tirar
fuori le connessioni, gli abbinamenti o i contrasti come un mago
trova conigli in un cappello, rispetto alle fasi in cui tutto fila
liscio e sai cosa ti capiterà domani. Mi sento tranquilla a cercare
dentro le mie borse enormi e a trovarci cose che nemmeno io potevo
aspettarmi, o a infilarmi dentro l’armadio in cerca di una
maglietta che, si sa, non poteva essere andata troppo lontano.
Io penso che sia inutile
ribellarsi, è necessario arrendersi al Caos. Non alla sporcizia,
alla bruttezza o alla pigrizia, ma al Caos.
Non c’è cosmogonia che
non parta dal Caos, non c’è vita che non parta dal disordine. In
principio era il Cosmo: impossibile! In principio era il Caos, perché
se fosse stato il Cosmo la creazione sarebbe stata un appello al
primo giorno di scuola, non una evocazione per separare da un
infinito indistinto ciò che solo una mente creatrice poteva
distinguere. Senza il Caos Gea non avrebbe dovuto generare Urano,
solo per farsi stringere in un abbraccio fecondatore. Se in principio
fosse già stato il Cosmo la splendida poesia della Genesi anziché
evocare l’immagine di un soffio divino che con la parola dipinge
l’universo giorno per giorno, ci farebbe immaginare luce, cielo,
terra, mare, piante, animali e uomo seduti sui banchi come Aime,
Argiolas, Basciu, Beccu, e Biccone a sollevare la mano sbadigliando
all’appello di Cappai. Ma per fortuna c’era il Caos a far
brillare la fantasia divina. E per fortuna il Caos c’è per
permettere all’uomo di creare qualcosa.
Se un tronco d’albero
fosse ordine, nulla lo potrebbe scalfire, sarebbe perfetto,
intoccabile così com’è. Ma se invece in quel pezzo di legno regna
il caos, e il caos lo scuote e lo fa essere tutto e nulla insieme e
lo trascina nel vortice delle possibilità, allora un falegname può
tirare fuori Pinocchio e dargli un’anima e una voce, e Pinocchio
dovrà essere grato al suo babbo, perché in quel legno poteva
esserci anche una mensola, una scarpiera o uno sgabello e sarebbe
stata tutta un’altra storia.
Senza il caos della
conoscenza gli scienziati non avrebbero scoperto nulla, senza il caos
dei suoni nessuno rimarrebbe incantato dalla perfezione matematica di
Mozart, senza il caos di colori e forme sarebbe scontata la simmetria
del Rinascimento, invece no, è unica, viva, emozionante.
Avete mai visto un
laboratorio di restauro? Tavoli zeppi di frammenti da combinare,
migliaia di frammenti per non si sa quanti oggetti, né quanto
completi. È bellissimo. C’è chi ha un attacco di panico solo a
pensarci, io impazzisco di gioia, in mezzo a un caos tutto mio, dove
dirò sia la luce e la luce, previa somma pazienza, sarà. Io, sola
con buona musica e il disordine più completo, è una sensazione di
tranquillità bellissima. Se sarò abbastanza brava, il caos mi
regalerà il piacere di poter creare un cosmo tutto mio, e io saprò
che la strada che ho percorso era solo una delle tante, e che il
lavoro che ho fatto è del tutto reversibile. Se tornerà il caos non
ci sarà nulla di grave, perché racchiuderà altre mille creazioni.
Io trovo che sia
rassicurante questa infinita possibilità di azione, e trovo che sia
saggio lasciare un po’ di disordine nelle cose, perché devono
avere lo spazio per evolversi. Penso che si debba lasciare spazio ai
cassetti perché ci stiano le cose di traverso, disordine agli armadi
perché ti stupiscano con un calzino che pensavi perduto e invece è
ritornato, spazio alle persone perché si rivelino quel che sono,
libertà ai rapporti umani perché non soffochino in etichette di uno
schedario della società che lascia il tempo che trova e che non
comprende tutte le necessarie variabili. E infine penso che sia buona
abitudine lasciarsi il proprio spazio di caos ogni mattina, per
divertirsi a creare mondi meravigliosi e poi poter ridere di sé come
fa un monaco buddista con il suo mandala, perché tanto da qualche
parte, un creatore più esperto utilizzerà le polveri che abbiamo
fatto volare per creare ordini ben più grandiosi.
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