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Pink e l'epigrafia

“Gli epigrafisti hanno il gusto dell'orrido!”: questo ci disse un giorno a lezione il nostro docente di epigrafia, il mio maestro, il pater putativus delle mie scelte lavorative. In effetti si potrebbe facilmente pensare che di bello o affascinante in quattro lettere messe in croce e scritte male su un pezzo di pietra non ci sia molto. Non è proprio così. Lo studio di un'iscrizione è emozionante, è come cercare di risolvere un gioco di enigmistica, un'indagine di un romanzo: chi era la persona di cui parla la pietra, cosa faceva, perché questo testo? La storia non è fatta solo di grandi momenti o di grandissimi personaggi. Esistono dei perfetti signori nessuno che ci danno l'idea di cosa fosse il mondo dell'antichità molto più dei grandi condottieri e delle loro battaglie. Ma anche quando le lettere sulla pietra sono realmente quattro, o anche meno, che c'è di bello? Il bello è provare a ricostruire il senso di quelle quattro lettere. Ma quando quelle lettere oltre ad essere quattro sono pure incomprensibili? Beh, l'esercizio di logica è ancora più interessante. Qualunque cosa ci sia scritto, resta il fatto che qualcuno ha voluto fermare una parte della sua vita, della vita di una persona a lui cara, sulla pietra per sempre. Anche la ricostruzione dei grandi eventi poggia sullo studio delle iscrizioni: celebrazioni di trionfi, emanazione di leggi, ricordo di grandi imprese compiute, inaugurazioni o restauri di grandi monumenti e opere pubbliche. Con un'iscrizione sappiamo quando queste cose sono avvenute. In questo senso sono legata a Red: tutt'e due siamo appassionate di pietre, solo che lei preferisce gli analfabeti, io invece le preferisco scritte anche se piene di errori. È emozionante vedere che una sequenza apparentemente priva di senso (me ne ricordo una che quando preparavo l'esame mi faceva sclerare: INNEDNI) ha invece un senso preciso e non è messa a caso (N.d.R.: In quel caso il senso era IN N(omin)E D(omi)NI), e che improvvisamente ci apre uno scenario di ricostruzione possibile. Ricordo di aver studiato testi di incredibile bellezza nella loro semplicità e nella loro ricostruzione del dolore, come quello di Praenstantius che dopo aver perso la moglie e tutti i figli si definisce “un miserabile esperto di dolore”, o la dolcezza espressa nell'epitaffio di Procla, una bimba lodata e amata dai genitori che fecero fare per la sua pietà un'iscrizione bellissima. Studiare un'iscrizione a me dà a volte l'idea di entrare in punta di piedi nella vita di un estraneo, e di usare quel pezzo di vita per comporre un puzzle molto più ampio. Sono sempre stata d'accordo con chi sostiene che per vivere bene il futuro bisogna conoscere alla perfezione il passato, per cui nel mio piccolo mi impegno in questo: cercare di ricostruire il passato, non usando soltanto quello che la terra restituisce, ma quello che l'uomo stesso ha scritto di sé. Red dice che vedendo il numero dei morti e delle atrocità commesse nel passato si sarebbe depressa seguendo l'orientamento storico. Beh, è un po' come un medico legale che si deprime a forza di vedere cadaveri. Sono cose che vanno messe in conto, nel senso che ogni guerra purtroppo ha i suoi morti e anche contarli rende l'idea delle proporzioni di un conflitto. Il dato numerico sarà freddo e insensibile ma ha una sua importanza. Bisogna avere un po' lo stomaco di ferro. D'altronde sul numero di morti si può tirare fuori una curiosità interessante: il numero dei morti greci della battaglia di Maratona (192) è lo stesso delle figure del fregio del Partenone con la processione delle Panatenee. Il numero in questo caso ha anche un significato simbolico per i posteri. Io non avevo amore per le cause perse, ma ho smesso presto di avere una visione manichea dei fatti: non è mai esistito per me chi avesse torto e chi ragione. Ricordo infatti la primissima iscrizione che ho studiato, era di un usurpatore imperiale a me fino ad allora ignoto. Non sapere chi fosse mi fece scattare una molla splendida di voglia di conoscenza e mi promisi che mai più avrei guardato un'iscrizione senza cercare di capire al mio meglio possibile di chi e cosa parlasse. A me le iscrizioni fanno questo effetto, le guardo e vedo l'uomo che ha scelto la pietra, l'ha sbozzata, riquadrata e ha lasciato su di essa un'imperitura traccia di sé consegnandola, involontariamente o anche no, alla Storia.

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