Sole
A Cagliari (lat. 39°21’; lon.
9°13’; alt. 4m s.l.m.) il Sole sorge
alle 7:24 e tramonta alle 18:57.
Luna
La Luna è crescente. Il 10
ottobre alle 23:49 raggiunge il perigeo. L’11 ottobre alle 23:04 compie il
Primo Quarto di questo ciclo.
Cielo del Mese, i Pianeti
Nel corso del mese di ottobre Venere guadagna più di mezz’ora nel
proprio intervallo di osservabilità, fino a tramontare più di due ore dopo il
Sole. La sera è quindi “dominata” dal pianeta più luminoso, estremamente
brillante ad Ovest. Il 7 ottobre Venere lascia la costellazione della Bilancia, attraversa per un breve tratto
quella dello Scorpione, trascorrendo
alcuni giorni a cavallo tra lo Scorpione e Ofiunco, costellazione dove termina
il mese, avvicinandosi al Sagittario. Il 16 ottobre Venere è in congiunzione
con Antares, la stella più luminosa
dello Scorpione.
I Santi
7 ottobre: beata Vergine del
Rosario
8 ottobre: sante Palazia e
Laurenzia
9 ottobre: san Giovanni Leonardi
10 ottobre: san Daniele Comboni
11 ottobre: san Anastasio
12 ottobre:
san Serafino
13 ottobre: santi Fausto, Gennaro
e Marziale martiri
La Notizia del
Giorno… un Anno Dopo
Ultim’ora – Resuscitato dal
massaggio cardiaco (L’Unione Sarda, Edizione dell’8 ottobre 2012, p.1).
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Feste, Ricorrenze, Curiosità
Il 7 ottobre si celebra la
Giornata Mondiale dell’Infanzia, indetta dall’ONU.
Il 12 ottobre è il Columbus Day
(festività spostata al 2° lunedì di ottobre), echeggiato qui da noi, dalla
Giornata Nazionale di Cristoforo Colombo.
Il Lama Racconta
Questa che vi racconto è la
storia di Kebrat, una ragazza di ventiquattro anni con i capelli ricci, di un
nero che tende al rosso. Giovedì mattina, credendola senza vita, l’hanno
adagiata sulla panchina del porto di Lampedusa accanto ai cadaveri, avvolta
come un pacco regalo in un foglio di alluminio dorato da cui spuntavano solo le
braccia unte di nafta. Aveva la pancia talmente gonfia di acqua e gasolio che,
oltre che morta, sembrava incinta. Poi all’improvviso Kebrat ha aperto gli
occhi e dopo una corsa in elicottero è approdata in un ospedale di Palermo.
Tutta tremante, con un filo di voce dietro la mascherina dell’ossigeno, ha raccontato
a un’infermiera la sua avventura. Kebrat è scappata dall’Eritrea con un gruppo
di amici. È scappata da un dittatore sanguinario che spedisce i dissidenti a
lavorare in miniera come schiavi e ha trasformato l’antica colonia italiana in
un carcere dove le guardie di frontiera sono autorizzate a sparare addosso ai
fuggiaschi. Eppure Kebrat ce l’ha fatta. Ha attraversato il deserto del Sudan,
prima a piedi e poi su un camion, e dopo due mesi inenarrabili ha raggiunto il
porto libico di Misurata. Ha guardato il mare e la bagnarola che stava per
salpare, senza neanche sapere dove l’avrebbero portata. L’importante era andare
via. ha consegnato i risparmi familiari di una vita allo scafista tunisino che
si faceva chiamare The Doctor. E prima di partire ha indossato il vestito della
festa. Durante il viaggio non ha mangiato nulla. Ha bevuto acqua di mare perché
c’era il sole e aveva tanta sete. Ogni tanto ha pregato Dio con gli altri
profughi in tutte le religioni possibili. Alle tre di notte di giovedì il mare era
grosso, e appena in lontananza è apparsa la terra a Kebrat è scappato da
ridere. I suoi brothers, come i profughi eritrei si chiamano tra loro,
sventolavano le magliette in segno di giubilo. Ma a mezzo miglio dalla costa il
motore di è rotto. Kebrat non ha avuto paura: vedeva le luci dell’isola e delle
altre barche. Un peschereccio si è avvicinato, poi è andato via. La ragazza ha
urlato, ma quelli non sentivano o non volevano sentire. (Krebrat non sa che in
Italia chi aiuta un profugo rischia l’avviso di garanzia per favoreggiamento. E
non sa nemmeno che il Frontex, l’organismo europeo di pattugliamento che ci
costa ottantasette milioni l’anno, è talmente sofisticato da non vedere un
barcone di legno a mezzo miglio dalla costa). È stato allora che qualcuno, per
attirare l’attenzione, ha dato fuoco a una coperta. Hanno provato a spegnere le
fiamme con altre coperte e con l’acqua di mare, ma è stato inutile. Così è
arrivata la paura. Tutti gridavano, si stringevano, si spostavano dall’altra
parte del barcone, che ha cominciato a ondeggiare. Quando ha visto un suo amico
ridotto a torcia umana, Kebrat ha trovato il coraggio di gettarsi nell’acqua
gelida. Ha visto donne che cercavano di tenere a galla i loro bambini, le ha
viste affondare nel buio. Sembrava che salutassero, finché le braccia andavano
giù. Poi non ha visto più niente. Con in bocca il sapore del gasolio e del
sale, riusciva solo a sentire le urla: come di gabbiani, ma erano persone. Ha
nuotato, prendendo a schiaffi l’acqua per ore. Quando era allo stremo, a
malincuore i è tolta l’abito inzuppato, pensando che il suo peso l’avrebbe
portata a fondo. A quel punto è svenuta. Ora è qui, nell’ospedale di Palermo,
in prognosi riservata per lesioni gravi ai polmoni. Del vestito della festa le
è rimasta solo la parte superiore del reggiseno, sulle cui coppe aveva scritto
i numeri di telefono dei familiari. Ma l’infermiera che ha ascoltato la sua
storia non sopporta che Kebrat rimanga nuda. Raggiunge il suo armadietto,
afferra una maglia bianca, la taglia e l’adagia sopra di lei. “Prendila tu, a
me non serve”. Stasera andrò a letto chiedendomi come fa il mio Paese a
ritenere giusta una legge che considera Kebrat una criminale, colpevole del
reato di immigrazione clandestina, punibile con l’espulsione immediata e la
multa fino a cinquemila euro (Kebrat, la
ragazza dai ricci neri – Massimo Granellini, Che tempo che fa, RaiTre, 6
ottobre 2013 – La Stampa, 7 ottobre 2013).
Così Parlò zio Gecob
La goccia d’acqua del fiume non
si chiede quanto sia utile la sua esistenza. Essa è il fiume.
Proverbio
Così aggiunse Violet
Sono Kebrat. Lotto tra la vita e la morte. Sono Tiziana. Sono in lutto.
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