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Le Storie del bosco dalla tana del Ghiro

Rubrica dell'Almanacco a cura di Violet

Faceva tanto freddo, erano i giorni della “merla”. Nessuno tra i nostri simpatici amici della tana del Ghiro aveva il coraggio di mettere il muso all’aperto. Nessuno tranne uno: il Coniglio Bianco. La neve è il suo elemento naturale. Così fu lui ad incaricarsi di andare a chiamare gli animali del Bosco per la merenda di quel pomeriggio… ma quando tutti erano già radunati al calduccio e si rifocillavano con bevande calde e ciambellone al cioccolato fondente, lui non si vedeva ancora: forse perché era uno spirito libero e solitario e non gli piaceva la folla che gli occupava la tana (che ormai da tempo condivideva con il suo amico Ghiro). Forse perché a rotolarsi sulla neve fresca e morbida e a saltare felice da un cumulo all’altro non si era accorto del tempo che passava…

C’era una volta una piccola lepre bianca, Hotto, che decise di andare per il mondo alla ricerca di un amico. Era nato in una pianura, e la sua tana era nascosta da un muretto di pietre. Era l’ultimo di una serie di vispi e vivaci leprotti che mamma lepre e papà coniglio bianco avevano messo al mondo uno dopo l’altro. Ce n’era per mettere su un triangolare di rugby – non per niente si dice “figliare come conigli” – se non che il rugby non è certo lo sport preferito di una bestiola così schiva e paurosa! Al riparo del muretto vicino, c’era un’altra tana e un’altra famiglia di conigli. E poi un’altra, e un’altra ancora. Più in là, invece, avevano nidificato le pernici, ma si andava d’accordo anche con loro. I suoi fratelli erano felici di vivere lì, di non doversi allontanare troppo da casa per trovare dei compagni di gioco e di birichinate: e quando si annoiavano a stare tra fratelli, c’erano sempre le altre famiglie di conigli dei muretti vicini. Così ognuno di loro aveva un amico speciale con cui condividere tutto e i più grandi, oltre agli amici, trovavano man mano anche l’anima gemella e si fidanzavano. Vivevano tutti contenti e in armonia. Ma non Hotto: lui, a dispetto di tutta quella “folla”, non era amante della compagnia. Era un tipo solitario, gli piaceva starsene per conto suo, scorrazzare a suo piacimento senza dire a nessuno dove andasse, né quando avrebbe fatto ritorno. E, soprattutto, non gli piaceva la monotonia… e con tutti quei conigli tutti uguali lì intorno non si poteva dire che nella pianura si godesse di grande varietà! Allora andava in esplorazione, si diceva che “scappasse”, e mancava da casa diversi giorni: quella sì che era vita, che era libertà! Ma al suo ritorno lo attendevano le ramanzine di mamma e papà e le facce scure dei suoi fratelli e sorelle, che proprio non capivano perché non volesse stare con loro. Non è che non voleva stare con loro. Voleva stare lì, ma voleva anche andare via. Stava bene in compagnia, ma stava bene anche da solo. Voleva avere degli amici uguali a lui, ma ne sognava anche uno diverso, da cui imparare cose nuove e a cui insegnare ciò che sapeva.
Al confine opposto della pianura iniziava un grande bosco di querce. I genitori e i fratelli non c’erano mai stati per due buoni motivi: primo, attraversare tutta la pianura è assai pericoloso, qualche uccello rapace ti potrebbe avvistare e catturare; secondo, il bosco è ancora più pericoloso, ci sono i lupi che ti mangiano e poi un mucchio di altre bestiacce non meglio identificate. Conclusione: non bisogna andarci. Conclusione di Hotto: “I divieti non fanno per me. Faccio fagotto e ci vado”. E un bel giorno partì.
Non staremo a narrarvi tutte le peripezie che dovette affrontare il nostro amico. Vi diremo solo che alla fine, tra le tante bestiacce non meglio identificate, un amico diverso e speciale l’ha trovato. E anche una casa: la tana del Ghiro oggi è la sua tana! Anche da questa nuova casa di tanto in tanto scappa. Non dice dove va, né quando torna. Il suo amico Ghiro a volte se la prende, altre fa finta di niente… ma, in fondo al cuoricino, che è sensibile, aperto e generoso, lo capisce: capisce la sua sete di libertà e di avventura. Allora lo lascia fare, lo aspetta. Pulisce anche la sua parte di tana e gli fa trovare le carote tenere, al suo ritorno. A giorni chiacchierano tanto, altri stanno zitti. Ma non perché non abbiano niente da dire, ma perché tra amici è bello condividere anche il silenzio. Si vogliono bene, anche se sono diversi, o forse soprattutto perché sono diversi. Insomma sono una strana, meravigliosa, unica, diversa, speciale coppia di bestiacce! Sì, Ghiro, di bestioline, non di bestiacce!

La lepre sarda.
Regno: Animale
Classe: Mammiferi
Ordine: Lagomorpha
Famiglia: Leporidae
Genere: Lepus
Specie: L. capensis (sottospecie: mediterraneus)

La lepre sarda ha un corpo lungo 40-50 cm e un peso vivo di 1,5-2,5 kg con piedi posteriori lunghi e robusti. Il capo è allungato, con orecchie grandi, nere all'estremità, occhi grandi e sporgenti. La pelliccia è fulvo-brunastra con tonalità nere sul dorso e biancastre sulle parti ventrali. La coda è bianca nella parte ventrale, nerastra in quella dorsale. Specie solitaria, elusiva e di abitudini notturne, di giorno si nasconde fra la vegetazione. È un veloce corridore e corre spiccando lunghi salti. Si nutre esclusivamente di vegetali con una dieta molto varia, secondo le condizioni ambientali, anche se predilige le parti verdi e ricche d'acqua. Pur con densità differenti, la lepre sarda è diffusa in tutta l'isola, dalle zone costiere a quelle montane, con una maggiore concentrazione nelle aree di collina; è inoltre presente nelle principali isole minori. In genere vive in ambienti ricoperti dalla macchia mediterranea non fitta, ma può trovarsi anche in pascoli, incolti, aree agricole, stagni costieri.

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