Rossi e Rossa for ever! (Con sottofondo rosa giro) by Red
Questa andava scritta a caldo e
di getto, e non si poteva fare altrimenti. Inizio a scrivere alle 15.50 del 20
maggio, il tempo calmarmi, sedermi e smettere di urlare. Per cosa? C’era la
Moto GP! Se mi chiedete se oggi sento il bisogno di scrivere di motociclismo
con tutto quel che succede in Italia, vi dico di si, perché lo sport non è un
diversivo, ma è un raggio di sole. E a primavera c’è bisogno di sole. Piuttosto
volevo far dopo perché non è facile scrivere mentre si guarda una tappa del
Giro d’Italia, una di quelle da stare in piedi sul divano, ma dovevo scriverla
a caldo la mia felice, calorosa, adolescenziale dichiarazione d’amore per
Valentino.
Non scrivo perché è tornato a
vincere, infatti arrivare secondo non è vincere, ma perché oggi Rossi era bello
come il sole su quella moto. - Nel frattempo Pinotti raggiunge il gruppetto degli inseguitori-
Quando leggo il palmares di Valentino Rossi mi stupisco di come io possa essere
una sua fedelissima tifosa: io che tifo Cagliari, che il ciclismo è lo sport
che più mi infiamma, che Pantani mi entusiasmava quando era gregario di
Chiappucci alla Carrera e quando ha iniziato a vincere ho iniziato a tifare per
Gotti, e poi per Savoldelli, io che non riesco a sopportare quelli che vincono
sempre, che a ogni vittoria di Doohan mi volevo sparare dalla noia, cosa centro
col più titolato dei piloti in circolazione? La risposta è che Valentino Rossi
ha la splendida dote di saper giocare sempre fino in fondo, ed è un miracolo come
il fatto che stia giocando traspaia attraverso tuta, saponette, casco, fatica,
rabbia e delusioni varie. Ma l’avete visto il sorriso che aveva oggi mentre
diceva “mi sono divertito”? Il sorriso di un bambino che ha rubato la
marmellata, lo stesso delle prime gare in 125, quando era un ragazzino scemo
che andava a scuola sull’ape e io, di due anni più piccola di lui e ragazzina
scema, mi svegliavo presto di domenica solo per guardare le gare (in tempi non
sospetti, prima delle vittorie, quando una goccia di pioggia era iattura, e non
c’era una gara senza che combinasse un pasticcio). Allora come oggi aveva un
sorriso da impunito, -il gruppetto degli inseguitori intanto manda a cagare una moto della
polizia stradale- e riusciva ad entusiasmare tutti, comprese me e mia
mamma.
Di solito chi vince tanto ha il
sorriso della spocchia, quando inizia a perdere ha la faccia da cane bastonato,
per poi arrivare al sorriso antipatico della rivincita qualora torni alla
vittoria. Lui no, impunito è nato, e impunito rimarrà a vita, e con due occhi trasparenti
che raccontano storie che le sue parole non racconteranno mai ai microfoni, per
riservatezza e pudore. Sorrideva impunito con le bambole gonfiabili sulla moto,
impunito nel sorpasso con dito medio in alto, impunito dopo una quantità di successi schiaccianti che avrebbero reso odioso ai miei occhi chiunque altro, impunito nel correre quando molti
altri avrebbero smesso e oggi, su un podio che
gli è mancato tanto. Ma il ragazzo non è solo impunito: all’improvviso diventa inaspettatamente
delicato quando qualcuno, anche da lontano, va a sfiorare qualcosa di privato,
e poi gentile, sempre e con tutti, in un mondo dove la boria è più importante
dell’essenza. -Cunego
fa un lavoro da favola per la sua squadra intanto là davanti al gruppetto, è
inutile che dicano che non dovrebbe essere in fuga- Penso che siano
questi i motivi per i quali mi sono potuta godere in diciassette anni nove mondiali e centinaia di pomeriggi (o alzatacce nottetempo) meravigliosi tra vittorie, podi e imprese varie, io che da tifosa di cause perse becco una gara buona ogni
cento! E forse anche perché, essendo coetanei, ho visto lui crescere come me,
con in comune un nome, un colore (io nell’anima Rossa e lui Rossi nel cognome),
un segno zodiacale, e uno smodato amore per la leggerezza del gioco e per la
vittoria, anche se con ovvi e lampanti risultati diversi.
Ma torniamo ad oggi, a questo
secondo posto che mi ha fatto quasi commuovere da quanto è stato bello! -Non vi ho ancora
citato Matteo Rabottini ma la sua fuga solitaria è da applausi-
Dicevo oggi a Les Mans… arrivare secondo è bello, primo è molto meglio, e
questo è assodato, ma qualunque fosse il risultato, l’avete visto come va in
moto quell’uomo? È inutile, non servono il numero, la moto o i colori per
riconoscerlo: guida con una sensibilità assolutamente unica, le sue
traiettorie, le intuizioni, le scelte, rendono i suoi giri di pista
riconoscibili come un Picasso, diversi da tutti gli altri, marchiati di
personalità. E questo che vinca o che perda. Seriamente parlando, oggi chi ha
seguito la gara ha visto per caso qualcun altro? Lorenzo qualcuno l’ha visto? -Porca miseria,
scivolata di Rabottini in discesa…- E Stoner? E il Dovi? E Car
Caracciolo (trascrizione fedele di come il buon Guido Meda chiama Crutchlow)?
Non ce n’è, e non è questione di posti sul podio! È che il mio “rosso” Rossi rende
divertente ogni cosa su cui mette le mani, è che in mezzo a una quantità di
ragazzini che corrono con lui, solo il suo sguardo diventa all’improvviso
bambino e ti da il senso del gioco, del raggio di sole che lo sport deve essere.
Quel modo di correre con serietà e contemporaneamente per gioco è percepibile
anche dalle riprese dall’alto, e lo vedono tutti, appassionati, esperti di moto
o passanti casuali davanti a una tv. Oggi non c'è da chiedersi se Valentino sia tornato o meno, o sia lo stesso o meno, che la sua Ducati non sia la moto dei sogni e che i due stentino a trovare il giusto feeling è assodato. La domanda che vorrei fare io, a giornalisti e commentatori, è se pensano o no che la gara di oggi sia la più divertente degli ultimi due anni. Non dico che senza Rossi la motoGP non sia divertente e non ci sia gusto a guardarla, ma quando lui è competitivo è un'altra cosa, punto. Si chiama talento, personalità, carisma. Non è solo questione di fare velocità, guidare bene una moto e arrivare primi, è la capacità di metter pressione agli avversari, di tentare tutto il possibile ma senza mai essere scorretto, è fantasia e sensibilità di inventarsi una variabile che ti lascia col fiato sospeso ad ogni giro.
Penso che quello di Valentino sia
lo sguardo più adulto della Moto GP, lo si vede quando analizza e spiega gli
errori, o quando gli leggi in viso la consapevolezza dei rischi che il suo
mestiere comporta. -Dai
Rabottini, te la meriti troppo questa tappa, porca miseria!!!- Ma quando dal mestiere e dalla pazienza
che ci vuole per essere dei professionisti credibili, si passa alla gara, al
gioco, fa sempre capolino il bambino impunito, e quel “mi son divertito” a fine
gara diventa il sigillo di un segreto saggio, che ricorda che la vita è un
gioco, e che prendersi sul serio fa venire solo l’orticaria. -GRANDE RABOTTINI!!!!!
Che gara, che gara, che gara!!!!!-
Oggi “the doctor” l’ha dipinta
quella gara, l’ha sigillata con la sua firma inconfondibile -e Rabottini ha fatto
un’impresa bellissima e sono di nuovo in piedi sul divano-: mentre
io urlavo e mandavo a cagare i commentatori che all’ultimo giro rompevano con
frasi tipo “è andato largo”, e Violet li zittiva col tasto MUTE del
telecomando, mamma in cucina ripeteva “dai, dai, dai” come un mantra, perché
“figlia mia, quel ragazzo mi fa morire di paura, ma è troppo bravo, mi fa
emozionare…” e quando è arrivato ha fatto un sospiro. Fatelo vincere pure tutta
la vita Lorenzo, propongo un esperimento: prendete il battito del cuore dei
suoi tifosi per una sua vittoria e confrontatelo con quello di un qualunque
innamorato del motociclismo per un secondo posto di Valentino… poi ne parliamo!
E adesso scusate, che c’è il
processo alla tappa!
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