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Red e i campionati del mondo di nuoto

Premetto che amo lo sport, mi appassiona, mi diverte. Trovo che sia salutare infuriarsi perdutamente per futili motivi e gioire per nulla: aiuta a sdrammatizzare la vita e gli istinti. Mi piace perché ammiro i gesti atletici e la costanza che c’è alle loro spalle, mi incanto a osservare e a intuire strategie e schemi e trovo che nelle loro geometrie si celi uno spiccato senso estetico.
Come diceva il buon Gaber “io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono” e quindi a farla da padrona è il calcio, ma non solo. Degni di memoria sono i giri d’Italia ai tempi della scuola, con arrivo di tappa imposto con intransigenza ai compagni che volevano studiare con me, i sabati pomeriggio a strillare durante il 6 nazioni, la scoperta del baseball con conseguente visione di tutte le finali scudetto 2007 tra Nettuno e Grosseto, questo solo per citare alcuni casi emblematici di impazzimento da sport.
Ma già prima che Brembilla, Rosolino, Fioravanti, Magnini inducessero l’Italia a saltare sul carro del vincitore con un rinnovellato amore per il nuoto, mai forte come oggi grazie alle splendide Pellegrini, Filippi, Cagnotto, devo dire che il passaggio tra la mia infanzia e l’adolescenza è stato sportivamente segnato dalle discipline acquatiche. Sicuramente guardare tuffi e nuoto sincronizzato rapisce qualunque animo sensibile, ma c’è un’altra sensibilità che il nuoto, pur nell’apparente monotonia dell’andare avanti e indietro lungo cinquanta fluidi e azzurrissimi metri, stuzzica. Lo si capisce quando gli atleti salutano a bordo vasca e un minimo di otto paia di braccia supportate da spalle infinite sorrette da addominali perfetti fanno brillare gli occhi di qualunque donna, anche se miope e con occhiali molto appannati (senza nessun riferimento alla mia bellissima mamma). Questo mi è venuto in mente ieri, mentre pranzavamo tutti insieme in famiglia, e all’improvviso sullo schermo è apparsa la staffetta azzurra (n.d.r. con la staffetta il problema ormonale si moltiplica per quattro, e anche mamma deve ammettere, pur rimpiangendo il suo diletto Rosolino, che, se ti dimentichi la faccia, anche Magnini è una benedizione della natura). Vedendoli apparire, dicevo, mi torna in mente quando l’ingresso in acqua lo faceva Luca Sacchi.
Lettrici, parliamone di Luca Sacchi, che è bello come il sole, simpatico, e con la sua voce profonda allieta le cronache sportive da metà degli anni novanta, scatenando una festa ogni qualvolta viene inquadrato, anche per sbaglio!
Ma parliamo anche di un atleta che col bronzo alle olimpiadi di Barcellona mi fece saltare sul divano come una cavalletta, festeggiare come a un mondiale di calcio, emozionare a guardare quegli occhioni blu commossi (scusate, con Sacchi non ce la posso fare).
Io ho una predilezione assoluta per questo tipo di atleti, che hanno talento e grazia, ma soprattutto costanza e amore, che amano la gara e il gioco e vincono con esercizio di dignità e fatica. Non me ne voglia nessuno, ma io ho una folle passione per le cause perse che a volte vincono, così nello sport come nella mia vita. (n.d.r. del mio adorato GIGGIRRIVA che mi rallegra al solo scorgerlo con i suoi inseparabili occhiali da sole in fondo a via Paoli vi parlerò un’altra volta, e con lui del giro d’Italia di Gotti, di Tabarez che guida l’Uruguay ai vertici del calcio mondiale, o della meta di Mauro Bergamasco contro gli All Blacks ).
Premesso ciò, ieri ho visto una gara di quelle che a me piacciono: Dotto, Orsi, Santucci e Magnini sono arrivati quarti, a quattro decimi dagli Stati Uniti. Il podio era lì, a portata di mano, ma una frazione sbagliata basta a perdere il bronzo di una finale mondiale tra le più veloci delle ultime competizioni. Niente medaglia quindi, ma gara stupenda, perché giocata all’ultima bracciata da una squadra di tre giovani e un veterano che non hanno cercato scuse, non hanno fatto i divi, non hanno piagnucolato, ma hanno analizzato onestamente il lavoro fatto e quello da fare, la soddisfazione di una buona prestazione e l’errore di non essere riusciti a farla diventare eccellente. Ieri li guardavo e ripensavo alle gare negli anni di Sacchi, con davanti Darnyi nei misti e Popov nello stile libero, stupendi a danzare sull’acqua, e alla costanza di chi dietro di loro, dava spettacolo ed emozioni.
I mondiali di nuoto sono questo per me, palpitazioni per qualificazioni inattese, per finali acciuffate all’ultima bracciata, oltre che imprese di imprendibili fuori classe che ci riempiono di soddisfazioni e stupore. Sono tifo da stadio e minacce di morte per chi mi passa davanti e mi toglie la visuale e fiato sospeso per la perfezione di gesti atletici che per il mio fisico hanno dell’impossibile. A questo punto che vinca il migliore, e dita incrociate che il migliore non sia il solito cannibale! Se poi il medagliere non sarà quello che speravo me ne farò una ragione!
Anche perché il nuoto è il nuoto, e sul podio c’è sempre qualche consolazione: male che vada dimentico le facce, guardo un po’ più in basso… Un minimo di tre paia di spalle così non possono non farmi tornare il sorriso!

Il commento di Pink:
Una delle cose che mi ha colpito di Red fin da subito è che ci potessi parlare di sport e calcio. Sono tifosissima anche io, ma qui c'è una cosa che mi divide da Red. Io sono una pecora nera, anzi bianconera perché "talebanamente" juventina. In compenso seguo appassionatamente con Red le avventure del Barça di Guardiola e Messi, io per ragioni di cuore (a Barça ci studio), Red per ragioni di affinità cromatiche col Cagliari e per odio (comune) verso Mourihno. Che dire sul nuoto? Concordo con Red e confesso: facevo sogni erotici su Domenico Fioravanti!!! E poi si, mi commuovo stramaledettamente quando vedo Valerio Cleri dopo la 25 km di fondo, e quando sento l'inno nazionale. La fatica dello sport, divertimento e lavoro, mi appassiona come poche cose. A loro va il mio grazie, anche dai miei ormoni!


P.S. ho scritto questo post prima della gara dei 100 rana, e vedo che ha portato bene: sono le medaglie come l'argento di Scozzoli le imprese che mi infiammano!

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