Come anticipato nel post di Red ieri, ecco la versione di Pink sulla pausa caffé!
Se c'è una cosa che tutti sanno è che
i miei ritmi di vita sono rimasti gli stessi della scuola. Vuoi per
ragioni di bioritmo, vuoi per ragioni di gola, vuoi per ragioni di
stomaco, e ultimamente (massì confessiamo!!!) per ragioni puramente
ormonal-sentimentali, io ho bisogno di mangiare a metà mattina. Il
rischio altrimenti è che poi arrivi a casa e mangi anche il
canarino, il piede del tavolo e tutte le portate con pentole incluse.
Per cui bisogna mangiare. Sono golosa, trovo che il cibo sia
un'esperienza che coinvolge tutt'e cinque i sensi, ma quando ho fame
mangerei veramente di tutto. Red mi ha trovato così, che facevo
erroneamente colazione alla macchinetta del caffè vicino al bagno
(orroooooreeeeeeeeeee!!!) e mi ha trascinata in questo tourbillon di
cappuccini e cornetti, di giornali e di tavoli in legno. Sul “che
cosa” si mangi in queste pause caffè, io e Red siamo leggermente
diverse. Red è pressoché una “talebana” del cappuccino e
cornetto alla crema, io ho una versatilità maggiore. Amo il salato,
ma stravedo per i cornetti integrali al miele. Il miele mi da quasi
più soddisfazione della Nutella, e la “morte sua” è
innegabilmente su una sebadas (mio dolce preferito) calda e profumata
all'arancia. Nel suo post Red parla di illazioni sulla mancanza di
produttività lavorativa durante la pausa caffè. Bene, sfatiamo
definitivamente questo mito brunettiano... La pausa caffè serve, ha
ragion d'essere sia per la produttività stessa sia per la
socializzazione. A tutti capita di lavorare “a scoppio”, così
tanto che poi sul cervello abbiamo appeso il cartello “Areare prima
di soggiornarvi”, spesso esiste una mezz'ora in cui siamo tanto
sclerati da non combinare niente: ma quella mezz'ora non è meglio
passarla a prendere un caffè, un dolcetto, fumare una sigaretta e
fare quattro chiacchiere? Si ritorna e si è poi più produttivi. La
pausa caffè è socialità: lavorare in un ambiente di lavoro dove si
è affiatati coi colleghi è importantissimo, e come ci si affiata
coi colleghi se non lontano dalla scrivania? Non vorrete farmi
credere che ci si affiati da morire parlando di Vandali, persecuzioni
antisemitiche, grotte funerarie o simili, no? Le decisioni migliori
si prendono a tavola e a pancia piena, sennò perché esisterebbero i
pranzi di lavoro?
Detto questo, le mie pause caffè
assieme a Red hanno qualcosa di epico. Durante la pausa caffè
nascono le nostre idee migliori, sotto gli influssi odorosi del suo
cappuccino e del mio marocchino è nato questo straordinario blog.
Durante le pause caffè si possono fare incontri interessanti, trovi
il simpatico che ti guarda le gambe spuntare da sotto la gonna, puoi
trovarti a rispondere a quesiti enormi posti da Cercatori di
felicità, brindare ai dolori tra barbera e champagne, nonché ad
organizzare imperdibili iniziative volte alla guarigione dei “dolori
alle giunture” degli archeologi a te vicini (N.d.R. Per il corretto
significato di “dolori alle giunture” si prega di guardare
“Mangia, prega, ama”). La pausa caffè è il momento dello sfogo,
il momento in cui puoi levarti la patina di professionalità e
lasciarti andare all'italianissimo rito del
cappuccino-cornetto-lettura del giornale. Io e Red siamo così:
straordinariamente italiane nella nostra ritualità dei gesti. Come
la cerimonia del té nei paesi asiatici, noi abbiamo il rito della
pausa caffè, che con deferenza e riverenza avviene ogni giorno. Come
dimenticare il disappunto dipinto sulle nostre facce nel constatate
con orrore che il nostro tavolo è occupato (avviso per chi lo occupa
per studiare: al bar si fa pausa, si studia a casa, nelle aule o in
biblioteca), che i croceristi hanno spazzolato ogni pasta e ogni
pizzetta e che qualcuno sta sfogliando il giornale. Orrore! Una volta
è capitato, e quella giornata non è andata per niente bene!
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