Red e la sua visione della pausa caffé, il momento magico in cui, assieme a Pink, rigenera corpo e mente. Domani la visione di Pink!
Ci sono due motivi per cui per me la pausa caffè è un momento fondamentale. Il primo è perché intorno alle undici di mattina il mio fisico è preso da una insopprimibile fame e, se provo ad ignorare questo fatto, si vendica facendo ululare il mio stomaco come un lupacchiotto alla luna, nuocendo così gravemente alla mia fama segnata da un savoir faire radical chicchissimo. La seconda è che, cosa che dovrebbe già esservi nota, sono golosa.
Il cibo, quando è buono, produce in me una felicità incontenibile che sfocia in un luccichio infantile nello sguardo e, se non mi controllo con attenzione, in mugolii, miagolii e uno stato di trans dal quale mi sveglio all’improvviso solo dopo aver finito di deglutire l’ultimo boccone. Bene, io credo fermamente che poche cose al mondo superino il piacere di un cappuccino e cornetto alla crema (in proposito non posso non segnalare il gelato al torroncino di Florio, tra le cose belle che la città di Torino ha dato all’umanità). Il profumo del caffè, per quanto mi riguarda rigorosamente amaro, la consistenza di velluto della schiuma di latte, quella soffice del cornetto e la meraviglia della crema… miaooooooooooo! Vi pare che, ammesso che i prodotti dei distributori automatici fossero qualcosa di mangiabile, una come Red potrebbe passare un momento simile in piedi a guardare il muro? Ecco perché alle undici mi troverete di sicuro in un bar e mai davanti a un’asettica “macchinetta” che, per inciso, dove lavoro è messa ad incastro con la porta del bagno.
Oltre che non privarmi mai e poi mai del piacere della colazione, a me piace condividere la felicità e per questo, ormai dai tempi dell’università il mio arrivo in biblioteca ha preso la forma di una scena del pifferaio magico, con conseguente migrazione, più o meno di massa, verso il bar. Ma comunque, che con me ci siano colleghi, amici, parenti, o che io sia sola, cosa che capita sovente soprattutto quando il lavoro mi porta lontano da casa, io non riesco a far colazione in solitudine. Lo stato di grazia da cappuccino e da cibo può far fare amicizia con baristi e camerieri, che possono chiedere di assaggiare una seconda pasta per avere un parere da dare al nuovo pasticcere, può indurre un turista francese a chiedere “le cette de la madame”, può sospendere un pranzo di lavoro tra banchieri nell’osservazione stupita di un mugolio, può far offrire il caffè da un vecchietto sdentato che solleva il suo boccale di Icnusa in segno di saluto, può far tornare il sorriso sul viso dei vigili urbani in pausa, insomma tutto è possibile durante una pausa caffè. E questo lo sa anche Pink, che ho avuto il merito di iniziare a questo meraviglioso rito, strappandola dalle grinfie dell’orrido distributore. Parlare della Pausa Caffè con lei, la mia carissima Pink, aprirebbe un capitolo a parte, e non posso svelarvi tutti i segreti della “rassegna stronza live”. Vi basti sapere che questo blog è solo una delle milioni di idee figlie di questo “magic moment” quotidiano. E, sappiatelo, prima o poi le realizzeremo tutte. Detto questo diventa facile smontare l’abusata idea che la pausa caffè sia tempo rubato al lavoro e abitudine da fannulloni: a chi ha un pensiero così poco originale e male argomentato secondo me non basterebbe una vita per produrre la metà di quel che io e Pink siamo capaci di inventare nel tempo di un cappuccino! E se proprio noi non vi bastassimo ad esempio, pensate ai frequentatori storici dei caffè di Torino, Venezia, Vienna, guardate le foto appese alle pareti del caffè Sant’Eustachio a Roma! Ragionando su questo mi chiedo: posto con onestà che le ore di lavoro vanno fatte a lavoro, non sarà forse perchè la pausa caffè ha in sé la parvenza di un istante di felicità popolare e poco costoso, ma è anche rilassatezza, ponderatezza e condivisione delle idee, cioè le cose che hanno fatto grande la cultura italiana ed europea, che ministri e manager molto in voga (ndr per identificarli senza citarne i nomi, propongo la loro somiglianza a un pelo incarnito, chi per simpatia, chi per dimensioni), ne hanno un’avversione pari solo a quella di Superman alla criptonite?
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