Sole
A Cagliari (lat. 39°21’; lon.
9°13’; alt. 4m s.l.m.) il Sole sorge
alle 6:42 e tramonta alle 18:24.
Luna
L’11 marzo, alle 20:17, la Luna raggiunge
l’apogeo. Rimane crescente per tutta la settimana e il 16 marzo, alle 17:11,
sarà Luna Piena.
Nel corso della notte tra il 10 e
l’11 marzo la Luna completa l’attraversamento della costellazione dei Gemelli, dove brilla luminosissimo il
pianeta Giove.
Cielo del Mese, i
Pianeti
Giove, il pianeta più luminoso del cielo serale di questo periodo,
è ancora ben visibile dopo il tramonto, anche se l’intervallo di tempo per
osservarlo si riduce costantemente nel corso del mese. A fine marzo lo si potrà
osservare a Sud-Ovest nelle prime ore di oscurità e ad Ovest, già piuttosto
basso sull’orizzonte, dopo la mezzanotte. Giove si trova nella parte centrale
della costellazione dei Gemelli, dove
rimarrà ancora per tutto il mese. I quattro satelliti galileiani, Io, Europa,
Ganimede e Callisto, si mostrano come piccoli puntini bianchi che danzano da
un lato all’altro del pianeta sulla linea dell’equatore.
I Santi
10 marzo: san Macario di
Gerusalemme
11 marzo: san Costantino
12 marzo: sant’Innocenzo I papa
13 marzo: santa Cristina
14 marzo: santa Paolina
15 marzo: santa Luisa de Marillac
16 marzo: sant’Eusebia badessa
La Notizia del
Giorno… un Anno Dopo
Avverto i miei “sette”
affezionati lettori che, per ora, questa rubrica è sospesa.
Feste, Ricorrenze Curiosità
L’11 marzo è la Giornata Europea delle Vittime del
Terrorismo
Il 13 marzo 1914 nasceva Giovanni
Lilliu. Il vero e unico Pater
che la Sardegna e la sua Storia possa, secondo noi, riconoscere! Una data da
non dimenticare, da ricordare e celebrare.
Il 14 marzo, invece, è il π day. La prima volta si festeggiò nel
1988 all’Exploratorium di San Francisco.
Il Lama Racconta
I luoghi sono come la
gente. Esistono, vivono. Portano dentro delle storie. A volte tristi, altre
liete. E ce le narrano, se solo abbiamo occhi per guardare e orecchi per
ascoltare. Ma i luoghi, come le persone, portano dentro anche dei desideri:
sono storie fantastiche, di quelle che si dipanano tra il sogno e la veglia,
tra la veglia e il sonno. Spesso non raccontano ciò che è accaduto realmente,
ma dicono chi si è nel profondo. Perché i luoghi, come le persone, sono molto
più simili ai propri desideri che alla cruda realtà…
Quella che vi racconto oggi, può
sembrare una storia piccola e insignificante. Invece è ricca di quella fantasia
popolare che dona e ridona anima ai luoghi, che spiega il loro fascino, la loro
bellezza. Che li mitizza. Che provoca paura, in caso di pericolo, o la tiene
lontana, lasciando tuttavia intatta l’aura di mistero che li avvolge. Perché la
curiosità è dentro di noi, e ci spinge ad indagare e spiegare. Ma è dentro di
noi anche la fantasia, e spinge ad immaginare, a creare e ricreare luoghi di
sogno. A narrare racconti e a fissarli in leggenda. C’era una volta, una
fanciulla bella come il sole d’estate e forte come il vento di maestrale. Abitava
in un piccolissimo villaggio al centro della Sardegna, alle porte della città
di Nuoro. La sua era una famiglia povera, ma non misera, ché lavoravano tutti
in campagna, da sole a sole, e la terra sapeva essere generosa con chi non le
lesinava cure e fatica. Aveva tre fratelli, e la mattina presto uscivano tutti
insieme per andare in campagna. Loro portavano gli attrezzi più pesanti e sa bertula con il pranzo, mentre lei gli
girava attorno per tutto il tragitto, canticchiando e facendo saltare i piedi
leggeri al ritmo del canto. Amava ballare, era la sua gioia e il suo più grande
divertimento, e ballava tutte le volte che poteva, sia in casa che fuori. I
fratelli lo sapevano e la portavano con loro a Nuoro nei giorni di festa in
piazza, quando si accendevano i fuochi e attorno ad essi si aprivano le danze e
i più forti e tenaci si scioglievano dal cerchio de Su Ballu Tundu, solo quando le dita chiare di Aurora carezzavano il
cielo nero, a scacciare il buio della notte che volgeva al termine. Allora i
fratelli la prendevano sottobraccio e, insieme, facevano ritorno a casa, tra
racconti appresi in città, confidenze e risate e ancora qualche brinchidu accennato lungo la via. I
giovani di Nuoro erano tutti segretamente innamorati di lei, e le ragazze,
invece, morivano di invidia a vederla ballare e ridere instancabile per tutta
la notte. Lei non si occupava né degli uni, né delle altre: pensava alla
famiglia, ai suoi fratelli e ai campi. Era felice così, di ciò che aveva, dei
colori della sua terra e del suo cielo. E questa felicità continuava a fluire
da lei e a tramutarsi in canto e danza, sempre, senza che lei nemmeno se n’accorgesse.
Era noto a tutti, anche in quei tempi antichi, che si danza a Carrasegare e si vive di penitenza e
mortificazioni in Quaresima. Così un
giorno capitò che tornasse a casa dalla campagna, sola, prima del tempo: l’avevano
fatta chiamare perché la madre, anziana, aveva bisogno di lei. Il sole
brillava, gli alberi e i campi erano fioriti e festosi. Gli uccellini cantavano
nel fare il nido e preparavano le parate nuziali per attirare le compagne. Le
lucertole godevano il primo caldo sole della stagione. E una brezzolina gentile
carezzava l’erba e i capelli. Arrivò all’altopiano, l’ultima svolta verso casa.
Guardò il paesaggio tutt’attorno e vide quella meraviglia e il cuore le si
riempì di allegria. Non si accorse che i piedi si mossero: prima un lieve
accenno, poi qualche passo. Ballava! Furono pochi i passi, a dire il vero.
Passava di là la vecchia perpetua del curato e un grido stridulo attraversò repentino
la campagna: “Malaitta!”. Non si poteva ballare in Quaresima, che fosse maledetta
quella giovane sciagurata che non si curava dei divieti divini! E la
maledizione arrivò. Fulminea. La fanciulla divenne pietra, irrigidita dallo
spavento e dall’invidia di chi, anche se avesse voluto, non avrebbe più potuto
danzare alla vita che le sbocciava attorno. Ma la Madre di Dio, da lassù, fu commossa
della fine toccata in sorte alla povera fanciulla e volle concederle in eterno
la meraviglia della danza. Così la “pietra” non posò mai stabilmente a terra e,
appena soffia una brezza leggera, prende a dondolare, come dondolano i fianchi delle
donne della Sardegna, nella tipica danza che le accomuna. Sa Perda Ballerina, da quel giorno, danza in ogni tempo, basta che
sorga il sole e tiri il vento (Sa Perda
Ballerina, liberamente tratta da una leggenda popolare della Sardegna, Violet
per La Rassegna Stronza).
Così Parlò zio Gecob
Ogni vera gioia ha una paura dentro.
Così aggiunse Violet
E così festeggiamo il nostro post numero 1500!!! Grazie a tutti voi!
Commenti
Posta un commento