Ho pensato a lungo a come farvi gli auguri, per questa Pasqua.
Ho pensato di scrivere qualcosa, una riflessione, una storia... poi ho ricordato che lo scorso anno, sull'Almanacco della settimana di Pasqua, pubblicai questo: non è una storia e non è una riflessione. Credo sia l'intreccio tra l'una e l'altra.
Credo che, come tutto ciò che scriviamo, dica il mio modo di vedere la Pasqua, da donna di fede e di speranza e di amore. Così, per ora, lascio a questa riflessione le ore di attesa che ci separano dal rinnovarsi del suono delle campane, dal rinnovarsi della gioia per la vita nuova, dal rinnovarsi della festa per l'incontro. Perché, se il dono più grande del Cristo Risorto è la pace, questa è possibile solo incontrando Lui, che ce la dona, e incontrando gli altri con cui "farla".
Auguri, auguri a tutti. Che sia un'attesa carica di amore e di speranza. Che sia un giorno di Pasqua senza fine, carico di pace
È notte. Nera e buia.
È appena trascorso il giorno
di festa, ma per questa donna è stato il giorno di lutto più fondo e più cupo
della sua esistenza. L’alba è ancora lontana. E lei teme che in realtà non la
vedrà mai più. Troppe lacrime la offuscheranno. Troppe notti insonni la
vedranno, stremata, assopirsi proprio quando riparte la vita.
Le hanno ucciso
il figlio, due giorni fa. Il suo unico figlio. Il figlio di tante speranze. Il
figlio buono. Tenero, amorevole. E forte. Il figlio che sapeva parlare ai cuori.
Che sapeva guarire. Le ferite dell’anima, le malattie del corpo, i possessi
malvagi della mente. Appeso. Come il peggiore dei malfattori. Trafitto. Lei era
lì, ha visto tutto. Eppure non riesce a crederci. Se chiude gli occhi e
ascolta, sente il vuoto attorno a sé. Vuoto anche della sua presenza, così
presente persino nelle assenze.
Ma, pian piano percepisce qualcosa. Non è il
figlio a farle visita. È la speranza.
Non può stare chiusa. Uscirà. Percorrerà le strade del quartiere, della città.
Del mondo. Se sarà necessario rovisterà ogni angolo, anche quelli più remoti.
Più bui. E lo ritroverà.
Anche un’altra donna veglia.
Si chiama come lei, ma è
giovane. Ha avuto una vita dura. Poi è cambiata, quando ha incontrato suo
figlio e lei. Si è sentita rinascere. Si è sentita salva. E viva.
Anche lei due
giorni fa era sul luogo dell’esecuzione. Anche lei ha visto tutto. Anche per
lei non c’è stata festa, ma solo angoscia. Anche lei esce.
Non la guida la
speranza, ma l’amore. Non può
attendere l’alba per incamminarsi ad ungere il corpo dell’uomo che l’aveva
salvata. E va’. Al buio, ma va’. Senza speranza. Ma va’.
Esce.
È notte di
Maria, questa notte. Notte di speranza e d’amore.
L’alba, che sembrava così
lontana, che sembrava impossibile, arriva.
E le trova in due luoghi diversi.
Maria di Magdala vicina la sepolcro.
Maria, la Madre, per le strade del mondo,
alla ricerca del figlio. Di quel figlio troppo speciale per rimanere tra i non
vivi!
Come la notte è stata notte di ricerca. Notte di speranza, notte d’amore.
Questa è un alba di vita. Un’alba di incontri,
di gioia e di pace!
Nella mia Terra, la mattina di Pasqua è giorno de
“s’incontru”.
Esce la Madre, da una chiesa, da una cappella. Esce il Figlio.
Percorrono le strade, dei paesi, delle città. Poi, finalmente, si scorgono. Da
lontano. Nella piazza, si riconoscono. Si inchinano. Si salutano.
E Maria, con
gesto e vezzo del tutto femminile, cambia velo. Da nero, a bianco. Dal lutto,
alla gioia.
Ché non si può essere tristi, neanche nell’abito, davanti a quel
figlio Vivo per sempre!
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