Rosalind Franklin: La Dark Lady del DNA
Molte volte ci si
chiede: quali donne hanno fatto veramente grande l’umanità?
La storia di
Rosalind Franklin può sicuramente dare una risposta a tale riflessione anche se
molti, leggendo questo nome, si chiederanno: “chi era costei”?
Nel 1963 sul podio
per la consegna del Premio Nobel per la scoperta della struttura del DNA
mancava uno scienziato il cui contributo è stato fondamentale: si trattava di
una ricercatrice.
Rosalind Franklin
era nata a Londra il 25 luglio 1920
in una importante famiglia di
banchieri di origine ebraica. Fin da piccola voleva fare la
scienziata, contro il volere di suo padre decise di dedicarsi allo studio
delle scienze naturali.
Si iscrisse alla Facoltà di Chimica e Fisica
dell'Università di Cambridge dove si laureò e conseguì il dottorato con
ricerche inerenti le caratteristiche colloidali del carbone e ben presto si impose, come
una delle più brillanti ricercatrici di genetica al King's College di Londra,
dove erano iniziate le ricerche sul DNA. Alla stessa ricerca lavoravano
contemporaneamente all'Università di Cambridge il biologo James Watson e il
biochimico Francis Crick.
Rosalind
Franklin dal 1950 iniziò ad applicare il metodo della diffrazione a raggi X,
tali sperimentazioni le permisero di definire le caratteristiche strutturali la
cui interpretazione ha permesso di dedurre la struttura del DNA.
Rosalind
Franklin aveva 33 anni quando nel febbraio del 1953, sul suo taccuino di appunti scrisse che “il
DNA è composto da due catene distinte”, due settimane dopo Crick e Watson
costruirono il loro celebre modello della struttura del DNA, in un laboratorio
dell’ Università di Cambridge.
Le
istruzioni per costruire il modello arrivarono ai due scienziati attraverso
delle copie rubate di fotografie, scattate dalla Franklin, in particolare la
foto n. 51, dove appariva chiaramente la struttura della molecola del DNA.
I suoi studi e i suoi contributi al progetto per Watson e Crick furono
determinanti, ma il fatto di essere donna, e per di più ebrea, non le
consentirono di ottenere il giusto riconoscimento per il proprio fondamentale
lavoro. Il modello della "doppia elica" consentirà alla celebre
coppia di scienziati di conseguire il premio Nobel, ma Rosalind Franklin sarà
già morta da dieci anni.
Morì infatti prematuramente, a soli 37 anni, a causa di un tumore alle
ovaie, probabilmente generato dalla continua esposizione ai raggi X.
Negli articoli pubblicati da Crick e Watson sulla rivista "Nature"
nel 1968 non comparve mai il riconoscimento dell'apporto dato alla ricerca
dalla scienziata, tali articoli
contengono infatti 98 citazioni e nessuna delle pubblicazioni della Franklin è
specificamente menzionata.
Oggi il lavoro della Franklin viene riconosciuto essenziale per la
scoperta, ma non si possono dimenticare le parole di Watson che la definì come
"La terribile Rosy, dal pessimo carattere e gelosa del proprio lavoro, la
nostra Dark Lady”.
Rosalind Franklin dovette
affrontare un ambiente ostile alle donne, che in parte la ostacolò nell’emergere
nel panorama internazionale come scienziata, ma il suo forte spirito di
indipendenza e la sua indiscutibile intelligenza le hanno permesso di imporsi
comunque nella storia della scienza tanto da far sorgere la necessità di una
rivalutazione storica del suo lavoro.Le difficoltà che dovette affrontare,
unite alla prematura morte che non le hanno permesso di ricevere il giusto
riconoscimento ne hanno fatto un’icona del movimento femminista nelle scienze.
Un riesame dei suoi lavori, ha svelato che la ricercatrice soffriva molto a
causa dell’ambiente in cui viveva, per il fatto di essere una donna e per la
sua posizione sociale e religiosa. Il suo disagio era tale, che appena le fu
possibile si allontanò dalla struttura, anche se a detta dei suoi collaboratori,
probabilmente era ad un passo da dedurre lei stessa la struttura del DNA. Dai
suoi scritti non trapela nulla che riguardi un moto di amarezza o di dispiacere
per la scoperta operata dai due ricercatori basandosi sui suoi studi a sua
insaputa, anzi rimase sempre in ottimi rapporti con Crick, con il quale passò
molto tempo, soprattutto durante i periodi di convalescenza della sua malattia.
Probabilmente mai avrebbe immaginato che la sua storia venisse in futuro
interpretata come quella di un eroina mancata del DNA, e che al King’s College
di Londra, che lei non aveva amato, le dedicassero addirittura un edificio, il “Franklin-Wilkins
building”.
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