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Ritratto di Signora. Medea by Red



Tutte le donne devono fare i conti con il loro lato oscuro. Prima o poi, almeno per un istante, il rosso che c’è dentro una donna si fa scuro come il sangue, si fa vicino al nero. Ogni donna lo deve sapere, ogni donna in un modo diverso è madre, e ogni donna in un modo diverso è Medea.
Tutte siamo state la Medea libera, forte, sapiente della giovinezza in Colchide, la figlia del Sole tutta slanci e coraggio, tutte siamo state colpite dalla freccia di amore e siamo diventate cieche, disposte a tagliarci pezzi di vita e d’anima purché il nostro amore non dovesse preoccuparsi di nulla, tutte abbiamo portato in grembo i figli di quell’amore grande, li abbiamo partoriti. Tutte un giorno li abbiamo voluti distruggere, tutte abbiamo ucciso un giorno i frutti degli amori che ci hanno segnato la vita, quando sono stati rinnegati da chi con noi li aveva generati, e l’abbiamo fatto perché non venissero violati, oltre che per andare avanti. Ogni donna è giusto che sappia questo di sé, e che si perdoni e perdoni i suoi amori.
Non siate Giasone, non pensate solo agli affari di letto. Parlo di tutti gli amori, e di tutti i figli.  
La storia è raccontata dagli uomini, anche quella di Medea. Così la si immagina tenera e innamorata nella parte più atroce della sua vita, quando folle d’amore distrusse la sua famiglia con l’inganno e le arti magiche. Quando aiutò la “civiltà” dei vincitori contro i “selvaggi” il racconto del mito è lieve, nonostante la scia di violenza che il suo amore per Giasone generò. Il suo velo bianco macchiato del sangue del fratello non turba la parte di civiltà che la sta portando via dalla sua patria. Non abbiamo il racconto di come Medea attese e partorì i suoi figli, non il racconto di quando guardando il Sole sentiva di averlo tradito, e abbassando il suo sguardo sull’uomo che amava e i sui suoi figli ingoiava il rimorso e rianimava il sorriso. Sappiamo bene come li uccise, dopo aver ucciso la donna, o meglio l’erede al trono e il re suo padre, coloro che portavano via a lei e ai suoi figli l’unico legame sopravvissuto al loro atroce destino. Li uccise perché Giasone non avesse più nulla, li tenne con sè fuggendo sul carro del Sole, suo avo, riconquistò la sua storia annegando nel sangue tutto ciò che aveva costruito.
Togliete Giasone, eliminate la violenza e il sangue reale, pensate all’amore universale, quello per il mondo, gli ideali, l’umanità, anche per gli uomini se volete. Ditemi se è possibile superare un amore senza avere in grembo un figlio, che sia un progetto, un desiderio, un qualunque castello in costruzione, un’idea piccola e preziosa che culliamo ogni notte e nutriamo ogni giorno. Ditemi chi non è stata tradita da un amore, e non siate Giasone, non svilite il dolore dell’abbandono. Ditemi in quante non siamo tornate in noi stesse portando i nell’anima i cocci di ciò che noi stesse avevamo distrutto, amando per sempre quei figli perduti.
Ogni donna dovrebbe vedere in sé Medea, quando sente l’irrefrenabile impulso di rinunciare a sé stessa per amore, ogni donna dovrebbe riconoscersi nelle altre donne e in questo archetipo quando non sapendo dove guardare per andare avanti sente l’istinto di distruggere i sogni, i progetti, le idee ed anche i ricordi traditi.
Tutte dovremmo sentirci sorelle di Medea, il giudizio non dovrebbe arrivare dalle donne. Non dovremmo dare giudizi, perché tutte siamo anche Medea. Quella atroce e selvaggia insieme a quella coraggiosa e fedele. Basta guardarsi dentro senza ipocrisia e sentirsi comunque sorelle, basta fare un respiro e sentire le declinazioni del rosso che ci portiamo dentro, basta trovare la strada per non perdere la nostra essenza come fece Medea trovandosi sola, solo così potremo diventare una vera forza. 

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