Quando sono nata
ero un fior di bambina di quasi 4 kg, florida e rosea, ma piena di
allergie fin dal primo cambio di pannolino. Il mio problema con la
cucina è sostanzialmente questo: sono allergica a due cose che però
sono contenute in tre quarti di ingredienti ed elementi (compreso il
nucleo terrestre). Altro piccolo dettaglio introduttivo: soffro di
gastrite. Tutto questo tecnicamente è limitante, ma la pratica è
molto molto diversa. Sono praticamente sempre “a dieta” e uso le
virgolette perché in realtà non ho limitazioni ma regole alimentari
precise (semplicemente mangiare poco e spesso, privilegiare i secondi
a pranzo e i primi a cena, evitare quello che soggettivamente mi fa
venire bruciore di stomaco). E come la mettiamo con le allergie? Dopo
due mesi, a 12 anni, passati tra carne di vitello al vapore, pasta in
bianco e tra i vegetali e la frutta l'ampia scelta si riduceva a
cavolfiore, mela e pera, ho avuto una crisi isterica. Non sono mai
stata una gran mangiona, nonostante ai tempi del seggiolone mi
facessi fuori da sola un polletto amburghese, ma privarmi di tutto mi
costringeva ad un esistenza di grigiore alimentare. Così ho
sperimentato su di me i limiti del mio corpo e della mia soglia di
resistenza. Attualmente mi privo completamente dei pomodori (solo
crudi) e, spesso ma non sempre, delle pesche. Tutto il resto è nel
mio menù. I pomodori non li mangerei comunque, da bambina mi
obbligavano non sapendo che ero allergica e stavo sempre malissimo
dopo averli mangiati, ma molto anni dopo i miei capirono che non
erano capricci. Non mangerei mai i gamberi lo stesso giorno che ho
mangiato salame, tuttavia le mie allergie non mi limitano. E
comunque, anche se morissi sarebbe a stomaco pieno! Si, decisamente a
stomaco pieno. Il cibo è soddisfazione a 5 sensi: vista, olfatto,
udito, tatto e gusto. Vista: scelta degli ingredienti e composizione
del piatto; non si può cucinare una buona pietanza (sia essa pasta e
fagioli o fondente al cioccolato con salsa ai frutti di bosco e
gelato a pistacchio -Grazie Luigi Pomata-) se gli ingredienti non
sono di prima qualità e una buona presentazione fa gran parte del
successo del piatto; inoltre per cucinare bene bisogna vedere bene
ciò che c'è in pentola e come esso cambia. Olfatto: un piatto con
un buon odore è più invitante, nella preparazione sentire gli odori
che il cibo fa è indice di esecuzione corretta (avete presente
l'odore di un soffritto bruciato? O del pollo incendiato nel forno?).
Udito: sentire gli sfrigolii, il rumore del sugo che bolle lentamente
in pentola, della carne sulla griglia, della pasta che viene scolata,
non sono rumori meravigliosi? Tatto: è un'esperienza che i pediatri
raccomandano fin dall'infanzia, insegnare ai bambini a sporcarsi le
mani col cibo, non si deve avere paura di toccarlo, di sentire nelle
mani la consistenza, di leccarsi le dita dopo aver finito, toccare la
consistenza del cibo per sapere se è buono (o scegliete frutta e
verdura alla cieca???). Gusto: non c'è da aggiungere molto, la
sublimazione dei sensi alimentari, dalla semplice mela mangiata al
volo, alla pizza, finendo ai piatti complessi.
I
miei gusti sono vari, amo la cucina rustica e semplice, mi esalta la
zuppa di lenticchie o la pasta coi broccoli, ma stimo anche piatti
più elaborati come il fondente che ho descritto prima o le ostriche
in tempura su salsa di formaggio Asiago. Purché sia buono. Ho una
grande fortuna, mia madre cucina benissimo a detta di tutti e mio
padre, oltre che Gran Maestro Spongiatore (rimando al post di Red) di
impasto di zeppole, è stato uno dei più noti e bravi pizzaioli
della città vincendo anche dei premi. È una soddisfazione per me
quando qualcuno mi dice che è cresciuto con le pizze di mio papà,
perché so che è cresciuto bene, vedendo i risultati che ha avuto
con me e i miei fratelli. Attualmente vedergli fare l'autopsia delle
pizze è uno degli spettacoli migliori della famiglia! A detta di
molti anche io cucino bene e me la cavo pure con le pizze! C'è da
aggiungere poi un'altra cosa di cui mi vanto: sono sarda e la cucina
sarda è uno spettacolo plurisensoriale. Splendida è la visione di
una “schidonata” (ehm... come tradurre? Venite in Sardegna e
vedete che è meglio!) di maialetti e fanculo (e qui ci sta eh!) a
chi sostiene che sia una crudeltà mangiare animali lattanti. Superbo
è il sapore di una fregola con cozze e arselle, o di uno spaghetto
coi ricci di mare. Indimenticabile il profumo del torrone appena
fatto ancora caldo, di una malvasia appena stappata, la forza del
cannonau e delle bacche di zinnibiri (ginepro), lo spettacolo del
tonno rosso di Carloforte e della bottarga di muggine di Oristano, i
biscotti di Fonni, i culurgiones con le patate e la menta conditi col
ragù con la carne tagliata al coltello che fanno in Ogliastra, la
pecora in cappotto, il profumo d'arancio e miele della sebadas, la
fainé sassarese, l'agliata di Alghero, su pan'e saba di mia zia di
Laconi, su casaxedu, il semplice e rinnomato malloreddu alla
campidanese (mì di mettere lo zafferano nel sugo o siete morti!), la
durezza marmorea del gattò (esatto: gattò e non gateau). Per quanto
io mi diverta a guardare i programmi di cucina di Gordon Ramsay o di
Alessandro Borghese non dimenticherò mai la precisione millimetrica
di mia nonna nel fare i ravioli, o la gioia in cucina di Signora
Luisa che friggeva frittelline di gianchettu e che a fine pasto (un
pranzo di almeno 12 portate ci cui non me ne sono persa nemmeno una,
perché è una buona regola materna che a tavola bisogna onorare il
cibo e la fatica di chi ha preparato... E poi perché era tutto
buonissimo!!!) sentenziò con le lacrime agli occhi, guardando mia
mamma, in questo modo: “Ah, o Dolores, gì pappara sa pippia! Ta
cosa bella!”.
P.s.:
Il giorno in cui mia madre ricambiò l'invito di Signora Luisa mi
chiese di fare il tiramisù. Dopo averlo assaggiato Signora Luisa
disse al marito: “Pappa, chi cust'è bobboi!”. Mi sono commossa
io. Detto da lei...
Commenti
Posta un commento