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Foto da web http://www.benmcraephotography.com/index.html |
A quel tempo, la Terra
era giovane, ricca di suoni e di colori. Il Dio Supremo l'aveva
creata bella e accogliente, tonda e sinuosa. Era il suo gioiello,
piccolo scrigno di vita nel vasto Universo. Era la gioia dei suoi
occhi e il sorriso del suo cuore e, ogni giorno, aveva in serbo per
lei un dono: una volta era un fiore profumato, un'altra era un
ruscello rinfrescante, un'altra ancora una farfalla dal battito d'ali
lieve come una carezza. Il Dio Supremo aveva davvero un'infinita
fantasia e amava la varietà e la diversità, così la Terra, pian
piano, si trovava ad accogliere esseri piccoli accanto ai grandi,
immensi e minuscoli, fragili, forti, teneri, veloci o lenti...
Doveva essere un caldo
giorno di primavera – uccelli dalle grandi ali cercavano un albero
che accogliesse il loro nido, i grandi erbivori della savana
bramavano riparo dal sole di mezzogiorno – quando il Dio Supremo
regalò alla Terra il primo Baobab.
Il Baobab era l'albero
più grande che la Terra e il Cielo avessero mai visto, con il tronco
possente per sostenere la volta stellata della Notte, che scendeva ad
abbracciare la Terra e il Mare, quando il Sole, stanco, colorava di
rosso la sera per correre verso il riposo. L'immenso albero aveva
rami forti, per offrire riparo ai grandi uccelli e a numerose
scimmie, e frondosi, ricchi di foglie, come mille occhi aperti,
pronti a cogliere le bellezze della Terra e il luccichio delle stelle
del Cielo.
Era così magnifico il
primo Baobab che gli dei minori scesero a rendere omaggio alla nuova
creatura uscita dalla mano del Dio Supremo. Il Dio della Pioggia si
offì di colmare la sua sete, il Dio del Vento di trasportare lontano
i suoi semi, perché tutti gli angoli della Terra potessero godere di
tanta bellezza, e il Dio del Fulmine gli promise che, quando fosse
diventato molto vecchio e i suoi giorni fossero volti al termine, i
rami secchi e spezzati, grazie a lui, sarebbero diventati nuova
terra, vita rinnovata tutt'intorno.
All'inizio, il Baobab
ricevette con gioia ogni dono e, per molti molti anni visse felice e
in pace con tutti, anche con gli dei minori, nutrendosi con la
pioggia, affidando ai fulmini i rami che si seccavano e al vento i
suoi semi che, appena trovavano il grembo accogliente della Terra,
germogliavano e davano vita a nuovi, meravigliosi, Baobab.
Un brutto giorno però,
all'arrivo dell'inverno, i Baobab della savana iniziarono a
protestare in coro contro la pioggia e il vento, che disturbavano il
loro sonno, e contro i fulmini, che rovinavano la loro splendida
chioma.
Gli dei minori furono
molto dispiaciuti dell'ingratitudine dei Baobab e provarono a
ragionare con essi, ricordando l'importanza dei doni che offrivano.
Ma i Baobab, resi ciechi dalla superbia e dall'orgoglio, urlarono più
forte e nominarono un portavoce che parlasse al Dio Supremo, affinché
togliesse ogni potere al Dio della Pioggia, al Dio del Vento e al Dio
del Fulmine, e non arrivasse più l'inverno nella savana.
Il Dio Supremo scese
sulla Terra, si sedette al suo tribunale e ascoltò tutti.
Per primo parlò
l'Inverno e disse che il vento e la pioggia erano fonte di vita per
la savana. Spiegò che gli alberi, al suo arrivo, perdevano le
foglie, ma questo permettava loro di riposare i rami stanchi e di
essere ancora più belli e forti a primavera.
Tutti gli abitanti della
savana annuirono, tranne i Baobab.
Allora fu data la parola
al rappresentante dei Baobab, ed egli disse che i Baobab erano grandi
e forti, i più belli e i più forti tra tutti gli alberi, e non
avevano bisogno di nessun inverno, né della pioggia, né del vento e
tantomeno dei fulmini, per vivere. Anzi, senza tutto ciò, sarebbero
stati ancora più belli e forti.
A quelle parole un filo
di paura attraversò tutti gli abitanti della savana.
Infine parlarono gli dei
minori e dissero che l'egoismo dei Baobab era pericoloso per la vita
stessa della savana: è vero, ammisero, l'arrivo dell'inverno porta
una piccola morte nella savana, ma nessuna creatura può vivere senza
il riposo di quella stagione. Non c'è vita senza la pioggia che
nutre, non c'è vita senza il vento, che conduce i semi verso una
nuova dimora, e non c'è vita senza il fulmine, che brucia e rende
alla terra ogni ramo secco, quando ha fatto il suo tempo.
Il Dio Supremo tacque a
lungo prima di prendere una decisione. Voleva bene ai Baobab, erano
una delle sette meraviglie che aveva regalato alla Terra. Ma dovette
ammettere che, proprio la grandezza, la forza e la bellezza, li
avevano resi ciechi ed egoisti.
Quando il Dio Supremo
parlò, la sua sentenza fu terribile: “Il vostro egoismo – disse
ai Baobab – vi ha resi ciechi. E d'ora in poi sarete ciechi per
sempre”.
Poi aggiunse: “Poiché
le foglie sono gli occhi degli alberi, da oggi tutti i Baobab del
mondo nasceranno capovolti, con le radici al posto dei rami, e non
potranno più vedere le bellezze della mia Terra!”.
E così fu.
Presto la punizione del
Dio Supremo si avverò. I Baobab nacquero ciechi, con le radici
rivolte al cielo, a implorare il dono della pioggia che nutre e porta
vita.
La Madre Terra, avanti
negli anni, dopo aver accolto tanti nuovi doni del Dio Supremo, un
giorno, decise di intercedere per quei grandi alberi. Il Dio Supremo
la ascoltò e oggi i Baobab hanno foglie e fiori e frutti. Le
farfalle si nutrono ai loro fiori, donando in cambio carezze gentili,
le scimmie ne mangiano i frutti e gli uccelli trovano riparo e riposo
sui loro rami. Solo durante la stagione delle piogge, però, a
ricordare a tutti che abbiamo bisogno di pioggia, vento e fulmini,
per vivere. E che senza l'inverno non può venire primavera.
Per il resto dell'anno i
Baobab tornano spogli e ciechi. Grandi colonne tra Terra e Cielo. Con
le radici in basso, ancorati alla madre che dona nutrimento, accoglie
i semi e germoglia nuova vita, e con le radici in alto, a sostenere
la Notte stellata e nutrirsi di desiderio.
Liberamente ispirata
ad una leggenda africana, I grandi alberi capovolti.
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