Perdonatemi
in anticipo se vi sembrerò scontata ed in preda ad un attacco di facile e
populistica retorica, ma vi assicuro che non è così. È una necessità. Una semplice
necessità dire il mio dissenso con una Repubblica che in 68 anni di vita non sa
trovare modalità di festeggiare se stessa, di commemorare un anniversario
importante come quello della propria nascita, in un modo diverso da una parata
delle Forze Armate.
Facciamola
il 4 novembre, questa parata. Facciamo sfrecciare quel giorno le Frecce
Tricolore nei cieli d’Italia. Se lo facessimo in quel giorno, verrei anche io
dotata di tricolore da sventolare. Lo prometto.
Ma
non oggi. Oggi si ricorda il Referendum che disse “Repubblica”; oggi si ricorda
che uscivamo da una guerra devastante e da un regime disastroso e brutale; oggi
si ricorda il via al processo che diede vita alla Costituzione e alle
Istituzioni democratiche italiane; oggi si ricorda la prima volta del voto alle
donne!
L’Italia
è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al
popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione
(Costituzione della Repubblica Italiana, Articolo 1).
Sapete
che m’immagino io per onorare questo giorno e questo incipit della nostra Legge
fondante?
Primo.
I negozi chiusi, perché il diritto al lavoro si celebra anche con il rispetto
del giusto riposo del lavoratore.
Secondo.
Che vengano celebrati tutti coloro che reggono la baracca di questa nostra a
volte meravigliosa spesso sgangherata democrazia. Vogliamo fare una sfilata? Iniziamo
da coloro che si sacrificano nella cura dei disabili, degli anziani, dei malati
cronici. Poi mettiamoci gli infermieri, i medici, i vigili del fuoco, gli
insegnanti e gli educatori. Aggiungiamo i contadini e i pastori, tutti coloro
che fanno lavori pesanti, nascosti e indispensabili. Tutte le professioni
legate alla cultura. I ricercatori, gli scienziati, gli inventori. Coloro che
tengono aperte a fatica imprese piccole e grandi che danno lavoro e sfamano
famiglie. E sì, anche chi garantisce la nostra sicurezza.
Terzo.
Studiamo. Tutti. Convegni sulla costituzione. Mostre sulla nostra storia
recente, quella del 1900, per non dimenticare. Ché ripetere certe cose non è
mai abbastanza.
Quarto.
Facciamo festa. Tutti insieme. Nelle piazze dei paesi e delle città. Feste per
i bambini, che lo devono ricordare come un giorno speciale dell’anno, non come
l’ultima vacanza della scuola ormai agli sgoccioli. E poi festa per tutti. Facciamo
volare gli aquiloni, i palloncini. Mangiamo zucchero filato. E mettiamo a
disposizione di tutti i nostri prodotti locali, le eccellenze, le prelibatezze
che fanno Italia in mille varietà meravigliose che non hanno senso, però, se
non sono le une vicine alle altre. Se sono divise. E cantiamo e balliamo, in
quelle piazze, fino a tardi, anche se domani si lavora, chi se ne frega.
Quinto.
Aggiorniamo, ogni anno, di anno in anno, l’elenco delle persone e delle cose
che ci fanno essere orgogliosi di far parte di questa Repubblica Italiana. Sarà
una scoperta, sarà il sacrificio di una carriera o della vita per il bene
comune. Sarà un’opera d’arte, una poesia, un film. Sarà guardarsi allo
specchio, come Nazione, senza distorsioni o edulcorazioni, e fare una seria
analisi di noi stessi. Chissà che ci scopriremo meno peggio di ciò che
pensavamo (come secondo me è successo in questo appena esercitato voto per le
elezioni europee), o almeno che troveremo assieme una direzione comune sulla
quale muovere passi nuovi e rispettosi del diritto di tutti per un futuro
migliore.
Buona
festa!!!
Commenti
Posta un commento