Sole
A Cagliari (Golfo degli Angeli, Mediterraneo, Terra,
Sistema Solare, Universo. Coordinate: lat.
39°21’; lon. 9°13’; alt. 4m s.l.m.) il Sole sorge alle 6:01 e tramonta alle 20:38.
Luna
All’inizio della settimana la Luna è calante. Il 28 maggio
è Luna Nuova. Da qui inizia la sua fase crescente.
Cielo del Mese, i Pianeti
Venere sorge per tutto il mese poco più di un’ora e mezza prima
del Sole: rimane, quindi osservabile al mattino presto, piuttosto basso
sull’orizzonte orientale. Ora il pianeta sta attraversando la costellazione dei
Pesci e il 31 fa il suo ingresso nell’Ariete.
I Santi
26 maggio: san Filippo Neri
27 maggio: sant’Agostino di Canterbury
28 maggio: san Luciano
29 maggio: san Gherardo di Macon
30 maggio: san Gavino, san Proto e san Gianuario martiri di
Porto Torres
31 maggio: Visitazione della Beata Vergine Maria
1° giugno: san Giustino
Desulo – Blitz contro i maiali (L’Unione Sarda, Edizione
del 30 maggio 2013, p. 1). Se vuoi consultare le Breaking news di quel giorno, clicca qui.
Feste, Ricorrenze Curiosità
Il 31 maggio è la Giornata Mondiale senza tabacco. Aderiamo tutti!!!
Il 1° giugno si celebra la Festa Internazionale dei Bambini.
Il Lama Racconta
I luoghi sono come la gente. Esistono, vivono. Portano
dentro delle storie. A volte tristi, altre liete. E ce le narrano, se solo
abbiamo occhi per guardare e orecchi per ascoltare. Ma i luoghi, come le
persone, portano dentro anche dei desideri: sono storie fantastiche, di quelle
che si dipanano tra il sogno e la veglia, tra la veglia e il sonno. Spesso non
raccontano ciò che è accaduto realmente, ma dicono chi si è nel profondo.
Perché i luoghi, come le persone, sono molto più simili ai propri desideri che
alla cruda realtà…
Era lì. Da diecimila lune le sue
radici affondavano in quella terra e le sue fronde vedevano quel cielo.
Era lì. Che fosse estate o inverno,
notte o giorno, viveva e amava. Resisteva e si donava.
Da quando era spuntato, giovane
germoglio, esile virgulto di castagno, erano trascorsi più di settecento lunghi
anni. Da allora erano cambiate molte cose. Solo il tempo e le stagioni si erano
susseguite, come sempre, in un cerchio che parlava di nascita e vita, di
declino e morte. Di rinascita. Di rinnovamento. In un eterno alternarsi tra
crescere e diminuire, tra vecchio e nuovo, che insegnava l’impermanenza
dell’essere. E lui aveva imparato: aveva imparato a cambiare e a rimanere se
stesso. A non scoraggiarsi. A non cedere.
Quando era caduto a terra,
semplice castagna catapultata fuori dal riccio, lontana dalle gemelle, era
stata la mano di una Jana a dargli
una lieve carezza ben augurante, prima di nasconderlo in un piccolo buco del
terreno. Come in un sussurro che veniva da lontano, come una reminiscenza di
una vita passata, che non era sicuro fosse nemmeno la sua, ricordava le brevi
parole che l’accompagnarono, condite da sorriso di fata: – Tu sei destinata a
cose grandi, piccola castagna mia. Riposa, ora. Che avrai lunghi giorni da
vivere e sapere. E così fu.
Cavalcava, veloce e fiera, quei
boschi Eleonora quando il giovane Castagno, pieno di vita e di fiducia,
distendeva le fronde verso il cielo immenso. Quando irrobustì il tronco, era
spagnoleggiante la parlata dei signori che gli passavano accanto, a caccia di
selvaggina. Era già vecchio e stanco, quando i principi di Savoia, in esilio
nella sua Terra, arrivarono fin lassù dalla grande città sul mare, in cerca di
riparo dalla calura estiva. Li chiamavano re, Re di Sardegna. E a lui sembrava
strano che qualcuno potesse comandare altri. E in casa non propria. Ascoltava.
Ascoltava tutto. Anche i discorsi degli uomini. E imparava. Imparava che il
trascorrere del tempo lo chiamavano Storia. Imparava che la storia, le vicende
degli umani, finiva per coinvolgere tutte le creature, l'intero creato.
Ascoltava, ma tante di quelle parole gli sembravano prive di saggezza, vuote
d'anima, povere di compassione. E non gli piacevano.
Spesso, tornava a trovarlo la
Jana, la sua madrina. Al contrario delle altre, le parole della fata erano come
carezze per lo spirito. Erano parole rare e lievi, che insegnavano amore e
saggezza. Sembravano una nenia dolce, che scaldava i freddi inverni senza far
male. Quando la Jana era con lui, il silenzio e le parole si confondevano, si
perdevano l'uno nelle altre. Il tempo trascorreva veloce, ma denso. Era un
meraviglioso scambio di esperienze e di vita.
La vita proseguiva per l'etereo
spirito del bosco e per il grande spirito che ormai era diventato un vecchio
Castagno. In tempi più recenti gli umani frequentarono ancora quei boschi, ma
ora, più che nei tempi passati, violavano i luoghi sconvolgendo la pace che vi
regnava. I cambiamenti negli ultimi cinquant'anni erano stati repentini e
profondi. Ormai gli uomini arrivavano nel bosco con delle grandi scatole
rombanti che chiamavano "automobili". Tagliavano gli alberi. Ne
tagliavano tanti. E non lo facevano più alla pari, a forza di sudore e braccia.
Usavano le "motoseghe", e il rumore moltiplicava lo strazio degli
abitanti del bosco. Durante la notte alberi ed animali discutevano di ciò che
accadeva, con crescente preoccupazione. Solo il vecchio Castagno sembrava resistere
nell'esercizio della fiducia. Amava dire di averne viste tante. Invitava tutti
a non dubitare mai nelle grandi risorse dello Spirito del Bosco.
A lungo andare, però, anche per
lui, l'esercizio della speranza divenne sempre più duro. Alla fine gli uomini
non si accontentarono più di tagliare gli alberi. Iniziarono anche a piantarne
di nuovi. Il vecchio Castagno dovette assistere al diradarsi dei suoi fratelli.
Essi vennero sostituiti da alti e possenti pini. E i nuovi arrivati crebbero.
Crebbero presto. Divennero forti. Oscurarono il sole. Privi della fonte della
luce e della vita, i castagni si indebolirono, ad uno ad uno. Divennero sempre
più nodosi, rachitici. Non riuscivano a respirare. Iniziarono a produrre meno
castagne. Iniziarono a essere "inutili" per l'uomo. Anche il vecchio
Castagno era in debito di luce, di aria, di vita. Ma provava a resistere. Non
venne tagliato. Era antico, e gli uomini sembravano nutrire una strana
curiosità per le cose antiche. Non le curavano, ma non le buttavano. Il Castagno
osservava. E non capiva, nonostante, con lo scorrere del tempo, i pensieri
fossero diventati profonde meditazioni, da cui sgorgavano perle di saggezza,
come gocce di rugiada a lenire l'arsura delle nuove gemme che non finivano mai
di spuntare, anche nella vecchiaia. Pian piano andò in affanno, come i suoi
fratelli. Pensava di aver sentito e visto tutto, ormai. Ma il peggio doveva
ancora arrivare. E giunse.
Gli uomini decisero di migliorare
la produzione di castagne. Quelle sarde erano troppo piccole per quello che
chiamavano il "mercato". Arrivarono i porta innesti dal continente e,
con essi, venne anche la malattia, fino ad allora sconosciuta in quella terra
antica. Proprio nelle gemme, dove si crea, lentamente, la nuova vita, iniziò a
crescere la morte per i castagni del bosco. Anche il vecchio Castagno, il faro
della speranza, si ammalò. E divenne triste, sordo e muto. La Jana sentiva la
sua sofferenza. Tornava sempre più spesso a trovarlo. Lo carezzava piano.
Cantava a lungo per lui nelle notti stellate. Ma lui non reagiva.
Passò del tempo. Cambiarono le
lune e tornò la primavera. Un giorno nel bosco arrivarono dei visitatori. Tre
donne e un uomo si avvicinarono con delicatezza al vecchio Castagno.
Carezzarono la corteccia. Parlavano piano. Osservavano con sguardi curiosi e
amorevoli. Anche la Jana venne a vedere. L'uomo parlava. Raccontava la storia
del bosco. Poi estrasse un foglio dalla tasca e iniziò a recitare. Una poesia,
in Limba. Il vecchio Castagno si mise in ascolto. Le parole che udì erano antiche,
come quelle dei padri. E cantavano una vicenda che sembrava familiare, la
storia del patriarca del bosco. Un canto vero e toccante. Triste come solo la
cruda realtà sa essere. Il vecchio Castagno riconobbe la sua storia, sentì che
ancora gli uomini avevano parole di giustizia e di pace e per la prima volta,
dopo tanto tempo, non si sentì solo. Lasciò che quella voce, quelle parole, gli
entrassero fin dentro l'anima. Si commosse. E pianse.
Quando i visitatori andarono,
rimasero la Jana e il vecchio Castagno. Lui a piangere. A lungo. Calde lacrime
liberatorie, fino a quel giorno trattenute a prezzo di un'apatia che non gli
era mai appartenuta. La fata a raccoglierle in una piccola ampolla. Arrivò la
notte. La Jana allora cantò una nenia dolce come un canto di guarigione.
All'alba, quando fu il momento di tornare dalle sue sorelle, aprì l'ampollina e
rese al bosco e al suo patriarca il prezioso contenuto. Le lacrime divennero
fresche gocce di rugiada, a lenire l'arsura che infiammava di morte le gemme
dei castagni del bosco. A lenire e curare. A portare, nel nuovo giorno appena
nato, una speranza di vita.
(Il vecchio Castagno, Violet per La
Rassegna Stronza ).
Così Parlò zio
Gecob
Come arrivano lontano i raggi di una piccola
candela: così splende una buona azione in un mondo malvagio.
Così Aggiunse
Violet
A Tonara esiste un meraviglioso Castagno di
più di Settecento anni. Ho accarezzato il suo tronco. Ascoltato la sua voce. Mi
sono riposata per un momento appoggiata a lui. È malato: il “cipinide del
castagno” è stato introdotto in Sardegna di recente, probabilmente infettava
gli innesti fatti arrivare per migliorare la produzione delle castagne. Una malattia terribile
che attacca le gemme e, anziché dare vita ai frutti, libera nuovi parassiti
che continuano il ciclo di morte. Ora è stato introdotto un coleottero,
antagonista naturale del cipinide, che si spera possa bloccare l’infezione. Ci
vorrà tempo. Intanto io non dimenticherò mai il bosco e la voce del Vecchio
Castagno e tornerò presto a trovarlo. Grazie a chi ha cantato per noi questa
storia: le parole vere, per quanto dure possano essere, sono sempre fonte di
riflessione e di commozione. E la commozione, cioè il movimento del cuore, che
esse suscitano, genera sempre speranza e vita. Io, lo credo fermamente!
Resilienza. È la capacità di affrontare e superare le avversità. È il
trovare in sé stessi le risorse positive che ci fanno rialzare dopo una caduta,
che non ci fanno lasciare spazio allo sconforto e alla paura, ma riaccendono la
speranza dentro di noi e intorno a noi!!!
Per saperne di più, un sito davvero particolare ci fa far
pace con le parole desuete della nostra magnifica lingua. Cliccate qui.
In una parola: Commovente! =')
RispondiEliminaGrazie per avermi letta... ma soprattutto per esserti fidata di me, nel farmi conoscere questa storia
EliminaViolet
grazie anche da parte mia, il castagno si è commosso ,ma ha detto che resisterà anche per raccontare altre storie belle come questa
RispondiEliminaDeve resistere, per sé e per noi. Cosa sarebbe una storia senza la sua anima? ...solo una vuota cornice. Lui che vive, invece, è testimonianza e vita, per tutti!
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