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Nuda - by Red

Penso all’essere, alla casa, ai corpi. Penso alla libertà e alla consapevolezza di sé. Penso alla nudità.
Penso alla sensazione di tornare a casa stanca. Togliersi le scarpe, e ad uno ad uno i vestiti, percorrendo il corridoio e le stanze per andare fino alla doccia. A quando non si ha voglia di rivestirsi e si riposa un po’ così, beate sul proprio letto. Penso all’intimità. Alle persone che hanno il diritto a vedermi perfettamente nuda. All’atmosfera di una stanza dove ci si cambia, ci si spoglia e veste. All’allegria degli spogliatoi. Alle chiacchiere tra amiche e sorelle, quando per non smettere di parlare ci si accompagna anche a fare la pipì. Penso alle case senza porte, a quanto sia rilassante stare con qualcuno che se ti si sposta il reggiseno non succede niente. Non si stupisce, non distoglie lo sguardo, non sorride con imbarazzo. Non per voyerismo o perché ti reputa un essere più o meno asessuato, ma per naturalezza. Con naturalezza. Perché quel corpo è tuo, fa parte di te, qualunque cosa faccia. Qualunque cosa indossi o non indossi. Ed è bello stare nuda. È bello d’inverno, sotto le coperte e d’estate, ché c’è caldo. E’ bello il sole che scalda la pelle e son belle le carezze di chi ti vuol bene.
Poi penso a cosa si pensa della nudità. Al sentire comune, ai commenti perfidi per strada ad ogni folata di vento che solleva di poco una gonna. Allo squallido umorismo maschile e all’assenza di pietà femminile. Ai “ma quella? Le piacerebbe!” “Se va in giro vestita così poi non si lamenti”.
Come se un corpo fosse fatto solo per il sesso. Come se tutto ruotasse intorno al desiderio sessuale, come se la corporeità, la femminilità, la sensualità, la bellezza non esistessero anche quando si dorme, si mangia, si lavora, si cammina, si pensa ai conti del mese. Come se l’attrazione scaturisse dalla nudità. Come se il fatto di essere attratti da un corpo, anziché rendercelo più caro concedesse il diritto alla crudeltà.
Poi penso al fatto che se non sei nuda sei vestita. E che sotto ai vestiti c’è un corpo nudo, sempre e comunque. E che chi ha occhi per vedere il male lo vede sopra e sotto un vestito. Lo vede in una donna prorompente e, in fieri, nella tenerezza di una bimba che un giorno diventerà bella. E allora mi rendo conto che, per me, il sentirmi nuda non ha nulla a che fare con i vestiti.
E ancora penso al pudore. A quello sincero, che fa arrossire. Alle donne che non metterebbero mai una minigonna, che non mostrerebbero mai il loro ombelico. E penso a me, che se potessi vivrei nuda, eppure so arrossire. Arrossisco dei complimenti belli e improvvisi, come quando torno a casa e mamma mi dice che sono bellissima. Arrossisco di tenerezza, non di certo per le squallide battute che prima o poi tutte riceviamo. Non arrossisco per le molestie, né per le ingiustizie. Le ingiustizie le combatto, e alla guerra vado vestita, senza imbarazzo. Alla guerra copro la tenerezza, e anche in questo caso non distinguo la nudità del corpo da quella dell’anima, però alla guerra porto anche la tenerezza, e insieme ad essa il mio corpo che, nudo o vestito è sempre lo stesso. Perché di questo si parla, a mio parere. Di un corpo che non è puro involucro, ma parte di un’essenza, di un tutto di cui sono composta. Anima e corpo, un tutto inscindibile. Non consento pornografia su di me né sugli altri esseri umani. Non consento che uno sguardo o un pensiero prenda un pezzo di me e dimentichi il resto. 
Per questo vesto il mio corpo e lo curo perché sia bello, per questo coltivo e esercito la mia anima ad essere bella, perché di me tutto sia armonia, tutto sia limpido, o almeno lo diventi, col tempo, con pazienza, con amore. Per questo mi sento lontana da ogni “uso” del corpo. Nel senso che il mio corpo si muove con la mia anima: entrambi rischiano, entrambi sono parte attiva di ogni mia idea, di ogni mia azione, di ogni mia battaglia. Per questo non “uso” il mio corpo per sedurre o provocare: non lo vesto o lo svesto in funzione di un effetto desiderato. Semplicemente lo metto in gioco con tutta me stessa: la provocazione, il fastidio, l’attrazione, la seduzione o la repulsione saranno la diretta conseguenza del mio essere e delle mie scelte, non il frutto di un artificio.
Per questo mi sento vicina e solidale con tutte le donne, con la loro anima e con il loro corpo. Nessuna merita giudizio a seconda dell’abito o della nudità. Ognuna ha diritto di essere nuda o vestita, di combattere per il suo corpo e con il suo corpo. Di più, ogni bambina che nasce dovrebbe avere il diritto ad essere educata a non operare su se stessa nessuna scissione, a essere libera, senza falso pudore né falsa sfacciataggine. Ad essere accolta da una società che non la classificherà in base all’apparire. E ogni bambino dovrebbe avere il diritto ad essere educato al rispetto delle sue compagne di strada, anima e corpo, essenza e scelte.
E tutti insieme a vivere in una società dove si possa stare nudi, come a casa. Anzi, a casa.



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