A
novant’anni dal Nobel, ad ottanta dalla morte, mi pare sia propizio ricordare Grazia Deledda.
In
alcune delle sue opere che si parli preferibilmente di donne lo si
intuisce già dal titolo: Marianna Sirca, Annalena Bilsini, Cosima,
solo per citare i suoi personaggi femminili più conosciuti.
In
realtà la sequenza delle sue donne è ben più radicata.
Tracciata
con l’accuratezza di un ritratto eseguito da una mano capace.
Immaginate
un’antica toeletta, di quelle con lo specchio centrale e quelli
laterali orientabili. Dove l’immagine si moltiplica e può essere
osservata da diverse angolazioni, con civetteria, spirito critico e
curiosità. Sotto il ripiano una miriade di cassetti e cassettini,
con la serratura o no. E ribaltine.
Ecco
per me questo elemento del mobilio così potentemente evocatore della
femminilità riflette l’idea che mi son fatta della Deledda e del
suo mondo delle donne,
della
sua indiscutibile capacità di scrutarne l’anima.
BIANCOFIORE
“La
mia prima e sola amica si chiamava Biancofiore: ed è stata la prima
e sola persona al mondo che io abbia cordialmente invidiato……
E
anche lei, Biancofiore, cresceva col suo nome, come crescono i fiori
col loro e non si può immaginarli con un altro: la rosa è la rosa,
la giunchiglia è la giunchiglia. Biancofiore aveva il pallore
diafano della gardenia, incoronato dal nero corvino dei capelli lisci
e iridati; e anche gli occhi erano scuri, ma di quel bruno
meridionale, lampeggiante di sole, con le sopracciglia che restano
nere anche nella più tarda vecchiaia. …
Amicizia
nata dalla vicinanza sul banco di scuola della seconda classe
elementare, e via via rinforzatasi appunto dall'attrazione dei
contrasti. Biancofiore, bella, ben vestita, sempre accompagnata da
una domestica già anziana che scimmiottava la frigida austerità
della nobile padrona, non aveva, nonostante l'esempio e la biblioteca
del padre, che una gracilissima intelligenza: io la stordivo con le
mie invenzioni, con l'essere la prima della scuola, con la beffa
benevola ma condita d'invidia, che per vendicarmi indirettamente di
lei mi prendevo delle cose e delle persone che la riguardavano…
Il
vestito rosa della mia amica, le sue collanine di corallo, mi
lasciavano, dopo queste visite, il gusto amarognolo delle feste
godute in casa altrui. ….
Eppure
la sorte di Biancofiore e della sua amica fu molto diversa: ella
rimase nella sua bella casa, ….mentre io salivo la scala della
vita, con tutti i suoi diversi gradini, a volte di marmo lucente, a
volte di pietra aspra e corrosa. ..
Biancofiore
non si era mai mossa dal suo sfondo, come non si muove una figura,
per quanto bella e viva, dal quadro ov'è dipinta: aveva la mia
stessa età, ma dimostrava sempre quindici anni. Come i popoli
felici, non aveva storia. Non scriveva mai, non mandava neppure un
saluto: forse si era anche dimenticata del passato, dell'amica, come
ci si dimentica di un oggetto perduto che non si spera più di
ritrovare. Le sue mani sempre giovani, con le dita che come i ceri
non accesi non si consumano mai…..”
LA SIGNORA ROTTA-TORELLI
La
signora e le figliuole del professor Rotta-Torelli, riunite
intorno
alla tavola ancora apparecchiata, nella saletta tranquilla la
cui
porta a vetri dava su un giardino incolto, discorrevano col giovane
professore Antonio Azar.
A
dire il vero, la signora, ancor giovane e bella, ma coi capelli
bianchissimi,
ascoltava in silenzio, stuzzicandosi i denti e
guardando
con due vivi occhi neri or l'uno or l'altro dei giovani, a
misura
che parlavano, senza aver l'aria di capire del tutto le loro
discussioni.
Ella era figlia d'un capitano piemontese, di quelli che
"han
fatto la patria", e che perciò forse non aveva avuto il tempo
di
curare l'istruzione della figlia, lasciandola crescere nella più
completa
ignoranza: ella non leggeva mai un libro, e non sapeva
se
i molti che leggevano le sue tre figliuole fossero buoni o cattivi…
(Amori
Moderni, da “Amori Moderrni”, Novelle, 1907)
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