La
signora Lea
Per
undici mesi e mezzo dell'anno la signora Lea risparmiava fino al
centesimo, facendo anche qualche piccolo imbroglio sulle spese
domestiche, per lasciarsi a sua volta rapinare, una volta tanto, dal
sarto e dalla modista.
Sarto
di grande stile, modista elegantissima, celebre per le sue creazioni,
che, secondo la sua espressione, donavano
alle
sue clienti. Uno solo era il vestito, uno il cappello; ma di quelli
che veramente avrebbero donato leggiadria e giovinezza a qualsiasi
donna, non alla povera signora Lea, già grigia e curva, sebbene non
brutta, anzi con un colore di rosa appassita sul viso fine e dolce, e
un pallore di gemme sbiadite per mancanza d'uso, negli occhi azzurri
e nei denti fra le labbra stanche. ….
Per
il viaggio, …ella intanto indossò il vestito dell'anno scorso,
anche per non far vedere il nuovo al marito…Nulla aveva
dimenticato, di quello che voleva portare con sé: e d'altronde il
treno partiva subito…: treno fatto apposta per
viaggiatori
come la signora Lea, gente cioè equilibrata e calma, con figli
grandi già ben sistemati, con la coscienza pura: gente la cui
giornata è trascorsa sempre un po' grigia, con uno di quei cieli
velati che fanno sperare e mai dànno il sole, ma il cui tramonto si
presenta mite, con la promessa di un crepuscolo e di una notte
infinitamente sereni.
Eppure,
appena il piccolo treno s'è arrampicato sulla prima altura…. la
signora Lea che lo sa, che lo aspetta, sebbene trepidante come i
fedeli che attendono il rinnovarsi di un miracolo, rivede il sole nel
suo più indicibile splendore. … e la donna, che s'è alzata quasi
senza accorgersene e drizzata sulle spalle, rivede dal finestrino,
sotto i suoi occhi iridescenti: ma sopra tutto la incanta la cresta
delle chine verdognole ancora sparse di reliquie vulcaniche che
l'orafo del tempo ha lavorato come filigrane d'argento….
La
donna però guardava sempre a sinistra… finché ai suoi occhi
velati, eppure splendenti di una gioia lagrimosa, non apparve una
casetta rossa, triangolare, con tre alberelli davanti. Aveva
anch'essa qualche cosa di cabalistico, la casetta a punta, con i tre
alberi a punta, incisa sul grigio della roccia, sulla quale anzi,
tranne la facciata, pareva si sprofondasse E alla volta di essa,
appena scesa nell'attigua stazione…la signora si avvia, coi suoi
due lievissimi fardelli, seguendo un sentiero in salita, … Anima
viva non la precede né la segue: solo
l'accompagna
la sua lunga ombra che sembra un uccello fantastico, con le ali
grottesche dei due allegri fardelli. E di un uccello che ha perduto
l'uso e la potenza del volo, ma ancora ne ricorda l'ansito e la
voluttà, la signora Lea
sente la
leggerezza, o almeno la nostalgia: e il profumo delle acacie, i gridi
dei fringuelli che salgono dalla valle, quello stesso odore di pietra
che emana da ogni cosa, le pare esalino dal suo cuore, col suo
respiro ansante di beatitudine. …e il luogo stesso, tutto è di
nuovo suo, come trenta, come cinquanta anni prima. La casetta rossa è
di nuovo sua; là è nata, là è morto suo padre…; là vive ancora
la sua vecchia mamma, per la quale ella è sempre la fanciulla di
quindici anni …
Oltre
il muricciuolo, prima di arrivare alla casetta, in una svolta ripida,
ella un tempo aveva un punto di osservazione, sicuro e riparato anche
nei giorni d'inverno. Era una buca, a poco a poco trasformatosi in
una specie di grotta: una frangia meravigliosa di ginestre fiorite ne
inghirlandava l'apertura, e il sole ne verniciava l'interno col suo
ultimo chiarore. Ella si fermò là: depose il suo bagaglio…, si
volse a guardare. Laggiù, è il piccolo paese già tutto nero nella
sua conca, con la chiesa arcigna, la piazza dove stazionano come
cariatidi i vecchi che pare non debbano morire mai, la fontana che
sembra un grande calamaio traboccante inchiostro sbiadito: un brivido
di tristezza ancora le raffredda il sangue al pensiero di dover
passare una sola giornata in quel luogo di lenta agonia; e per
riconfortarsi solleva gli occhi e guarda di nuovo il sole.
Il
suo disco di rubino è sospeso sul calice di cristallo viola della
cima del monte: un attimo, e tutto si scioglie in una fiamma che a
sua volta lentamente si spegne. Ma la luce era rimasta dentro di lei:
e le traspariva dagli occhi, dai capelli, dai denti, dalle labbra
ancora pure. Con incoscienza, anzi con un po' di follìa adolescente,
ella aprì la valigietta e ne trasse il vestito, scuotendolo contro
l'orizzonte….E lì, nella nicchia che già conosceva altre sue
trasformazioni, si tolse il vestito logoro di un anno di vita
affaticata, e indossò il nuovo. - Per la mamma, - brontolava, -
perché la mamma mi veda sempre giovane e viva. Sentiva bene, però,
che si trasformava così per lei stessa, come ad ogni nuova stagione
anche i vecchi uccelli si rivestono di nuove piume, per riprender
forza al volo della vita.
(Il
vestito nuovo, da “Sole d’estate, 1933”).
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