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Stiletto Sport - Il calcio visto dai Tacchi a spillo

La domenica del cuoricino spezzato che esulta


Ci vuole cuore per giocare a calcio, ci vuole cuore per amarlo, seguirlo, tifarlo. Ci vuol cuore perché il sangue arrivi presto a tutti i muscoli per farli scattare veloci, ci vuole cuore per ossigenare il cervello e lasciargli decidere in una frazione di secondo se è meglio un colpo di tacco, di piatto o di collo del piede, ci vuole cuore per non prendersi un infarto sugli spalti, o attaccati alla tv, alla radio o al cellulare per carpire qualche preziosa notizia della propria squadra. Serve cuore perché il cervello serve fino a un certo punto per dare tutta questa importanza a una cosa che in reltà non importa per nulla, che è solo un gioco.
Ci vuol cuore, e ad avercelo un cuore a volte si spezza, e una parte festeggia e una rimane delusa delusa delusa… ma va bene così, ed è pure divertente, se si sa vincere e perdere, così.
Quando io ero bambina (anche se nell’81, quando sono nata, il Cagliari era in serie A, al sesto posto in classifica, e la retrocessione in B è del 1983), i tempi di Gigi Riva sembravano più lontani dei tempi di Ottaviano Augusto. Il Cagliari non aveva più vinto niente, aveva annaspato per troppi anni tra la B e la A e ora era sceso, dove non lo sapevano nemmeno gli pseudo tifosi, ma questo era percepito come un destino scritto e sicuro. Non per nulla tra i nati negli anni Settanta e Ottanta si era diffusa una terribile epidemia di gobbe, biscioni e corna con forconi. Addirittura qualcuno pur di vincere era disposto a tifare Napoli perché Maradona era meglio di Pelè, o a migrare calcisticamente verso la Spagna degli anni d’oro del grande Real, o per essere alternativo, verso l’Inghilterra dell’Arsenal o del Liverpool. Poi certo, il Cagliari anche se giocava (ma sicuri, siete?) in serie boh, andava tenuto per gentilezza ed educazione come “squadra simpatia”, anche perché ai tempi c’erano i derby con la Torres, e un casteddaio vero, anche se gobbo, non perderebbe mai occasione per sfottere un sassarese!
A casa mia non era così: c’era un tunnel spazio-temporale che rendeva il 1970 molto più vicino a noi nel tempo rispetto al 1982. Il mondiale fresco fresco era passato come un colpo di vento, nessuno si era accorto della corsa di Tardelli, ma il grande Cagliari era ancora lì, solo assopito nella stanza di fianco, a farmi sognare che se uno scudetto l’aveva vissuto mamma prima o poi sarebbe arrivato anche per me. Poi, negli anni in cui il Cagliari era sceso che più sceso non si può, si vivevano i preparativi per Italia Novanta: tutti, nessuno escluso, per amor di patria dovevano amare il calcio. Così mentre le mie amichette e compagne di scuola diventavano Milaniste innamorate per Maldini, interiste malate per Berti o addirittura Juventine sbavose per Schillaci, quando a me chiedevano: che sportivo ti piace? Io rispondevo: “Chioccioli” “E chi è?” “Un ciclista!” “Ah, ma di calcio, per che squadra tifi?” “il Cagliari!!!” “ah, e poi?” “E poi basta! Il Cagliari basta!” “si vabbé, ma poi? Il Milan? l’Inter? la Juve? Roma?” “si, le conosco le squadre di serie A! Io tifo Cagliari e basta”. Loro non lo sapevano chi era Claudio Ranieri, che si era appena seduto sulla panchina rossoblù, e non sapevano nemmeno che la ristrutturazione del sant’Elia non sarebbe servita solo a tenere gli Hooligans in esilio nella terra del sole e dell’Ichnusa e prudentemente lontani dal continente, ma anche per far tornare in serie A la mia squadra in uno stadio mondiale, gremito di ritrovati tifosi recuperati dalle “grandi” (potenziali cugurre nei momenti di difficoltà).
Tutta questa lunghissima premessa (perdonatemi) per dire che:
1-      di solito i miei sportivi preferiti sono ciclisti
2-      tutto passa: la serie A, ma anche la B e la C
3-      io tifo Cagliari, ma ora saprei cosa rispondere a quella domanda fissa, che mi sembrava tanto stupida… “e poi?” Tonara! Lo so!!! . Ma lo tifo proprio, mica mi sta simpatico!
A me in realtà non sta simpatico niente e nessuno! Se proprio mi devo sprecare io mi infiammo, mi innamoro! Perché ho cuore, e ne ho così tanto che questa settimana viaggia diviso in due.
Infatti appena finita la prima tappa del giro d’Italia, su Casteddu varcava il tunnel dello Juventus Stadium in cerca di un miracolo.
Io accendo la radio e a causa di una festa di adolescenti sul terrazzo di una casa di vicini devo sollevare al massimo il volume per sentire Vittorio Sanna che da dei Burricchi agli juventini, e un bel primo tempo, finito nel peggiore dei modi, con quello stronzo di francese (poteva anche riposarsi un giorno in più) che segna di culo e ci manda a riposo sotto di un goal. Il secondo tempo è meno brillante, Allegri manda in campo tutta la gente più sconosciuta che ha in rosa, un po’ perché ha la testa a Madrid, un po’ perché è spocchioso di natura, un po’ perché ormai è gobbo, e il gobbo deve fare. Il Cagliari ci prova ma non punge, non urla, non freme abbastanza. Forse il cuore è ancora troppo piccolo, ma pareggia con un gol di Rossettini. Salto sul letto, i minuti scorrono, il Cagliari ci prova e ci prova ancora, a tempo scaduto Sau si mangia il vantaggio e la vittoria. E qui mi arrabbio. Se c’è una cosa che non sopporto sono le cugurre ingrate. Pattolino del mio cuore si è mangiato un goal, è vero. Ma è l’unico che ha fatto merenda allo JStadium? Ma stiamo scherzando che è colpa sua? Perché se è colpa sua adesso vi fate anche i conti dei punti che ci ha regalato il suo piedino d’oro a inizio campionato. Ci rinunciamo? Scendiamo con meno punti del Parma? Cosa ne dite, vendiamo tutti quelli che hanno sbagliato il goal che ci avrebbe fatto vincere una partita quest’anno? Tutti a insultare su face book e a chiedere autografi per strada, mi raccomando! La davate tutti per persa con umiliazione inclusa questa partita, ora, anche se un punto è poco per quel che ci serve, la dignità e l’onestà impongono di non esagerare con le scemenze!
E questo è quanto accaduto sabato, e non è un granché.
Domenica, per me, ci sono solo due pensieri. Il primo si gioca alle tre, ed è Palermo – Atalanta. Dramma, tragedia, catastrofe. Il mio cuore si spezza, cattivi! Brutti! Antipatici! Ora siamo sotto di 8 punti, e ce ne sono 9 in palio. La matematica ancora tace, ed io con lei.
Dico solo una cosa: volevo fare l’abbonamento alla stagione lirica, ma questa nuova gestione ha messo su una mezza schifezza. Così ho risparmiato dei soldi. A dire il vero anche la gestione Giulini ha messo su una mezza schifezza, però io il Cagliari lo tifo sia sceso che salito, come vi ho abbondantemente spiegato. Faccio notare infine che lo stadio, sceso, costa meno!
Il secondo pensiero è fisso a Su Nuratze, dove si gioca la semifinale dei Play Off per l’Eccellenza. A voi sembrerà nulla, ma vi assicuro che seguire una partita così importante aspettando che qualcuno scriva qualcosa su facebook o mandi un messaggio è una cosa piuttosto complicata. Perché il cuore si sintonizza sulle frequenze di un campo sportivo a n. km di distanza da te, e tutto il sangue che pompa verso il cervello va a ossigenare il neurone addetto al pensiero “cosa xxxxx sta succedendo?”. Solo quel neurone è sveglio e attivo, gli altri boccheggiano e non reagiscono, per 90, 120 o quanti cavolo di minuti dice l’arbitro. Per tutto il primo tempo non succede nulla e questo significa assenza di notizie, ovvero tortura per il povero neurone che chiede sempre più forte e insistentemente “cosa xxxxx sta succedendo???”. La risposta arriva al secondo tempo, quando Violet ed io apprendiamo del vantaggio ad opera di Enrico Pili. Poi più nulla per altri minuti, finché per un po’ dobbiamo stare lontane dal cellulare. Il neurone si lamenta, urla, io cerco di metterlo a cuccia, niente da fare “cosa xxxxx sta succedendo???”. Appena possibile ci attacchiamo di nuovo ad internet, che prende pure da schifo, porca miseria. Violet riesce a leggere “Tonara – Siliqua… aggiornamento parziale 1-1”. A  me mezzo secondo dopo compare il seguente “status” di U.S. Tonara A.S.D.: “Vittoria vittoria vittoria… indomiti ragazzi trionfano con un goal di Calaresu al 119 minuto… Tonara anche in 10 per l’espulsione di Deligia… Finale da Tonara: Tonara – Siliqua 2-1 (Pili E, Calaresu). AD UN PASSO DAL SOGNO”.
Io questa cosa la volevo leggere tutta, giuro, con pacatezza ed eleganza come sa fare Violet, anche perché eravamo per strada e non volevo dare troppo spettacolo. Ma il mio neurone attivo… vedete il mio neurone attivo ha visualizzato le parole-chiave (quando non segue le partite il mio neurone è un grande studioso di testi antichi, sapete? È abituato a individuare le parole chiave, lui!) “Vittoria” e Calaresu” e si è agitato, si è messo a battere forte forte come il cuore che gli mandava il sangue e poi cercava di mandare impulsi all’apparato fonatorio per farmi esprimere, ma nel frattempo stava già saltando, esultando, cantando, festeggiando… il mio neurone stava già bevendo birra! E così alla mia bocca non è giunta la minima eleganza, ma ho urlato (più piano che ho potuto) CALARESUUUUUUUU!!!!!! E il suo nome è risuonato per tutta via Scano. E poi piano piano mi sono ripresa, ho risposto a Violet che provava ad interagire con me e via, per due giorni abbiamo festeggiato e ho fatto vedere al mio neurone tutti i video che avrebbe voluto vedere in diretta, gli ho letto gli articoli, abbiamo bevuto birra e cantato e gioito tutti insieme. Abbiamo visto su Nuratze in festa come quando siamo andate, proprio un anno prima di questa incredibile semifinale, il pubblico sulle gradinate, I Boys e i fumogeni, la felicità e il delirio, l’amore per un paese, per una terra, per lo sport. A me e Violet è venuta una voglia matta di tornare allo stadio con gli amici che ci hanno accolte un anno fa, e pure un po’ di nostalgia! Abbiamo rivisto il cuore, quello che serve nel calcio, quello che da la follia di rendere importante un gioco, di scendere in campo con tutto quel che si ha: le gambe, l’impegno, la costanza, l’incoscienza, gli amici, il paese, le mamme, i papà, i ragazzini che giocano in strada, le fidanzate, i desideri, i sogni, le delusioni, l’orgoglio… tutti insieme su un rettangolo verde a fare un’unica squadra: 11 uomini e mille mila cuori. Compreso il mio cuoricino spezzato alle 17.00 ed esultante alle 18.45! Eh, il calcio, che poesia!
Epilogo. Mi pare, sembra, così ho sentito, che i gobbi vadano a Berlino. Mi sembra, eh, perché l’hanno detto sottovoce, loro sono tutti signore, mica scaricatori di porto come me! Auguro a tutti un buon viaggio verso questa finale conquistata con l’allenatore più odiato dai bianconeri nel campionato 2013-2014 e ora osannato mentre tutti prendono in giro Conte: sic transit gloria mundi! Ma abbiate pazienza, ho di nuovo il neurone impazzito, si è sintonizzato su un punto fisso… dice che domenica ha un impegno a Macomer… Schhhhhhh!



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