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Immagine da web |
C'era, tanto tempo fa, o
forse ieri, un paese molto lontano, dove il Sole si affaccia per
primo, dove la Luna gioca a nascondino con il sacro monte Fuji e dove
le Stelle danzano in cielo, come mille e mille sorelle che fanno
volteggiare il loro manto leggero.
In questo paese, tra il
limitar del bosco e la riva del mare, aveva costruito la sua capanna
un pescatore. Il pescatore era un uomo solitario e semplice. La sua
vita era faticosa, perché lavorava da sole a sole e gettava le reti
quando in cielo già brillavano le stelle ma, chiunque lo
incontrasse, diceva che aveva un sorriso in fondo agli occhi: il
sorriso profondo e rassicurante, sereno e schietto, di chi conosce il
segreto della vita. E un segreto il pescatore doveva averlo davvero,
per non lamentarsi mai della solitudine e della fatica, per essere
felice sempre, con il sole e con la pioggia, con il sereno e con la
tempesta. Amava il mare, che gli regalava bellezza a non finire e
cibo fresco di cui nutrirsi ogni giorno. Amava le albe e i tramonti,
le notti d'estate e la loro brezza leggera, il rombo dell'uragano
nella stagione invernale. Amava il calore del meriggio, la sabbia
sotto i piedi e il bacio fresco delle stelle. Amava anche il bosco,
il suo abbraccio verde, le stelle color di smeraldo che fluttuano tra
le fronde mosse dal vento, i colori, i profumi e i sapori dei sui
fiori e dei suoi frutti.
Una volta, come ogni
giorno, il pescatore uscì di casa con la canna da pesca e il
secchio. Andava alla riva a pescare, quando sentì un profumo venire
dal bosco. Era un profumo speciale, più soave di quello del fiore
più piccolo e delicato, più dolce di quello del frutto più
prelibato e più intenso di quello della resina più preziosa. Quel
profumo gli pentrò nelle narici, gli riempì i sensi e gli invase la
mente, tanto che dovette lasciare secchio e canna e mettersi alla
ricerca della sua origine. Vagò a lungo nell'intrico degli alberi,
percorse i sentieri noti e si addentrò in quelli più sconosciuti,
finché giunse ad una radura luminosa dove il profumo si fece
particolamente intenso. Rapito, alzò gli occhi e vide un velo
che pendeva da un ramo. Allungò la mano e lo prese con immensa
delicatezza. Era leggero come l'aria del mattino, trasparente e
fresco come un torrente cristallino, brillante come il sole e
luccicante come una tersa notte di stelle, quando la Via Lattea si fa
tanto vicina alla Terra da specchiarsi sul mare. Nessuna mano umana
avrebbe potuto tessere un velo così prezioso, impalpabile e leggero.
Era un dono del Cielo. Il pescatore lo avvicinò al viso e chiuse gli
occhi. Gli sembrò di volare nella notte, sopra il mare, incontro
alle stelle, che danzavano in un girotondo di luci. Quell'incanto,
però, durò solo un istante, perché venne interrotto da una vocina.
– Quel
velo è mio – disse la voce – Restituiscilo!
Era
una splendida, piccola fanciulla colei che aveva parlato. La più
bella fanciulla che il pescatore avesse mai visto. Aveva i capelli
neri, lunghi e setosi e la pelle di luna. Gli occhi erano brillio di
stelle e le labbra erano rosse come ciliegie mature. Appena la vide
il pescatore se ne innamorò. Non poteva darle il velo: sarebbe di
certo fuggita da lui, appena lo avesse riavuto.
La
fanciulla iniziò a piangere, un pianto sommesso e lieve, ma
struggente. – Se non riavrò il mio velo – disse – non potrò
tornare dalle mie sorelle. Se me lo restituirai, ti prometto che
danzerò per te, per sempre!
Rapito
dalle sue promesse e commosso dal suo pianto, il pescatore si
intenerì. Con uno sguardo pieno di stupore e amore, le diede il
velo. La fanciulla lo indossò e divenne ancora più bella, più
leggera, più eterea. Come una ninfa, o una fata, di quelle narrate
dalle leggende di ogni tempo e ogni luogo. I rami degli alberi del
bosco iniziarono a dondolare, le foglie a stormire e gli usignoli
intonarono il più bel canto che il pescatore avesse mai udito. I
piccoli piedi della fanciulla si mossero leggeri. Ondeggiarono avanti
e indietro, descrivendo cerchi sempre più ampi, quasi non toccavano
terra e, con il suo volteggiare, la fanciulla sembrava volare. Scese
la notte. Le Stelle, piccole e luccicanti, danzavano in cielo e la
fanciulla, con il suo velo fatato, volò fino a loro e si unì a
quella danza. Il pescatore rimase lì, tutta la notte, con gli occhi
fissi al cielo stellato. Quando le lunghe dita rosa di Aurora si
stesero come una carezza leggera a spostare il velo della Notte e
stendere quello del Giorno, una piccola Stella si accese. Fu come un
breve saluto, come un grazie, come una promessa d'arrivederci:
la Stella volteggiò ancora tre volte, per lui e per lui solo, prima
di seguire le altre verso il riposo. Il pescatore accolse quel
brillio e lo portò con sé, nel profondo degli occhi incantati, come
un sorriso che lo accompagnò verso casa.
Da
allora, quando la notte il pescatore esce con la sua piccola barca a
gettare le reti, non manca mai di alzare lo sguardo al cielo. Lassù
c'è una piccola Stella e, sempre, ogni notte, danza per lui. Per
questo, quando prima dell'alba si accende un brillio di saluto, lui
sa che un giorno, vicino o lontano, lei tornerà. E quel giorno una
fanciulla, avvolta in un manto di cielo, e un pescatore danzeranno
insieme. Quel giorno e per sempre!
Esiste in Giappone una
leggenda che parla di un velo fatato, di una ninfa del cielo e di un
pescatore.
Si raccontano in
Sardegna molte storie sulle stoffe preziose tessute dalle Janas sui
loro telai d'oro.
E così capita, nelle
parole dei racconti antichi, di scoprirsi a casa, nel brillio delle
Stelle come dall'altra parte del Mondo...
Veramente un bel racconto....!!!!
RispondiEliminaGrazie
RispondiEliminaGrazie di tante cose... di essere il nostro artista, dell'affetto e della fiducia con cui ci segui
grazie che ci leggi, che ci commenti
grazie per i tuoi doni, sempre speciali