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I'm CIUSI, of course! (Lettera aperta al ministro Fornero) - By Red


Adorabilissimo, preziosissimo e sensibilissimo ministro Fornero
Perdoni se mi permetto di scriverle.
È che sono ciusi, così tanto choosy che me la tiro anche nei confronti del gergo londinese, e lo scrivo ciusi.
Sono fighetta, stronzetta, me la tiro. È così, in questi anni me lo hanno detto in tanti, mica solo lei, caro ministro.
Son così fighetta che l'altra mattina alle nove sono arrivata sui tacchi a spillo nel regno degli ingegneri super machi, laddove si suole provare che i cementi e i calcestruzzi siano resistenti come promettono.
Sono così ciusi che mi son portata borse e borsette e quaderni e cartelle e computer a spalla senza un “serve una mano” laddove gli indigeni sogliono appendere i fuoristrada alle mangrovie per mezzo di verricelli, mentre partecipano al Camel Trophy. 
Son tanto stronza che non sono nemmeno arrossita per il cuoricino nella schiuma del cappuccino.
Perché son ciusi. 
Così ciusi che se mi offrono un lavoro non lo accetto. Tipo una volta, caro ministro, (ho in curriculum anche questo, pensi lei) mi capitò di esser brevemente ma caldamente corteggiata da un bell'imbusto che, amareggiato dal mio secco rifiuto, mi propose una lauta ricompensa. Io non cambiai idea, anzi lo minacciai che non osasse più nemmeno rivolgermi la parola. Che scema… Lei, ministro, da saggi consigli: “si entra in azienda con qualunque ruolo e poi ci si fa strada da dentro”, non dice così ai suoi amati studenti? Ha ragione, se avessi accettato, grazie al passa parola, ed alla giusta flessibilità – che razza di schizzinosa sarei se non sapessi adattarmi al ruolo giusto – ora magari sarei consigliera regionale da qualche parte e beatamente pensionata! Invece son ciusi, e me li merito gli stipendi random e gli attacchi di panico mentre aspetto la stampa dell’estratto conto. 
Sono ciusi perché al cercare di vendere qualche evidente imbroglio preferirei di gran lunga lavare le scale. 
Sono ciusi perché a trent’anni mi hanno detto che sono vecchia per fare i pacchetti a Natale, e anche per fare un corso per dispensatore di viveri in un villaggio vacanze.
Sono ciusi perché non ho voluto andare contro le regole di un contratto che avevo firmato, cumulando stipendi di nascosto, come qualche mio elastico collega. 
Sono ciusi perché mi è capitato di lavorare gratis, ma non accetterei un accozzo nemmeno per scherzo.
Sono ciusi perché per fare il lavoro che voglio fare accetto spesso condizioni molto difficili.  
Sono ciusi perché per rispetto del lavoro che voglio fare rifiuto le proposte che non presuppongono la dignità della professione che amo. 
Sono ciusi perché ho due curricula pronti a partire: uno con i titoli e uno in cui mi fingo analfabeta, perché con un 110 e lode alle spalle certi lavori non te li danno.
Sono ciusi perché mi ostino a fare un lavoro che non c’è.
Sono ciusi perché qualche volta anziché leccare il culo mi sono arrabbiata, e col cazzo che mi hanno dato il lavoro.
Sono ciusi perché piango tutte le lacrime che ho quando qualcuno più ciusi di me non regge a tutto questo schifo e si arrende.
Sono ciusi perché mi fa male il cuore quando sento chi, di ritorno da un funerarale, dice “è successo qualcosa di terribile. Ma bisogna passare indenni da certi giochetti di potere se si vuole fare carriera”.
Sono ciusi perché nonostante la rabbia passo tutto il giorno a sorridere.
Sono ciusi perché adesso che sono sola in camera scelgo ancora la mia umanità, e mi arrendo all’ennesimo pianto. 
Sono ciusi perché ho lacrime sincere e non di vergogna davanti a chi non mi accetta o mi contesta.
Mi chiedo e le chiedo: sono ciusi perché scelgo? E perché mai in democrazia non avrei diritto di scelta? Su che basi? Per la bella faccia di chi? Per il Pil o per me? Per il mio futuro o per le statistiche ISTAT? Intanto con la mia scelta di vivere con orgoglio rimango ciusi. E chiudo la parentesi “sfogo pubblico” perchè ora devo continuare a lavorare, perchè da fighetta quale sono continuo a dedicare le mie serate di “giovane bambocciona” alla mia professione schizzinosissima.
Nel presentarle i miei più cordiali saluti mi permetto di ricordarLe che via Dante è lunga.
Red, archeologa.

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