Gennàrgiu, mort'e frius est sètziu peis a fogu,
Friargiu in dònnia logu sighit a fai is arrius.
Martzu cun is bentus, Abrili cun is froris
e Maju fait cuntentu bestiàmini e pastoris.
Lampadas giai cumèntzant a si spremi su sudori
e Mes'e Triulas pensat a incungiai trigu e lori.
Austu bellu s'infriscat a sìndria e a meloni,
e papat figumurisca Cabudanni buddoni.
Ladamini cun binnennas est in grandu fatiga
e Donniasantu bùfat binu nou a crocoriga!
Mes'e Idas cuntentu adòrat su Messia,
ma a foras tìrat bentu, proit e fait titia!
Con una filastrocca del Campidano, che ci parla dei mesi, inizia quest'anno insieme.
Violet, svarioni? No, cari lettori. E' così.
Settembre, da noi, in Sardigna, è Cabudanni, quindi inizia l'anno. Non l'anno sociale, l'anno scolastico, l'anno accademico... come si usa oggigiorno. Ché di anno ce n'è uno solo, come di tempo ce n'è uno solo, quello che ci è dato, quello che viviamo, a volte appieno, al meglio, altre meno, ma uno è, ed è questo!
Inizia l'anno. Nel ciclo senza fine del Tempo e della Natura: si concludono i raccolti, si mettono via le scorte, ci si prepara alla semina e poi alla grande attesa. E' il passaggio. Segna la fine e un nuovo inizio. Come il tramonto segna la fine del giorno, ma l'inizio dell'attesa che il sole venga di nuovo a trovarci.
Forse tutto questo ci sembra strano: il sole è ancora caldo, il giorno è ancora lungo, la tavola è ancora imbandita di frutta succulenta e dolcissima. E' vero. Anche la filastrocca ci parla di "Cabudanni buddoni", grasso e abbondante. Abbondante come i fichi, che mangiamo e mettiamo a seccare, come l'uva dolce, sulle nostre tavole, e quella che sta diventando mosto, nelle nostre cantine. Ma gli uomini che lavorano a stretto contatto con la natura, i pastori e i contadini, sapevano bene come tutto ciò presto sarà un ricordo, e rimarrà da raccogliere solo "su landiri", per nutrire il bestiame nei periodi di magra. E, previdenti, con una stretta di mano ed un bicchier di vino (dell'anno appena concluso, prima che arrivi quello nuovo e frizzantino, che scende che una meraviglia, ma è traditore), concludevano i contratti e ne stipulavano di nuovi.
Questa saggezza antica fa pensare e meditare. Mentre guardo i tramonti più lunghi e più belli dell'anno; mentre è tempo di more e desidero le melegrane che presto arriveranno; mentre vedo i fichi e penso a come saranno buoni quelli secchi, sotto Natale; mentre passo per strada e annuso il profumo del mosto; mentre assaggio sa figu morisca e la lascio sciogliere in bocca piano, per poi mandar giù i semi duri... Mi fa pensare che il bilancio non è mai troppo magro, se lo si fa nell'ottimismo di ritrovati inizi e nuovi orizzonti. Mi fa pensare alla forza di una stretta di mano, al calore che lascia. Alla fedeltà della parola data. Al guardarsi negli occhi. E alla gioviale convivialità di un bicchiere di vino. Mi fa pensare che io, antica, lo sono molto. Vivo di parole date. Di sguardi e sorrisi. di strette di mano. Di promesse di brindisi presenti e futuri. Di ottimismo, nei momenti bui, e di speranza, sempre. E che non voglio cambiare. Perché ho la fortuna, o forse la grazia, che qualcuno fatto come me, giusti o sbagliati che siamo, pagu gente e bona festa, la vita me lo metta sempre al fianco.
Ed è l'essenziale.
Al resto del mondo, lascio di scegliere il proprio inizio. Questo è il mio.
Bonu Cabudanni a tottus. In saludi!
Violet
Commenti
Posta un commento