Non ho mai capito questo
verso, nemmeno la notte prima del mio esame di maturità. Speravo che
fosse illuminante, invece niente. Come si possono portare una
chitarra e un pianoforte sulla spalla? Ma soprattutto, passi la
chitarra per le serenate e le serate a suonare che più chitarre ci
sono meglio è, che se ne fanno questi quattro di tutti 'sti
pianoforti? In spiaggia d'estate non si portano i pianoforti! Nella
mia classe non eravamo in 4, bensì 12 e sembravamo 12 reduci del
Vietnam perché eravamo i sopravvissuti ad una paziente opera di
selezione naturale abbinata alle bocciature. Potevamo anche essere
paragonati ai vincitori della guerra dell'evoluzione, quasi macchine
da studio perfette. A vederci bene bene poi avevamo il capellone, un
secchione simpatico, la coppia di amiche inseparabili fin dalle
elementari, il jolly della classe e anche quella un po' stronzetta.
Saremmo stati anche 12, ma non ci facevamo mancare assolutamente
niente in quanto a fauna scolastica. Sapevamo che, anche facendo
tutti i possibili tentativi di restare uniti, volente o nolente
quello sarebbe stato davvero il nostro ultimo anno tutti assieme e
per quanto ci fosse qualcuno che cordialmente non si sopportava
molto, era sempre e comunque l'ultimo anno di superiori e bisognava
goderselo per bene. Dal settembre successivo ognuno di noi avrebbe
preso una strada differente e ritrovarsi sarebbe stato un poco più
complesso. Sono passati 13 anni infatti e non si è mai organizzata
una rimpatriata tutti assieme. La III N 99/00 del Liceo G. Siotto
Pintor non si è mai rivista tutta al completo. Certo, qualche
occasione c'è stata, qualche laurea principalmente... ma di fatto
non c'è stato nulla che ci riunisse tutti una volta. Forse è
passato ancora troppo poco tempo? Non mi ricordo molto bene la mia
notte prima degli esami. Ricordo solo che dopo il tema dovevo fuggire
in teatro perché c'era il saggio di danza e le prove, ed era un
saggio importante perché era il decennale di insegnamento del mio
maestro. Saggio che, per dovere di cronaca, fu funestato dalla
chiusura del sipario prima della fine dello spettacolo. E mi ricordo,
questo si che lo ricordo, che mentre tutti inveivano violentemente
contro gli addetti del teatro io pensavo “Speriamo che domani non
esca Seneca!”. Il giorno dopo c'era lo scritto di latino infatti..
Questa notte è ancora
nostra...
Credo di aver pianto la
notte prima degli esami. È
molto probabile, ma non ricordo davvero per niente se fosse un pianto
d'ansia, da ripasso disperato dell'ultimo minuto oppure da paura
folle dell'ignoto, sicuramente però non era un pianto di nostalgia
per la scuola. Il mio era il secondo anno del nuovo esame di maturità
(quello di Red, ad esempio, fu il primo anno) e c'era ancora una
buona fetta di sperimentazione. Se non sbaglio la mia classe è stata
l'unica a fare la terza prova con la tipologia a crocette, forse non
esiste nemmeno più. Insomma, probabilmente avevo più paura che i
professori stessi si incasinassero di quanto ne avessi sulla mia
preparazione. Nessuno sapeva dirci benissimo se la tesina era da fare
obbligatoriamente, se ci avrebbero chiesto solo quella o ci avrebbero
fatto anche altre domande e in base a quale criterio. Poi si
rincorrevano le voci sulla ferocia della commissione esaminatrice,
che per metà era esterna. Già la scoperta del presidente della
commissione mi/ci gettò nello sconforto. Era il mitico Giovanni
Runchina, noto anche per essere quello che traduce e commenta la
versione per l'Unione Sarda. Non aveva la nomea di persona affabile,
simpatica e gioviale per cui la cosa mi terrorizzava parecchio.
All'esame fu esattamente il contrario: ci aiutò con qualche
suggerimento non troppo velato sulla traduzione, ci incoraggiò
parecchio e tenne a freno alcuni professori che tentavano di fare un
po' i cani all'orale. Si passò da una situazione di terrore diffuso
nei suoi confronti, alla preghiera disperata che lui fosse presente
nell'aula all'orale perché pure i professori erano terrorizzati da
lui e non avrebbero osato fare nulla che lo inducesse a
rimproverarli. Era una garanzia per noi tutto ciò.
Notte
di mamme e di papà col biberon in mano, notte di nonne alla
finestra...
Mia
mamma mi consolò parecchio quella notte. Mia sorella mi incoraggiò
tanto. I miei zii mi telefonarono per dirmi di non avere paura. Mia
madrina mi disse che non correvo pericolo di essere bocciata, perché
sapevo il fatto mio. Le parole d'ordine furono: calma e
concentrazione. Arrivai a scuola vestita con una canotta fucsia (e
beh...) e scelsi un banco tra i primi, tattica affinata negli anni.
Si copia meglio ai primi banchi perché difficilmente si pensa che ci
sta davanti sia così pirla da copiare rischiando di farsi vedere. In
realtà poi i professori si occupavano meno di chi stava davanti, era
più tranquillo. Arrivò la classica troupe del tg a fare le
interviste e intervistò me. Era il tg3 regionale. Mia nonna lo vide
a mezzogiorno e scoppiò in lacrime. Ricordo quello che dissi: “In
fondo se uno ha studiato non deve preoccuparsi del tema”. Uscirono
delle tracce così brutte, ma così brutte che io al classico feci il
tema di ambito socio-economico sull'Italia terra di migranti prima e
terra di immigrati oggi. Una cagata pazzesca. Gli altri erano sul
tema del male di vivere, Giolitti, Da Gutemberg al libro elettronico,
quello di storia sull'olocausto, l'analisi del testo era di Saba,
quello di attualità era sui bambini in guerra. Se lo rifacessi oggi,
probabilmente sceglierei o il male di vivere o Saba, ma noi non li
avevamo fatti nel programma per cui le scelte erano ridotte. Il tema
sull'Olocausto era veramente banale. In anni successivi ho visto temi
fighissimi tipo sulla beat generation, il secolo breve, andy warhol,
il muro di Berlino, quest'anno omicidi politici. Io li avrei fatti
tutti, tranne il mio. Il giorno dopo toccò ad una versione
facilissima di latino, l'autore era Vitruvio, il proemio del De
Architectura. La terza prova poi fu realmente una sciocchezza, tranne
per una domanda di greco che sbagliammo tutti.
Notte di lacrime e
preghiere, la matematica non sarà mai il mio mestiere...
La notte prima degli
esami non ho tentato il ripasso disperato dell'ultimo minuto. Non ho
mai creduto nell'efficacia di questo metodo e anche oggi quando
faccio ripetizione mi arrabbio maledettamente con chi lo applica. Non
serve ripassare a scoppio all'ultimo minuto. Non serve a ricordarsi
sulla distanza quello che si è studiato. E non mi dite che tanto
serve solo per l'esame, perché io per lo scritto di storia della
letteratura greca all'università studiai poco o niente perché mi
ricordavo ancora molto bene da scuola e presi infatti 9/10. Il
ripasso dell'ultimo minuto non serve, non serve usare internet per
cercare possibili tracce perché tanto toppano anche loro (e vedo che
quest'anno è successo con Pirandello).
Insomma ragazzi di oggi,
tirate fuori le palle e affrontate in grazia di dio questo benedetto
esame, senza ricorrere a sotterfugi o altro di poco lecito. L'abbiamo
fatto tutti e in condizioni molto peggiori, siamo ancora vivi e
vegeti. Il mio dopo esame portò un senso di svuotamento. Niente
euforia da fine della scuola, niente sabba con rogo delle fotocopie
come avevo pensato in certi momenti molto disperati, niente fuga
verso la spiaggia (era l'11 luglio il mio orale). Tornai a casa, ero
sola. La casa era in penombra per il grande caldo. Mi tolsi le mie
mitiche Adidas, la magliettia presa a Monaco età 3-4 anni, i jeans,
le calze, il reggiseno e mi sedetti sul letto. Restai così a fissare
il vuoto per un tempo che mi sembrò interminabile, finché squillò
il telefono. Era la mia compagna di banco che voleva sapere come era
andata.
Si accendono le luci qui sul palco, ma quanti amici intorno che mi viene voglia di cantare. Forse cambiate, certo un po' diversi, ma con la voglia ancora di cambiare...
L'esame di maturità è
la prima vera prova della vita e non sempre la vita vi darà la
possibilità di trovare un escamotage decente per superare il
problema. Affrontate la tempesta a testa alta. Quando scenderà la
sabbia sarete ancora in piedi e vi direte “Beh, tutto sommato non
era poi tutto questo casino...”.
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