A Violet questa bella nipotina che è La Rassegna Stronza manca assai... Spesso pensa a lei e oggi, che è Carnevale, ha pensato di farle un regalo piccolo piccolo, ma confezionato da un cuore di zia.
Cari lettori, speriamo vi piaccia!!!
Facciamo un po' di storia
In Sardegna il Carnevale è uno e sono tre.
C'è quello più antico, ancestrale e misterioso delle maschere arcaiche che la tradizione ci ha tramandato. Esso inizia con i “fuochi”
per Sant’Antonio abate (o del porcellino) e San Sebastiano, a
seconda delle zone e delle tradizioni. Prime discese delle maschere
tradizionali: Su
Maimulu a Ulassai,
Boes e Merdules
a Ottana, Su Bundu
a Orani, Mamuthones e
Issohadores a
Mamoiada, Sos Corriolos
a Neoneli, S’Urtzu e
Mamutzones ad Aritzo,
Maschera a Gattu
a Sarule, Maschera a
Lenzolu a
Aidomaggiore, Sos
Cotzulados a Cuglieri,
S’urtzu e sos
Bardianos a Ula Tirso,
Sas Mascaras Nettas e
Sas Mascaras Bruttas a
Lodè, Is Cerbus
a Sinnai, Is Mustayonis
e s’Orcu Foresu a
Sestu, S’Urtzu e is
Sonaggiaos a Ortueri,
Mamutzones a
Samugheo, Sos Corrajos
a Paulilatino, Urthos e
Buttudos a Fonni, Su
Corongiaiu a Laconi,
S’Urtzu e Sos
Colonganos ad Austis,
Sos Tumbarinos
a Gavoi, Sa Filonzana
in diverse località del nuorese, Su
Battileddu a Lula, Sos
Thurpos e S’Eritaju
a Orotelli.
Poi ce n'è uno di origine medievale, caratterizzato dalle corse a cavallo e dalle pariglie. Questo Carnevale è nato quando il cristianesimo, con una grande influenza bizantina, era già forte nell'Isola, quindi il suo inizio e la sua conclusione sono scanditi da feste e ricorrenze cristiane importanti: la Candelora ne segna l'avvio e le Ceneri la fine. Le manifestazioni più importanti e caratteristiche si conservano ad Oristano, Sa Sartiglia, e a Santulussurgiu, Sa Carrela 'e nanti. Anche queste sono tradizioni importanti e suggestive per la nostra Isola, ma meno antiche, risalgono, infatti, al tempo dei Giudici di Arborea e dei viceré spagnoli.
Infine, ci sono i carnevali moderni, con le sfilate delle maschere più creative e disparate, con i carri e con la caccia a Re Giorgio, o Re Canciofali (ed altri ancora), rappresentati da un fantoccio che verrà bruciato, per rinascere l'anno successivo e ricominciare ad alimentare la goliardia e la festa. Sfilate simili si svolgono in tutta la Sardegna, dai centri più piccoli a quelli più importanti, come Tempio Pausania e Cagliari. Anche a Bosa si brucia il fantoccio del Carnevale, Giolzi, ma questa parte "moderna" della festa è alimentata dalla presenza contemporanea dell'antichissima e particolarissima maschera de Is Attittadoras.
La settimana di Carrasecare
Idealmente uniamo ad ogni giorno una delle maschere tradizionali più belle; come un gioco, come una visita virtuale che ci faccia vivere questa settimana di magia...
Giovedì grasso:
Andiamo a Mamoiada. Mamuthones e Issohadores ci attendono...
Venerdi:
Siamo a Neoneli. Ecco Sos Corriolos!
Sabato:
Austis: la patria di Sos Colonganos.
Domenica:
Questo è l'incanto, il segreto di Ottana: Boes e Merdules!
Lunedì:
La Luna è femmina, come questa maschera femminile, di rara bellezza e fortemente evocativa: Sa Filonzana, del Nuorese.
Martedì grasso:
E' già arrivata la fine della festa... lasciatemi chiudere con un pensiero del cuore, la maschera di Laconi, uno dei miei paesi d'origine: Su Corongiaiu!
Il Lama Racconta
Si narra che, un tempo, la Terra di Sardigna, libera e bella, fosse solcata dai potenti passi dei Giganti e attraversata dai veloci destrieri delle Janas. Si dice che, un giorno, vi giunsero gli uomini e che essi fossero accolti in pace, ché tra Janas e Giganti la diversità era di casa e l'ospitalità un dovere del cuore. Si ricorda, poi, che essi vi si stabilirono e che iniziarono a fondare città e villaggi, a coltivare la terra e a gareggiare tra loro per essere i più grandi e i più forti.
Si narra che i Giganti e le Janas conoscessero la Terra di Sardigna come nessun altro al mondo: gli infaticabili costruttori dei Nuraghes sapevano la bellezza e la generosità con cui nutriva e cresceva i suoi abitanti, la mitezza del clima e il lieve passaggio tra le stagioni; le fate, invece, sapevano i segreti più nascosti, celati dal bosco e dalla notte, svelati ai loro occhi penetranti dal chiarore della Luna. Giganti e Janas festeggiavano questi segreti e questi passaggi, e lo facevano insieme, perché figli di una stessa Madre, la Terra di Sardigna, che illuminavano di fuochi nella notte. E quelle fiamme la ornavano di scintille scoppiettanti, come occhi lucenti, che dalla terra salgono al cielo, ad incontrare, nell'infinito mondo siderale, come occhi luccicanti nel buio, le stelle guardiane delle galassie più remote. Si dice che a queste feste invitarono anche i nuovi arrivati, gli uomini, e che tutti insieme ballassero al chiarore dei fuochi fino a tarda notte e oltre, quando Buio si lascia carezzare dalle rosa dita di Alba, che suona melodie sempre nuove sulle invisibili corde tese all'orizzonte lontano. Si ricorda che le cose andarono così per tanto e tanto tempo, finchè gli uomini non presero il sopravvento, nel veloce mutare delle loro generazioni, dimentichi della storia degli avi, di coloro che furono accolti con gioia in quella Terra, come se fossero a casa propria.
Si dice ancora che, all'inizio, furono i Giganti i primi a fare le spese dei veloci mutamenti imposti dagli uomini. Essi si prestarono a costruire per loro i Nuraghes, ma l'uomo ne voleva sempre di più e altri ancora, in una corsa insensata al potere e alla grandezza, degli uni contro gli altri. Essi si prestarono a dare una mano nei campi, che un gigante non sente la fatica, ma gli uomini volevano soggiogarli e iniziarono a chiamare puzza, il profuno delle pelli che indossavano, e alzavano verso di loro le corde che usavano per catturare i cavalli o legare gli armenti. Dapprima, per il gran dolore, il volto dei giganti si fece duro e scolpito, le espressioni rigide, i lineamenti profondi e imperscrutabili. Poi, quando la grande stanchezza invase il loro animo buono, a causa dell'ingordigia e la crudeltà degli uomini, ad uno ad uno, molti di loro si addormentarono, di un sonno lungo mille anni e altri mille e, forse, mille ancora... gli altri, pare, vivono ancora tra gli
uomini, non riconosciuti, ma si dice che i loro volti abbiano lineamenti profondi e che, in fondo ai loro occhi, brilli l'antica bontà e l'indomita sete di libertà e di giustizia, che li anima fin dalla notte dei tempi. Si racconta, infine, che le uniche a ricordarsi dei Giganti furono le Janas, e che per lungo tempo esse tornarono nei villaggi degli uomini a ballare intorno al fuoco con i Giganti, perché essi sapevano tendere la mano in un invito alla danza. Si racconta che esse ancora vengano, a chiamare dal sonno i Giganti addormentati. Si ricorda, però, che un giorno, un brutto giorno, sparirono anche le Janas. Non si sa come avvenne. È certo, che gli uomini, ormai, erano incontenibili nella loro sete di dominio e di ricchezza. Le Janas venivano alla festa ornate delle loro più splendide bottoniere in filigrana, e quel giorno, un uomo, durante il ballo, seppe tendere la mano a un prezioso bottone d'argento. Non sappiamo se le Janas vollero custodire il tesoro nascosto del proprio onore o il tesoro palese del metallo prezioso: la bottoniera, infatti, chiude il corpetto delle vesti delle fate. Non conosciamo, insomma, il vero perché, ma da quel giorno anche le sorelline scomparvero. E nessuno più sa dire, con certezza, dove e come vivano, né se siano mai davvero esistiti, fin dalla notte dei tempi, in Terra di Sardigna, i popoli delle Janas e dei Giganti.
Eppure, gira una voce, portata dal vento, sussurrata dalla brezza alla rugiada, che in Terra di Sardigna, ancora oggi, non visti, talvolta Giganti e Janas percorrano le stesse vie degli uomini. E la rugiada risponde alla brezza, che fa eco al vento, e dice che ci sono dei luoghi in cui le Janas cavalcano libere i loro destrieri, criniera al maestrale e zoccoli a s'arrevesciu, e ci sono dei boschi dove esse tessono la storia, sui telai d'oro da cui nascono le tele più preziose. Quando, poi, la voce dell'Inverno si fa aspra e il desiderio del fuoco ritorna a prendere l'animo umano, il vento parla forte e dice che anche i costruttori di Nuraghes hanno la loro occasione per ricominciare a danzare la danza antica, quella con cui, nella notte dei tempi, solcavano la Terra di Sardigna. Salgono, allora, i Giganti dalla terra, sul cui grembo giacciono addormentati, e vestono di nuovo le pelli che portavano un tempo. Il loro viso è duro e scolpito, i lineamenti profondi, come se indossassero una maschera antica. Essi non hanno dimenticato di esser stati usati e sottomessi e, abbassandosi ripetutamente, riprendono su di sé il peso dell'antico dolore dell'ingiustizia. E quel peso lo fanno vibrare, con il ritmo di passi pesanti. A quel dolore danno voce e suono, un suono profondo, che penetra nell'animo, e scuote il cuore di chi ascolta il loro passare, di chi vede il loro affermare, che la vita, quando è vera, non muore (E danzano ancora, Violet).
Così parlò zio Gecob
Nascondi chi sono, e aiutami a trovare la maschera più adatta alle mie intenzioni.
Così aggiunse il piccolo Re
Guarda come danzano i Mamuthoncini, tenerelli!
Guarda come danzano i Mamuthoncini, tenerelli!
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