Devo ammettere che non guardo
tantissima televisione, non sono quasi mai a casa e quando ci sono
sto facendo altro e non ho tempo. La tecnologia mi ha dato però uno
strumento preziosissimo per fare i modo che io riesca a vedere
l'unica cosa che realmente mi appassiona: le serie televisive. Io le
registro e quando posso mi vedo le puntate arretrate. Fantastico! Mi
rilassa proprio... Ma c'è una cosa, un aspetto di queste serie che
cozza drammaticamente con una delle mie innumerevoli tare mentali: il
cliffhanger. Il cliffhanger è un orribile strumento acchiappa-audience
che lascia gli spettatori con il fiato sospeso per mesi tra la fine
di una serie e l'inizio di quella successiva. Non bastava un finale
normale, chiuso lì, anche non necessariamente un “and live happily forever after” e poi ci rivediamo tutti tra un paio di mesi e vediamo
come va? No, ci deve essere la tragedia che non sai mai come finisce.
Spesso in un enorme pacco! A me sta cosa fa veramente arrabbiare. Ci
stavo pensando giusto ieri sera quando su L'Unione sarda ho letto un
articolo che diceva, con gioia, che ci sarebbe stata la seconda serie
della fiction “Una grande famiglia” terminata con il grande botto
del ritorno del figlio maggiore dei protagonisti. Io 'sta fiction
l'ho vista: una noia mortale. Il rampollo di di una famiglia,
proprietaria di una grande azienda nel nord-italia, si schianta con
il suo aerepolanino in un lago e viene dato per morto. Si scopre un
terribile buco nel bilancio dell'azienda che ora rischia di chiudere,
gettando nel baratro economico e nella disperazione tutta la
famiglia. Gli spettatori capiscono che sotto c'è qualcosa di losco.
Alla fine il buco nel bilancio viene risanato, l'azienda si salva e
la famiglia pure. Nell'ultimo minuto dell'ultima puntata il figliol
prodigo ritorna, si affaccia in soggiorno, dove la famiglia sta
cenando finalmente in allegria, e tranquillamente dice “Siamo stati
in pericolo. Forse lo siamo ancora”. Titoli di coda.
Noooooooooooooooo!!! Ma
vaff.....ooooooooo!!! Ma si fa così? Già la fiction fa schifo pure
ai cani, mi lasci pure con il finale sospeso e mille domande? Ma io
ti denuncio! Ho dovuto bloccare mia mamma che stava per prendere a
calci la tv. Mi fai passare 6 settimane in attesa di sapere dove
diavolo s'è cacciato questo disgraziato, perché l'abbiamo capito
tutti e subito che non era morto, e poi il fetente torna come se
nulla fosse e spara la bomba della rivelazione dell'anno? La cosa
fantastica è che pure i famigliari nella fiction lo guardano, con in
mano una forchettata di tagliolini al limone, con la faccia di “E
questo mò che vuole?”.
Già dai tempi di "Dallas" siamo qui a frantumarci i maroni con domandoni amletici tipo Chi ha sparato J. R.? Bobby è morto o è un sogno? Siamo sicuri che sia un sogno e che Bobby non è morto veramente?
Una delle mie serie preferite è Grey's
Anatomy e la sua sceneggiatrice è odiatissima dai fans perché nel
suo telefilm c'è il più alto tasso di disastri possibile. A quanto
pare in America il mestiere più pericoloso è fare il medico al
Seattle Grace Mercy West Hospital: ti tocca schiantarti con un aereo;
essere sparato da un pazzo scellerato a cui la moglie è morta sotto
i ferri; essere centrato in pieno da un bus nel tentativo di salvare
una ragazza; togliere una bomba inesplosa dal petto di un paziente
che s'è sparato con un bazooka domestico. Quando ti va bene, aspetti
il tuo amato in una casa fatta con le candele (salvo sognare che
mentre torna da te si schianta con la macchina e muore). Quando ti va
benino, il tuo amato (tuo diretto superiore in ospedale) ti molla
sull'altare e scappa dalla città e da tutto. Quando ti va medio, ci
metti troppo a scegliere il vestito per il ballo della nipote del
capo e nel frattempo il tuo amato (cardiopatico e appena trapiantato
nell'ospedale dove lavori) muore per un embolo sulle suture
cardiache. Quando ti va male... Come minimo muore tua sorella
schiacciata da uno dei motori dell'aereo su cui viaggiavate e che è
caduto in un bosco lontano perfino da dio.
Altri due casi, di altri due telefilm,
che mi fecero arrabbiare parecchio furono i cliffhangers delle
penultime serie di “Alias” e JAG. Nell'ultima puntata della
penultima serie di “Alias”, la protagonista sta viaggiando in
macchina col suo amato e sono felicissimi perché finalmente vanno in
vacanza. Loro lavorano alla CIA e sono spie cazzutissime. Son lì in
macchina e lui ad un certo punto le dice “Sai, Sidney... Michael
Vaugh non è il mio vero nome. Io in realtà sono...” e si
schiantano con la macchina: titoli di coda. E' un po' come se in
Episode V di Guerre Stellari il film s'interrompesse con Luke mezzo
morto, appeso ad uno degli scarichi di Cloud City e Darth Vader che
gli dice “Luke, io sono...”. Titoli di coda. In quanti avrebbero
cercato George Lucas per ammazzarlo di colpi?
Nella puntata conclusiva della
penultima serie di JAG, la protagonista, Sarah, da sempre innamorata
a sua insaputa del protagonista Harm, è ad una festa e gli dice che
gli deve parlare urgentemente. Uno pensa: “Si dichiarano,
finalmente!”. No, lei gli dice che è gravemente ammalata con un
tono che fa presagire ad un tumore in fase terminale. La serie si
interrompe così, di botto, senza farci sapere che malattia ha Sarah,
se guarirà o morirà. All'inizio della serie successiva scopriamo
che non si tratta di un tumore in fase terminale, nemmeno di un
tumore a dire la verità, ma si tratta di endometriosi. Di questa
malattia, estremamente importante per una donna e purtroppo ancora
semi sconosciuta, non si farà mai più accenno durante il resto
della serie. Cioè, mi fai prendere un infarto e poi la cosa si
risolve così, senza una soluzione visibile? V'ammazzerei!
Il finale aperto non mi piace mai
nemmeno nei film o nei romanzi. Avete presente il finale di “Jack
Frusciante è uscito dal gruppo” di Brizzi? In pratica, Alex va via
in bicicletta da casa di Aidi e lei è pronta per partire per
l'America dove resterà per un anno durante il quale i due, appunto,
non si vedranno. Bellissimo, ma poi? Cos'è successo poi, quando Aidi
è tornata dall'America? Cos'è successo ad Alex nel frattempo che
Aidi era in America? Mille dubbi abitano nel mio cervello: sarà
riuscito Alex a diventare un giornalista abbronzato con il cartellino
plastificato da addetto stampa che penzola sulla maglietta dei
Ramones? Sono curiosissima, lo ammetto, mi verrebbe quasi voglia di
andare sotto casa di Brizzi e chiedergli che fine hanno fatto. Ma poi
ho paura che sarebbe estremamente deludente e mi rovinerebbe la magia
dei miei 16 anni tra le pagine di quel libro. Come dice Umbero Eco
“Saremo,
allora, più felici? O avremo perduto la freschezza di chi ha il
privilegio di vivere l'arte come la vita, dove entriamo quando i
giochi sono già stati fatti, e donde usciamo senza sapere dove gli
altri andranno a finire?”
Non
lo so, francamente ho paura che...
To be continued.
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