Cari
amici
In
onore dell’Almanacco del giorno dopo,
di cui ho iniziato a raccontarvi le curiosità lunedì scorso, da questa
settimana Violet raddoppia!
Infatti
vi farò compagnia anche il giovedì con diverse rubriche, a rotazione, ispirate
a questo celebre almanacco.
Rubrica dell'Almanacco
a cura di Violet
Iniziamo
dall’inizio: il Saluto. Il primo
dovere che ciascuno di noi ha incontrando una persona, per la prima volta… e
per le successive. Il nostro vero biglietto da visita, perché dà tono alla
conoscenza o a quell’incontro.
Il
celebre detto “Il buongiorno si vede dal
mattino”, infatti, non ha una connotazione meteorologica, ma indica che il
carattere delle persone si riconosce dalle prime manifestazioni. Il saluto,
quindi, sia convinto e convincente.
Esso
è espressione di confidenza o deferenza. Non si può limitare al semplice Buongiorno o Buonasera, ma richiede un adeguato atteggiamento complessivo della
persona, che la metta in gioco tutta, a partire dallo sguardo (mentre si saluta
si guarda sempre in volto la persona a cui è rivolto).
Con
il saluto si intende rassicurare l’altro: nell’antichità alzando il lembo della
tunica che copriva il capo, permettendo quindi di essere visti in volto e
riconosciuti (da qui il successivo gesto di togliersi il cappello); più tardi
porgendo la mano destra (gesto che rende evidente che essa non sia armata).
La
stretta di mano, indica
l’accettazione dell’altra persona durante la presentazione. Questo gesto deve
avvenire senza indugi (segno di imbarazzo) e senza violenza (non è una prova di
forza). La precedenza spetta alla persona di maggior riguardo e alla donna
rispetto all’uomo.
Per
la strada o in luogo pubblico, un
signore che incontri una donna accenna un saluto inchinando leggermente il
busto; se porta il cappello lo alza. Non la ferma, sarà eventualmente la
signora ad accennare una forma di saluto più lunga o una breve conversazione.
Entrando in un qualsivoglia ambiente i saluti
vanno a tutti i presenti, con precedenza alle persone già conosciute. Salutati
da un signore tutti gli uomini si
alzano, sempre e comunque. Anche le ragazze giovani si alzano; non così le
signore. Salutati da una signora si
alzano tutti gli uomini, le ragazze giovani e le amiche più giovani.
Un uomo, entrando in un luogo ove ci siano
diverse persone, anche sconosciute, fa un leggero inchino, quindi saluta la
padrona di casa e poi il di lei consorte. Solo a questo punto saluta i presenti
secondo l’ordine che gli viene più comodo e senza distinzione di sesso e d’età.
La propria moglie, se presente, deve essere lasciata per ultima e senza
espansioni eccessive. Si accomoda dove indicato dalla padrona di casa.
Al ristorante, in compagnia, riconoscendo ad un
tavolo dei conoscenti, si salutano solo con un cenno. Sostando, se si tratta di
conoscenze comuni, gli uomini di quel tavolo si alzano mentre le donne ne sono
esentate.
Il baciamano va fatto sollevando con delicatezza la
mano della signora fino a sfiorarla con le labbra. Comunque mai per strada,
sulla spiaggia, al bar o in ufficio. E mai una mano inguantata.
L’inno nazionale, proprio o straniero, richiede
rispetto e ossequio, espresso alzandosi in piedi e togliendosi il cappello
(solo gli uomini).
Per
quanto riguarda le espressioni di saluto, negli incontri fugaci è sufficiente un semplice Buongiorno, Buonasera o Buonanotte, a seconda del momento della
giornata. Prevedendo di fermarsi a conversare, è bene aggiungere al saluto signor o signora, seguito dal cognome, se ricordato. Il Buongiorno, Buonasera e Buonanotte hanno origine augurale. Così
anche il Salve e Addio, che tuttavia sono meno formali.
Una
forma di saluto confidenziale è il ciao (ha
origini venete: ciao, s-ciao, s-ciavo, sono
tuo schiavo) che si usa tra intimi e amici. Anch’esso non si urla da un
marciapiede all’altro, ma va contenuto tra coloro che ne sono oggetto.
Il
ciao presuppone l’uso del tu. Il tu
si ricambia tra persone dello stesso ambiente; l’anzianità, il peso
professionale o sociale, dovrebbero porre freno all’uso improprio del tu; se è
vero che al tu e al lei ci si adegua prontamente (ovvero si
risponde con la stessa forma), al tu
che viene da persone importanti, da persone anziane, dai professori si risponde
con il lei.
Per
Giovanni Della Casa, autore del “Galateo” a metà del Cinquecento, il tu
era per poltroni e contadini: «Chi dice
“Voi” ad un solo, pur che colui non sia d’infima condizione, di niente gli è
cortese del suo: anzi, se gli dicesse “Tu”, gli torrebbe di quello di lui e
farebbegli oltraggio ed ingiuria, nominandolo con quella parola, con la quale è
usanza di nominare i poltroni (gente del volgo) ed i contadini».
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